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Intervista a Jonathan Sergison, architetto, professore all'AAM, sulla residenza di qualità a pigione moderata

Date de publication
08-07-2013
Revision
12-10-2015
Laura Ceriolo
Architetto, dottore di ricerca in storia delle Scienze e Tecniche Costruttive

«Affordable houses», di cui in Inghilterra esiste una vasta gamma di tipologie, sono una risposta a un insieme complesso di impulsi economici, sociali e psicologici. Alcune famiglie possono scegliere di spendere di più per la locazione di un’abitazione, mentre altre non possono permetterselo. Negli Stati Uniti, in Canada o in Francia, una linea guida generalmente accettata per l’accessibilità abitativa è un costo di locazione che non superi il 30% del reddito lordo di una famiglia.

J. Sergison e S. Bates sono stati autori di una mostra, alla Biennale di Architettura di Venezia del 2013, dal titolo «Feeling at home». Il tema si occupava della qualità degli alloggi a canone calmierato in Europa, partendo da un’analisi storica dell’approccio, che vanta una lunga tradizione nel Regno Unito. J. Sergison nel suo atelier di progettazione a Mendrisio ha coinvolto gli studenti sull’argomento in varie situazioni e diverse città europee.

Laura Ceriolo: Cosa comporta per voi lavorare nel campo delle abitazioni ad affitto calmierato? Di quali vincoli e necessità deve tener conto un architetto? 
Jonathan Sergison: Lavorare nel campo dell’edilizia sociale significa principalmente che nel nostro ruolo di architetti miriamo a trovare soluzioni abitative razionali e adatte ai futuri residenti, con i quali non abbiamo alcun genere di relazione, a differenza di quanto avviene nel caso di un incarico ottenuto direttamente dal cliente. Per rispondere a una serie di esigenze che sono definite solo in termini generici è pertanto necessario un esercizio di immaginazione.

Nella storia dell’architettura, è solo verso la fine del XIX secolo che gli architetti iniziano a occuparsi delle esigenze dei meno abbienti. Questo ha richiesto l’elaborazione di risposte architettoniche precise e chiare al bisogno di soluzioni abitative collettive dignitose e vivibili.

Come architetti è nostra intenzione fornire soluzioni abitative dignitose, ben progettate, flessibili, rispettose dell’ambiente e, nei limiti imposti dal budget disponibile, ben costruite. Non siamo interessati ad alcuna forma di sperimentazione sociale, ma crediamo che l’edilizia sociale contemporanea debba avere aspirazioni architettoniche. La nostra ricerca di risposte alla domanda di alloggi ci porta sempre più spesso a guardare ad esempi e modelli sviluppati nel corso degli ultimi 150 anni. Per quanto riguarda i vincoli a cui l’edilizia sociale è soggetta, non li consideriamo una componente negativa del nostro lavoro.

L’edilizia sociale è regolamentata da normative molto precise nella maggior parte dei Paesi europei. Nel caso della Gran Bretagna, gli standard minimi previsti per gli alloggi sociali sono spesso più generosi di quelli applicati sul mercato immobiliare dalle imprese private. Noi rispettiamo il lavoro di elaborazione di standard e norme da parte del governo, delle autorità locali e delle cooperative edilizie.

Un altro importante vincolo è quello finanziario ma, anche in questo caso, non lo consideriamo un limite, sebbene ovviamente abbia un impatto enorme sulle ambizioni architettoniche di un progetto.

Un altro aspetto della serie di vincoli che vanno tenuti in considerazione è l’ubicazione di un progetto, il contesto urbano in cui si trova. Nella nostra esperienza l’edilizia sociale implica generalmente una situazione urbana, e il nostro impegno è sempre volto ad assicurare che il linguaggio architettonico e l’immagine dell’edificio non siano percepiti come l’imposizione di modelli architettonici autoreferenziali.

In Svizzera, a Ginevra o a Zurigo, le esigenze, le caratteristiche, gli approcci sono diversi? Se sì, per quali ragioni?
In base alla nostra esperienza, in Svizzera, e in particolare a Zurigo e a Ginevra, le esigenze sono abbastanza simili. Sia Ginevra che Zurigo soffrono di una carenza di alloggi in genere, e di residenze sociali in particolare. Le parti coinvolte a livello politico e locale nella fornitura di alloggi per ovviare a questo deficit sono a nostro parere ben organizzate e propositive.

La tendenza generale in entrambe queste situazioni urbane è di promuovere la densificazione entro i limiti territoriali esistenti, piuttosto che l’espansione verso l’esterno. Sia Ginevra che Zurigo utilizzano un sistema di concorsi d’architettura ben organizzato e ben gestito che mira a selezionare una risposta architettonica adeguata alle esigenze di ogni singolo progetto. In fase di concorso gran parte della discussione ruota intorno al concetto urbano del progetto e all’organizzazione della planimetria. Nonostante piccole differenze di dettaglio nelle culturale regionali, gli approcci utilizzati hanno molto in comune.

Le abitazioni ad affitto accessibile sono sinonimo di qualità e benessere per i loro residenti? Cosa significa per voi «Feeling at home»?
Dovrebbe essere così, ma nel caso del Regno Unito la privatizzazione della costruzione degli alloggi sociali ha inevitabilmente creato pressioni a dar maggior peso agli aspetti finanziari di quanto non avvenisse in passato. Secondo la nostra esperienza molti di coloro che lavorano all’interno delle cooperative edilizie sono ben consapevoli delle esigenze di cui si occupano e delle responsabilità che hanno, ma spesso l’impatto degli imperativi finanziari rende il loro compito più impegnativo, e questo inevitabilmente influisce sulla qualità dei progetti.

Quanto al «sentirsi a casa», il termine implica in qualche misura un sentimento di appartenenza, il sentirsi a proprio agio, il sentirsi al sicuro. Sicuramente si tratta dell’aspettativa più ragionevole che si possa avere in una società contemporanea ben ordinata, e l’architettura ha un ruolo importante da svolgere nel raggiungimento di questa aspirazione.

Qual è la tua esperienza con gli studenti che fai lavorare su questi temi?
Il mio partner Stephen Bates è professore di Urbanistica e progettazione architettonica alla Technische Universität di Monaco di Baviera, e fin dall’inizio del mio incarico all’Accademia di Architettura di Mendrisio il mio programma didattico ha dedicato grande attenzione all’urbanistica e all’edilizia residenziale.

Questo di per sé è una chiara indicazione del nostro interesse e del nostro entusiasmo per questi temi. Aver dedicato molti semestri didattici allo studio di progetti di edilizia residenziale ad alta densità e di altezza limitata in varie città, per lo più europee, è stata un’esperienza gratificante, e direi che i risultati ottenuti sono stati positivi.

A Mendrisio gli studenti possono scegliere quale programma di insegnamento seguire, ma io ho sempre trovato grande interesse ed entusiasmo per le questioni legate all’edilizia sociale nel mio atelier. Gli studenti sono consapevoli del fatto che l’edilizia residenziale costituisce una delle maggiori componenti del tessuto urbano di qualsiasi città contemporanea e che la necessità di affrontare la domanda di alloggi in contesti urbani specifici è un aspetto inevitabile della pratica professionale per la maggior parte degli architetti.

 

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