La questione degli alloggi in montagna
Intervista a Thomas Egger
In occasione del Forum dell’edilizia residenziale di utilità pubblica, organizzato a Mendrisio lo scorso 13 e 14 settembre dalla CASSI in collaborazione con il DACD della SUPSI, e patrocinato dall'Ufficio federale delle abitazioni e dal Dipartimento della sanità e della socialità, Espazium ha intervistato Thomas Egger direttore del Gruppo svizzero per le regioni di montagna (SAB).
Francesca Acerboni: Thomas Egger (*), ci potrebbe parlare delle politiche sulle economie di montagna in Svizzera?
Thomas Egger: In questo momento, abbiamo diversi problemi nelle regioni di montagna. In tali regioni, il numero di alloggi vacanti è pressoché pari a zero. C’è stato un notevole cambiamento durante il periodo del COVID e, ad oggi, la domanda di alloggi è alta. Tre anni fa molti Comuni non erano preparati a questo mutamento: infatti, mentre prima si parlava sempre di «sviluppo» nell’altro senso (ovvero si parlava di depopolamento / senza trattino), adesso stiamo assistendo a una crescita di popolazione. In merito a questo argomento, abbiamo il dovere di riflettere su ciò che possono fare i Comuni. Per esempio, nel corso del 2022, grazie anche alla collaborazione con l’Ufficio federale dell’alloggio, abbiamo pubblicato una guida in cui spiegavamo ai Comuni cosa potessero fare, in merito a temi quali gli investimenti sull’edilizia pubblica o la pianificazione del territorio (con annesse la messa a disposizione dei terreni o quella di somme di denaro al fine di attuare dei cambiamenti). Non va dimenticata poi la questione relativa agli alloggi per il personale che opera nel settore del turismo.
FA: Penso, infatti, al caso di St. Moritz, dove è presente una sorta di «città parallela» dove abitano i camerieri e il personale di servizio.
TE: Esatto, è proprio per costoro che mancano gli alloggi. Stiamo riflettendo su come risolvere questo problema. Normalmente, occuparsi di questo tema sarebbe una missione di pertinenza di ogni impresa turistica. Nel caso di un albergo con 4 o 5 stelle può funzionare, mentre non è la stessa cosa per un piccolo albergo di una o due stelle, che funziona al limite del suo rendimento. Il mercato non sta funzionando: in questo momento, infatti, c’è interesse da parte dei Comuni turistici di prendere alcune misure. Ciò che consigliamo ai Comuni è di attuare una strategia territoriale e integrata, includendo in questa macro-strategia anche una strategia mirata sugli alloggi. Una volta che un Comune possiede una strategia sugli alloggi e ne discute con la popolazione e con gli attori locali, il Comune è autorizzato a prendere misure – ad esempio, investire in terreni, trasformare antiche strutture non più utilizzate (come le strutture militari) e dargli una nuova vita, restringere la trasformazione di residenze primarie in residenze secondarie. Quest’ultima, in particolare, è una grande sfida. I Comuni possono fissare delle quote sul territorio comunale: nella zona residenziale non desiderano che le residenze primarie si trasformino in residenze/eliminare secondarie. Questa è veramente una misura molto dura e ardua da applicare: se il Comune non ha il supporto della popolazione, non riesce ad attuarla.
FA: E la popolazione cosa ne pensa?
TE: La popolazione al momento attuale non trova più alloggi per sé, quindi sente la necessità di prendere delle misure per risolvere la questione. È giusto e doveroso che questo venga votato dalla popolazione. I Comuni devono prendere seriamente la questione e non lasciarla nelle mani del mercato.
FA: Esiste un confronto tra queste politiche e ciò che succede nelle zone alpine limitrofe alla Svizzera (Nord Italia, Austria, Francia)?
TE: Abbiamo studiato le misure prese in altri paesi dell’arco alpino. In Italia non vi è questo problema, dal momento che i lavoratori del settore lavorano vicino alle zone turistiche. In Francia la situazione è diversa: i grandi resort possiedono strutture per accogliere il personale (sono strutture che si chiamano Maisons des saisonniers) ed esistono concetti per garantire la mobilità dei pendolari.
FA: Riguardo alla Convenzione delle Alpi, mi interessa sapere se ne siete parte e in che modo vi ponete rispetto a essa.
TE: La Convenzione delle Alpi è un contratto del diritto internazionale fra paesi dell’arco alpino, le regioni sono osservatori ma non sono molto attive. I rappresentanti dei paesi sono generalmente i Dipartimenti dell’ambiente. A parer mio, al momento attuale è più importante la Strategia Macroregionale Alpina (EUSALP), che è stata voluta dalle regioni dei paesi dell’arco alpino, come la Lombardia. L’EUSALP è una struttura che prevede la collaborazione di 7 stati e 48 regioni, con il sostegno dell’Unione Europea. La Svizzera è parte integrante di questa struttura, che fa parte dell’UE. Riguardo all’EUSALP, le tematiche sono molto più varie e più orientate sull’applicazione diretta sul territorio, rispetto alla Convenzione delle Alpi. Si discute di questioni come la gestione delle risorse (boschi, acqua), il lavoro, il servizio pubblico, la digitalizzazione, l’accessibilità. Fondamentali, infatti, sono i temi socio-economici.
(*) Thomas Egger, nato nel 1967 a Visp dove ancora risiede, dal 2002 è direttore del Gruppo svizzero per le regioni di montagna (SAB), con sede a Berna. In questo ruolo si impegna a favore della rappresentanza politica degli interessi delle zone montane e rurali in Svizzera. Tra le altre cose, è co-editore delle linee guida «Abitazioni attrattive nelle regioni di montagna» e ha lavorato al Piano d’azione sulla scarsità di alloggi (febbraio 2024). Dal 2017 al 2019 è stato anche membro del Consiglio nazionale (PCS/VS). www.sab.ch