Il co­lo­re del­le fa­ve­las

La strategia di due olandesi per usare l’arte come strumento di riscatto sociale

«Il colore è un mezzo che consente di esercitare un influsso diretto sull’anima», scriveva Wassily Kandinsky un secolo fa. Oggi gli abitanti di alcune favelas di Rio de Janeiro potrebbero confermarlo, dopo aver visto i riflessi del lavoro di Jeroen Koolhaas e Dre Urhahn, due olandesi meglio noti come Haas & Hahn che si sono posti l’obiettivo di portare il colore sui muri delle zone più povere della città.

Publikationsdatum
24-04-2014
Revision
08-10-2015
Gabriele Neri
Dott. arch. storico dell'architettura, redattore Archi | Responsabile della rubrica 'Paralleli' per Archi

Tutto è cominciato intorno al 2005, quando i due hanno preso un volo per il Brasile. Partiti con un progetto – girare un video sulla cultura hip hop locale – gliene viene in mente un altro, molto più dirompente: pensare la massa disordinata di piccoli edifici abbarbicati sulle colline di Rio come un’enorme tela da colorare. Il primo «affresco» viene fatto nel 2006 nella favela di Vila Cruzeiro: sopra a un acceso sfondo azzurro è raffigurato un ragazzino con gli occhi incantati che guarda verso il suo aquilone, da qualche parte nel cielo. La particolarità di quest’opera – intitolata Boy with Kite e subito diventata un landmark visibile per chilometri – sta nei modi della sua realizzazione: il soggetto è stato infatti scelto insieme ai residenti, e al suo completamento hanno partecipato i ragazzi del luogo, a cui è stato dato qualche soldo. Ecco il punto fondamentale della strategia artistica di Haas & Hahn: coinvolgere i residenti dal concepimento alla produzione dei murales, in modo da farli diventare il frutto di una comunità e non la singolare performance di due artisti arrivati da chissà dove.

Nella stessa zona, due anni dopo, Haas & Hahn hanno scelto come tela una serie di strutture in cemento – simili all’alveo di un fiume artificiale – che corrono giù per la collina con la funzione di proteggere il terreno dalle frane nella stagione delle piogge. Questa volta oltre a coinvolgere i ragazzi del posto i due si sono fatti ispirare da Rob Admiraal – artista olandese del tatuaggio – e il fiume di cemento è stato riempito di onde e grandi pesci (carpe) disegnati secondo i principi dell’arte giapponese. In tutto 7.000 metri quadri, visibili anche da Google Earth.

Come viene spiegato nei video caricati su www.favelapainting.com – che consigliamo di guardare – le immagini della «favela colorata» hanno cominciato ad attirare l’interesse dei media, facendo parlare per una volta di questi luoghi in termini positivi e non soltanto per notizie di cronaca nera. La strada era aperta: con i media è arrivato qualche finanziamento, e i due artisti hanno potuto pensare più in grande. Nel 2010 sono riusciti infatti a dipingere 34 edifici e un’intera piazza – Praça Cantão, nella Comunità di Santa Marta – trasformando un luogo anonimo e poco raccomandabile in una meta turistica.

Aumentando la superficie della «tela» e il numero di ragazzi coinvolti – questa volta ben 25 persone, grazie agli sponsor – anche il metodo di lavoro e il tipo di soggetto hanno subito delle modifiche. Da un lato si sono dovuti semplificare i temi grafici, in maniera da velocizzare il lavoro e metterlo alla portata di una squadra di «pittori» dopo poche ore di training: invece di avere temi figurativi come il Boy with Kite o forme complesse come le carpe giapponesi, in Praça Cantão trionfano le campiture geometriche, con colori vivaci che tagliano in diagonale le disordinate costruzioni della favela. Dall’altro lato, il salto di scala ha reso necessaria una maggiore articolazione delle fasi preparatorie, in modo da progettare con cura la disposizione delle geometrie e dei colori su superfici così estese. Cambiano allora gli strumenti di lavoro: dal semplice bozzetto bidimensionale si passa ad utilizzare grandi maquette che riproducono, per quanto possibile, l’orografia e la volumetria di edifici cresciuti come funghi. Su questi modelli si può disegnare, oppure usare un videoproiettore per studiare la sovrapposizione di una texture continua sul tessuto urbano prima della fase esecutiva.

Destino ha voluto che le immagini di Praça Cantão colpissero Gary Steuer, Chief Cultural Officer della città di Philadelphia, e Jane Golden, direttrice del Philadelphia Mural Arts Program, i quali hanno subito pensato di invitare i due olandesi a essere i protagonisti di Philly Painting (www.phillypainting.org), operazione di «abbellimento» urbano di una zona carica di problemi sociali e degrado. Passando dalle favelas brasiliane ai margini di una città postindustriale americana, la strategia di Haas & Hahn ha mantenuto la sua validità: Germantown Avenue è stata infatti dipinta con la collaborazione di tanti ragazzi che il colore ha strappato alla vita di strada. Anche qui, il riconoscimento pubblico del lavoro svolto – attraverso manifestazioni e premiazioni per i partecipanti con tanto di certificati firmati dal sindaco – è stato fondamentale per infondere ai ragazzi del luogo il senso che un lavoro onesto può dare i suoi frutti, e che anche nelle parti più difficili di «Killa-delphia» (come i media hanno chiamato la città, dato il tasso di omicidi) è possibile trovare spazi di manovra salutari e appaganti. Quando la strada è stata tutta dipinta, e i due olandesi – ormai diventati punti di riferimento per la comunità – sono dovuti ripartire, si è però presentata una domanda: come sostenere l’entusiasmo di questa gente una volta che il progetto è finito? L’idea è quella di continuarlo, isolato dopo isolato, affinché il colore possa continuare la sua azione taumaturgica.

Dopo Philadelphia, la prossima tappa sarà ancora Rio. Negli ultimi mesi è stata infatti lanciata una campagna di crowdfunding – cioè la ricerca di finanziamenti «dal basso», senza dover ricorrere a un grande sponsor o legarsi a partiti politici – con lo scopo di dipingere un’intera favela, non solo alcuni pezzi. A questo proposito, sul sito donate.favelapainting.com è in vendita merchandising di vario tipo e prezzo: dalla t-shirt (40 euro) al bozzetto originale usato per Philly Painting (800 euro). Le fasi preparatorie sono già cominciate; siamo impazienti di vedere i risultati.

Vedi video sul progetto favelapainting

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