Tbi­li­si so­spe­sa

Tbilisi vive in bilico tra il panorama russo/sovietico e la specificità locale. Un esempio di questa dicotomia è l’edificio del Ministero dei Trasporti, ora sede della Banca di Georgia. È stato costruito nel 1974 e in seguito è stato oggetto di un restyling che è parte del processo di ricostruzione dell’identità nazionale.  

Publikationsdatum
20-08-2024
Gabriele Neri
Dott. arch. storico dell'architettura, redattore Archi | Responsabile della rubrica 'Paralleli' per Archi

Visitate Tbilisi! Tra le molte ragioni per farlo ci sono anche quelle architettoniche, dal momento che nella capitale georgiana, oltre a meraviglie di tempi più lontani, durante il XX secolo si è sviluppata una cultura del costruire particolarmente originale, 

I russi giunsero qui all’inizio dell’Ottocento, trovando una città da poco rasa al suolo (nel 1795) e dunque da reinventare. Se allora l’architettura prese le forme di un peculiare ibrido tra il neoclassicismo di San Pietroburgo e l’invenzione di un Oriente domestico cantato da Puškin e Tolstoj, nel Novecento la città si rinnovò seguendo il corso dell’ideologia sovietica, tra demolizioni e costruzioni, retorica e sperimentalismo.

Ad esempio, il parlamento in stile stalinista, oggi spogliato di falce e martello, fu eretto sulle fondamenta della grande cattedrale russo-ortodossa distrutta per l’occasione. Soprattutto dopo la morte di Stalin, Tbilisi si aprì invece a sperimentazioni che guardavano tanto al resto dell’URSS quanto al mondo.

Tra i tanti, scegliamo di raccontare uno degli edifici più vistosi e radicali: la sede del Ministero dei Trasporti, costruita nel 1974 su progetto di un gruppo di architetti con a capo George Chakhava, che allo stesso tempo era anche il relativo ministro. L’edificio si sviluppa su di un terreno in pendenza sul fiume Kura, con due torri di 17 piani per scale e ascensori alle quali si appendono cinque blocchi orizzontali a due piani ognuno. Basta un’occhiata per suscitare un parallelo forse banale ma efficace: quello con Tetris, il celebre videogioco basato sulla composizione interattiva di tetramini, forme geometriche piane composte da quattro quadrati. Il parallelo tuttavia si ferma qui, dal momento che il gioco fu inventato solo nel 1984 dal programmatore russo Aleksej Leonidovič Pažitnov.

Piuttosto, la strategia di sospendere in aria i vari blocchi puntava a ridurre l’impatto sul terreno, idea già nota agli architetti moderni ma qui declinata nei termini di una «Space City» fortemente integrata con la natura. Chakhava pensava alla logica degli alberi: «tra la terra e le chiome, le colonne, ci sono molti spazi liberi per altri esseri senzienti per creare un mondo armonioso ed equilibrato con la foresta».

L’edificio ha seguito la storia travagliata della Georgia dopo la caduta dell’URSS. Per tanti anni è rimasto abbandonato, ma con la rinascita della città è stato dichiarato Monumento Nazionale (2007); subito dopo è stata effettuata una profonda ristrutturazione per convertirlo in sede centrale della Banca di Georgia, con l’aggiunta di un volume vetrato con funzione di ingresso, simile a un Apple Store.

Come in molti altri luoghi della città, il restyling dell’edificio è parte del processo di ricostruzione dell’identità nazionale, dopo il decennio buio post-indipendenza (1991) e la rinascita seguita alla Rivoluzione delle Rose (2003). Anch’essa fu foriera di costruzioni eclatanti (i ponti e gli edifici in acciaio e vetro di Michele De Lucchi e Fuksas), distruzioni ideologiche e riconversioni virtuose («Fabrika», ex fabbrica di tessuti, oggi è ostello e centro culturale, con enorme bandiera ucraina all’ingresso). Le manifestazioni che hanno occupato le piazze nella prima parte di quest’anno, per protestare contro la cosiddetta «legge russa» che minaccerebbe la libertà d’espressione, dimostrano come le tensioni del secolo scorso siano tutt’altro che sopite. Anche di questo parlano gli edifici della città, sospesi in un continuo processo di rideterminazione semantica, con cui la forma dell’architettura cerca di tenere il passo.

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