Pa­ro­la di Mar­co Za­nu­so

Una selezione di scritti del grande architetto e designer milanese racconta il rapporto tra progetto e industria

Publikationsdatum
05-07-2013
Revision
12-10-2015
Gabriele Neri
Dott. arch. storico dell'architettura, redattore Archi | Responsabile della rubrica 'Paralleli' per Archi

Nel 2000, pochi mesi prima della sua scomparsa, Marco Zanuso ha donato alla Fondazione Archivio del Moderno di Mendrisio un fondo composto da centinaia di documenti, elaborati grafici, libri, riviste e modelli relativi alla sua attività professionale. Si è così avviato un programma di studio e valorizzazione di questo materiale, che ha da poco prodotto un frutto molto interessante.

Il volume Marco Zanuso. Scritti sulle tecniche di produzione e di progetto, a cura di Roberta Grignolo (docente all’Accademia di architettura di Mendrisio), raccoglie una cospicua selezione di articoli, saggi e relazioni a convegni del progettista milanese, disposti in ordine cronologico per seguire passo dopo passo una carriera in bilico tra architettura, design e industria.

Laureatosi in Architettura al Politecnico di Milano nel 1939, Zanuso è stato infatti capace – e in un certo senso costretto – di allargare il suo raggio d’azione ben oltre l’edilizia, producendo alcune delle più famose icone del design italiano del secolo scorso.

Ma andiamo con ordine. Il primo tema con cui si confronta il giovane Zanuso è quello dell’abitare, «il primo e più importante problema che l’architetto è chiamato a risolvere». Nel 1942, ad esempio, la rivista «Domus» lo chiamò a raccontare la sua visione di casa ideale: «Quando costruirò la mia casa, andrò alla periferia della città e cercherò un prato… un prato quadrato, cintato da mura sufficientemente alte, con qualche albero non molto grande. Là costruirò la casa per la mia compagna e per me. Una casa non grande, ma capace di diventarlo.»

Due anni dopo è sempre «Domus» (di cui divenne poi caporedattore) a chiedergli di preparare un «Quaderno» dedicato al tema della cucina, ovvero il luogo della casa nel quale più si era tentato, nei decenni precedenti, un connubio tra i principi dell’industria e quelli dell’architettura (si pensi alla Cucina di Francoforte).

Oltre all’adesione al Razionalismo, inteso come approccio metodologico e non come paradigma estetico, in questi testi si fa strada una visione in cui la profonda conoscenza della cultura tecnica diventa una prerogativa indispensabile per immaginare la trasformazione del progetto a tutte le scale.

L'innovazione del dopoguerra

La carriera di Zanuso si spalanca alla fine della guerra, quando è ancora il tema della casa ad essere in prima linea, a causa dell’urgenza di dare alloggio a milioni di persone sfollate. Nel testo La casa prefabbricata, del 1946, Zanuso ribadisce tesi già note ma ora più attuali che mai: parla di «edilizia industriale» (spesso un ossimoro, nell’Italia di quegli anni), parla di «montaggio», parla di modulo come «limite dimensionale al quale devono essere riferite tutte le serie di elementi della costruzione».

«Industrializzare l’edilizia – chiarisce Zanuso – vuol dire per noi portare la produzione edilizia su un piano di rendimento e precisione per cui tutti gli elementi costituenti la costruzione siano definiti non solo in se stessi, ma fino nella costruzione. Per giungere a questo dobbiamo pensare la costruzione non più modellata, colata, conglomerata, ma montata».

Il saggio critico di Roberta Grignolo, che apre il volume, sottolinea l’importanza di questo momento per la situazione italiana: «negli anni del dopoguerra l’innovazione nell’ambito dell’architettura e dell’industria della costruzione edile deve fare i conti con il profondo radicamento del cantiere di tipo tradizionale, fondato sulla piccola impresa artigianale, a bassa meccanizzazione», oltre che con politiche economiche e sociali che bloccarono buona parte dei sogni di chi come Zanuso sperava in un radicale rinnovamento del settore.

Nuove discipline tra design industriale e industria automobilistica

Ben diversa era invece la situazione dell’industria meccanica e manifatturiera, impegnate a riconvertire la produzione dopo la parentesi bellica. Continua la curatrice: «Il settore del mobile, che rappresenta una vasta realtà produttiva del paese e che ha salde radici nel mondo artigianale, si apre così alla sperimentazione delle nuove tecniche di produzione e di organizzazione del lavoro e fornisce ai progettisti italiani le prime occasioni di progettazione nell’area del disegno industriale».Si capisce allora come Zanuso abbia trovato nell’industria il giusto contesto nel quale agire, e come da essa sia stato ripagato.

Una delle prime incursioni dell’architetto nel mondo del design industriale avviene alla fine degli anni Quaranta, quando progetta per l’azienda di mobili imbottiti Arflex (consociata alla Pirelli) la poltrona «Lady», utilizzando due materiali – gommapiuma e «nastrocord» – prima impiegati in settori diversi da quelli del mobile.

La gommapiuma, ad esempio, prima era usata principalmente per proteggere i serbatoi di benzina dei mezzi militari. È solo l’inizio di decenni di progetti e consulenze per Olivetti, Necchi, Borletti, Brionvega, Kartell e Alfa Romeo.

Da leggere attentamente è il breve scritto In piccola serie si fa la fuori serie, del 1953, che Zanuso stende dopo aver visitato a Torino gli stabilimenti del carrozziere Pinin Farina: un incontro che gli insegnò molto sull’industria automobilistica e in particolare sulle tecniche di lavorazione della lamiera.

Pochi anni dopo queste nozioni gli serviranno per progettare una seduta in lamiera metallica, prodotta da Gavina: la monoscocca «Lambda», omonima di una vettura presentata dalla Lancia ai Saloni dell’Automobile di Parigi e Londra nel 1922, una delle prime ad adottare il principio della monoscocca. Ma gli stessi principi ritorneranno, in diversa maniera, nelle «carrozzerie» per le sue macchine da cucire, per i televisori Brionvega, nell’apparecchio telefonico Grillo, nella seggiola in polietilene per bambini della Kartell ecc.

Leggendo le parole e i progetti di Zanuso si scoprono insomma sconfinamenti, invasioni di campo e contaminazioni tra discipline (apparentemente) diverse che fanno capire la visione organica e l’estensione del suo lavoro. I titoli ne danno un’idea: Casa e natura; Architettura e pittura; Paesaggio, architettura e design; Il colore nell’industrial design; Insegnare il design; La pianificazione dello spazio e gli ambienti per uffici ecc.

Il volume, pubblicato da Mendrisio Academy Press e Silvana Editoriale, è arricchito da un corredo iconografico che agevola il collegamento tra testo e progetti, e si conclude con due belle interviste in cui l’ormai anziano architetto parla retroattivamente della sua carriera. Zanuso ha uno stile? «No grazie. Ho forse più una curiosità. Come quando si conosce una donna e si vuole capirla osservando come si comporta.»

Ci sono dei caratteri, delle qualità, dei difetti, dei modi di esprimersi che ti attirano, che ti sollecitano, che ti fanno agire verso qualcosa di nuovo che non sai ancora che cosa è. Il progetto è una storia simile.»

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