Amicizia sociale. Incontrarsi in giardino.
La visita al padiglione vaticano per la Biennale di Venezia
L'approdo
Per chi come noi arrivare a San Giorgio Maggiore significa salire sul vaporetto a San Zaccaria, lo sbarco nell’isola che fronteggia piazza San Marco è un’esperienza straniante. Dopo la ressa per il selfie con il ponte dei Sospiri e la calca nel vaporetto siamo atterrati, soli, di fronte all'austera facciata di pietra d'Istria della basilica palladiana.
Osservandola, nulla fa pensare che la compatta cortina di edifici che si sviluppa lungo il sagrato e le fondamenta, possa essere attraversata. Venezia è una città introversa.
La meta
Dopo il piccolo faro, lungo il molo, un portone è invece spalancato e invita a entrare. Varcata la soglia il borbottio di un televisore rimbomba in una lunga galleria. Entriamo nella «Manica Lunga» del quattrocentesco complesso monastico dei Benedettini che ospita l'allestimento di Studio Albori e le figure di Alvaro Siza. Il corridoio voltato, stretto tra l'abside della basilica e quelle che erano le camere del dormitorio dei benedettini, accoglie le tavole esplicative del progetto, il suono e le immagini delle interviste fluiscono ininterrotte dal televisore.
L’accoglienza
Verso il fondo della galleria un'alta figura di marmo bianco, solenne e posta di traverso nel mezzo del percorso, invita a volgere lo sguardo attraverso un varco nel muro. Dalla soglia, di spalle e con le braccia aperte verso l'alto, vediamo una massiccia scultura in legno. È il primo dei personaggi che compongono O encontro, l'istallazione di Alvaro Siza che anima gli spazi della Manica. Svoltiamo a sinistra: in una sala sono raccolti altri personaggi, rivolti verso le aperture che si affacciano sul giardino. Proseguiamo la visita lungo l'itinerario, di nuovo a sinistra e siamo nel locale in compagnia della prima figura in legno. Sta a braccia aperte tra due soglie, guida il nostro percorso verso l'ampio salone in cui si riflettono i colori del giardino. Gli incontri si fanno sempre più numerosi: anche qui figure lignee, ma ora salutano, si abbracciano, accolgono chi entra ed esce dal giardino.
Il giardino
Dalla penombra delle stanze alla luce diffusa dalle nuvole alte nel cielo. Entriamo e camminiamo in un parterre di paglia, nell'ampio cortile diviso in quattro parti uguali da vialetti in ghiaia. La aiuole sono disegnate da cipolle e girasoli, carciofi e piselli, rosmarino e nasturzi perché è sì un giardino, ma è soprattutto un orto.
La sensazione provata sbarcando dal vaporetto è adesso confermata dalla profonda tranquillità del luogo. Non si sente più neppure il frangere delle onde sulle fondamenta, solo il vento tra gli alberi.
Passeggiamo lungo i sentieri che delimitano l'orto, scopriamo un pollaio, la pergola con limonaia, il chiosco con belvedere, e un berceau per riposarsi all'ombra. All'incrocio dei vialetti, delle panchine disposte in circolo sottolineano il centro del cortile e offrono un momento di pausa.
Gli incontri
Incontrarsi in giardino è stata una gradita e piacevolissima esperienza. L'atmosfera serena, il clima fresco, il perfetto ordine che regnava nell'orto/giardino e nella Manica Lunga hanno fatto da cornice a una serie di fortunati quanto casuali incontri. Attardandoci tra i percorsi abbiamo incrociato il cardinale de Mendonça, commissario del Padiglione della Santa Sede, con lui abbiamo scambiato timidi saluti. ll vaporetto dopo il nostro ha sbarcato un gruppo di visitatori. Nel giardino tra loro abbiamo riconosciuto Gabriele Neri, compagno di redazione. Ci siamo presentati e abbiamo fatto conoscenza con colleghi di un altra rivista italiana. Il gruppetto era guidato da Giacomo Borella di Studio Albori, un'insperata coincidenza potersi complimentare per il lavoro svolto. Poco dopo al gruppo si è unito Mirko Zardini, curatore scientifico dell'installazione. Non ci vedevamo da almeno 25 anni ...
Amicizia sociale, incontrarsi in giardino... è questo il titolo del Padiglione Vaticano.
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L'architettura di questo luogo è effimera, lo rivela la «precarietà» delle soluzioni costruttive, ma vuole essere soprattutto l'espressione di una critica verso la società dei consumi. Tutto ciò che è stato edificato è riciclato, volutamente appare al limite del fine vita. Questo allestimento, questa mise en scène, raggiunge il suo scopo, ha la forza evocatrice di un manifesto ma è anche un sofisticatissimo esercizio di stile. Nei documenti di progetto, nel video, nei disegni vengono svelati l'origine dei materiali, gli accurati smontaggi, i trasporti e la laboriosa messa in opera degli stessi autori del progetto. Tutto bene per risvegliare nelle coscienze dei visitatori (e tra questi soprattutto quelle dei progettisti) un minimo di consapevolezza sociale ed ecologica, oggi – per fortuna! – così in voga. L'auspicio è che si riveli poi come i jeans, un intramontabile evergreen.
I principi dell'economia circolare sono però più pragmatici, aderenti ad autentici principi economici che tendono a massimizzare l'impiego delle risorse. Tra gli strumenti più validi per raggiungere risultati concreti in questo ambito vi sono le banche dati degli elementi da costruzione riutilizzabili: strumenti tanto potenti quanto efficaci che nel Centro e Nord Europa sono operativi da tempo e che permettono di non sprecare energie... Si tratta dunque dello scambio di informazioni tra chi ha le risorse e chi le necessita, meglio se reperibili «a chilometro zero». Sarebbe stato il caso dell'enorme quantità di materiali, di prim'ordine, ordinatamente immagazzinati e schedati nel padiglione tedesco della Biennale (San Giorgio Maggiore dista poco più di un chilometro in linea d'aria dai Giardini), utili per qualificare non uno ma decine di luoghi a Venezia e in laguna. Ma ciò va oltre la poetica del progetto, i codici comunicativi differiscono nella sostanza da quanto abbiamo visto realizzato.