Vico Ma­gistret­ti, Lord del de­sign mi­la­ne­se

Vico Magistretti amava l’Inghilterra e aveva con essa un rapporto intenso, sviluppatosi attraverso esposizioni, viaggi di studio e una lunga esperienza come insegnante al Royal College of Art. L’influenza anglosassone è evidente in molte sue opere. Nell'annuale mostra aperta in occasione del Salone del Mobile, organizzata dalla Fondazione dedicata all’architetto e designer milanese, si indaga questa speciale relazione.

Publikationsdatum
08-05-2024
Gabriele Neri
Dott. arch. storico dell'architettura, redattore Archi | Responsabile della rubrica 'Paralleli' per Archi

Vico Magistretti, architetto e designer milanesissimo da generazioni e generazioni (già il bisavolo Gaetano Besia progettava importanti palazzi nella Milano ottocentesca), aveva un debole per l’Inghilterra. Seguendo l’esempio di Adolf Loos, che com’è noto considerava gli Inglesi «i Greci dei nostri giorni» in contrapposizione ai suoi più retrogradi concittadini viennesi, egli diceva spesso: «il vero grande nemico di oggi è la volgarità. Amo la cultura anglosassone, perché ne è priva».

Come ogni anno, in occasione del Salone del Mobile la Fondazione Vico Magistretti inaugura una mostra nei suoi spazi affacciati sulla chiesa di Santa Maria della Passione (gioiello del tardo rinascimento lombardo che il visitatore non può tralasciare). Questa volta è dedicata proprio alla relationship che l’architetto ebbe con l’Inghilterra. Iniziò negli anni Cinquanta, con mostre e viaggi di studio, e si consolidò definitivamente dal 1979, quando fu invitato a insegnare al Royal College of Art, dove ebbe come allievi alcuni futuri astri del design, come Jasper Morrison e Konstantin Grcic, che ancora oggi ne ricordano la lezione. Come scriveva anni fa Marco Romanelli, dietro al minimalismo anglosassone degli ultimi decenni potremmo infatti intravedere una sobrietà milanese di cui proprio Vico fu il più efficace esponente.

L’influenza dell’Inghilterra sui suoi progetti è palese, tra citazioni letterali, riduzione del segno e humour. Dal mondo dell’equitazione nacquero ad esempio il divano Sindbad di Cassina, ispirato alle coperte inglesi, oppure la lampada Lester di Oluce (dal nome del fantino Lester Piggott) e la poltrona Incisa per DePadova, che ricorda la forma della sella. Anche gli inglesi amarono Vico: negli anni Sessanta la sua sedia Carimate, pensata per un golf club – altra sua immensa passione britannica – nell’omonima località lombarda, spopolava nella Swinging London. Mary Quant, l’inventrice della minigonna, ne sfoggiava alcune in casa sua.

Di evidente derivazione british sono pure i divani in pelle Chesterfield e Maralunga. Caso interessante è poi quello della serie Broomstick per Alias (1979), che Magistretti creò per il suo pied-à-terre londinese, un appartamento piccolo ma piuttosto bizzarro, dove tutti i mobili erano girati in diagonale. Il nome spiega il concetto: sedie, tavoli e librerie erano costruiti con semplici pezzi di manici di scopa, e perciò facilmente trasportabili da una casa all’altra, anche oltre la Manica. Allora fu un flop commerciale, ma oggi ne cogliamo l’ironia e la visionarietà. 

L’Inghilterra seppe riconoscere il suo valore. Nel 1982 veniva celebrato da una trasmissione della BBC1 tra gli eroi del design milanese (il video è in mostra); nel 1985 fu premiato con la medaglia d’oro della British Society of Industrial Artists and Designers (consegnatagli dal duca di Edimburgo; lavorò con aziende britanniche e fu coinvolto in diversi progetti tra cui – pochi lo sanno – quello dell’aeroporto di Heathrow, come speciale consulente. Chi lo vedeva passeggiare per Londra, con foulard al collo e una giacca di tweed, avrebbe potuto scambiarlo per un gentleman inglese dell’alta società.

La mostra è piccola ma ben fatta; l’hanno ideata, curata e allestita due giovani architetti londinesi (Viola Pelù e Louis Mayes) vincitori del bando lanciato dalla Fondazione Vico Magistretti lo scorso anno, in occasione del Convegno internazionale «Vico Magistretti. Tra Milano e il Mondo», svoltosi alla Triennale di Milano. Così si tramanda la memoria, senza congelarla: la lezione di Vico continua infatti a stimolare nuove riflessioni e inediti progetti.

Il Magistretti inglese

A cura di Viola Pelù e Louis Mayes

 

Fondazione Vico Magistretti
Via Vincenzo Bellini, 1, Milano

 

Dall'11.4.2024 al 27.2.2025

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