Carenza di alloggi: anche una questione di ripartizione
Durante la tavola rotonda sulla carenza di alloggi, indetta dal consigliere federale Guy Parmelin e alla quale ha partecipato anche la SIA, si è discusso di come aumentare, nell’insieme, il numero di abitazioni. Le soluzioni quantitative appaiono certo interessanti, la SIA ha tuttavia messo in evidenza come, vista la complessità del problema, sia necessario optare anche per un approccio di tipo qualitativo.
La tavola rotonda sulla carenza degli alloggi si è svolta a Berna il 12 maggio 2023 presso il Dipartimento federale dell’economia, della formazione e della ricerca, su invito di Guy Parmelin. Durante l’incontro, che ha visto riuniti i rappresentanti dei Cantoni, delle Città e dei Comuni, così come del settore edilizio e immobiliare, si è analizzata la situazione e discusso di possibili soluzioni. Martin Tschirren, direttore dell’Ufficio federale delle abitazioni (UFAB), ha esordito pronosticando che, da qui al 2026, mancheranno ben 50 000 alloggi. La causa di tale penuria? È da ricercare sia nella domanda che nell’offerta. A incidere in modo preponderante sulla domanda, vi sono soprattutto fattori come l’immigrazione, ma anche il ridimensionamento delle economie domestiche: viviamo sempre più a lungo, spesso da soli o in un piccolo nucleo familiare. Al contempo, in questi ultimi anni, si è assistito a una diminuzione della costruzione di nuove abitazioni. Anche sul fronte delle licenze edilizie si denota una contrazione, il che ha fatto evolvere su linee divergenti la domanda e l’offerta.
Jörg Schläpfer, responsabile in materia di macroeconomia presso Wüest Partner, ha delineato le ripercussioni sociali legate alla penuria di alloggi: affitti in aumento, in particolare negli agglomerati urbani, accresciuta difficoltà nel trovare un’abitazione, ma anche la tendenza, sempre più marcata, di vivere in appartamenti che non soddisfano più gli attuali fabbisogni e, non da ultimo, il grande peso che grava soprattutto sul quinto più povero della nostra società che per l’abitare deve già spendere in media oltre il 30 per cento del proprio reddito.
Più alloggi, ma anche più qualità
Martin Tschirren, direttore dell’UFAB, ha proposto, per l’analisi delle cause e la ricerca di soluzioni, di focalizzarsi sull’offerta, in altre parole sulla costruzione di più alloggi. La maggioranza dei partecipanti alla tavola rotonda lo ha seguito in questa ipotesi. Per quanto concerne gli ostacoli si sono menzionate, a più riprese, le lunghe procedure di autorizzazione, la cui durata, negli ultimi vent’anni, è passata da una media di 90 a 150 giorni. In questo contesto, potrebbero rivelarsi utili le procedure digitali, il contenimento dei ricorsi abusivi inoltrati da privati, l’armonizzazione delle prescrizioni edilizie cantonali e uno sforzo unanime, da parte delle autorità, per attenersi alle scadenze fissate. Inoltre, andrebbe mobilizzata la riserva disponibile di terreni edificabili.
Trovare una soluzione al problema della carenza degli alloggi è, insomma, una questione complessa: tutti i presenti si sono trovati d’accordo. Il consigliere federale Guy Parmelin ha chiesto poi che venissero distribuite alcune cartoline, sulle quali erano raffigurate opere dell’artista Wassily Kandinsky, e invitato il pubblico a osservare l’interdipendenza creata dalla coesistenza di molteplici fattori. Così, a prima vista, può forse sembrare allettante l’idea di abolire le troppe regolamentazioni, di aumentare le altezze massime degli edifici o gli indici di sfruttamento. Molti partecipanti, tuttavia, hanno fatto notare, e a ragione, che dobbiamo imparare ad affrontare anche i problemi complessi unendo gli aspetti quantitativi a quelli qualitativi. Per la SIA la lotta alla carenza di alloggi rappresenta parte integrante di una trasformazione sostenibile dell’ambiente di vita, vale a dire nel pieno rispetto delle risorse disponibili. In questo contesto, gli otto criteri per una cultura della costruzione di qualità fissati dalla Svizzera a livello internazionale devono costituire un quadro di riferimento riconosciuto.
Pensare e agire in quartieri
Per garantire qualità di vita in un ambiente progettato all’insegna della sostenibilità ci vogliono quartieri diversificati, in grado di offrire spazio a sufficienza tanto alle diverse fasce sociali quanto alla biodiversità. Il Programma nazionale di ricerca «Nuova qualità urbana» ha messo in evidenza come la densificazione centripeta nei centri urbani possa funzionare partendo da concetti pensati su piccola scala, legati cioè al contesto di singoli quartieri. Per la gestione dell’inquinamento fonico ci vogliono invece approcci globali. L’ancoraggio nella legge sulla protezione dell’ambiente di un’adeguata «prassi della finestra di aerazione» potrebbe certo sbloccare diversi progetti di costruzione in sospeso. Al contempo, bisogna però anche promuovere il traffico lento per combattere l’inquinamento fonico alla radice.
Migliorare la ripartizione
Per sgravare i luoghi in cui si concentra la domanda, nei grandi centri urbani, è necessario creare, anche nelle regioni periferiche e rurali, ambienti di vita attraenti, sia attraverso spazi pubblici di qualità, sia offrendo un buon ventaglio di servizi (ad es. nidi per l’infanzia, interessanti offerte culturali ecc.). Benché la tavola rotonda si sia incentrata prevalentemente sulla questione della costruzione di nuove abitazioni, per risolvere il problema della carenza di alloggi vi è un altro elemento chiave da considerare, e cioè il consumo di superficie pro capite. Si sta già discutendo di introdurre delle tasse d’incentivazione, tuttavia al momento l’idea non sembra trovare facile concretizzazione. Jörg Schläpfer della Wüest Partner ha illustrato ai presenti un altro fattore determinante: ci sono ancora molte persone che si ostinano a vivere in abitazioni che, in realtà, non rispondono più alle loro attuali esigenze. Qui sarebbe relativamente semplice creare degli incentivi tesi a promuovere una densificazione di utilizzazione. Si potrebbe, ad esempio, agevolare il trasferimento delle persone anziane da una casa diventata ormai troppo grande a un appartamento più piccolo. Il crescente fabbisogno di nuovi edifici (con conseguenti ripercussioni nefaste sul clima) potrebbe essere contenuto anche costruendo molto di più nel costruito. Durante la tavola rotonda si è intravisto un barlume di speranza in tal senso: di fatto, la proposta rivolta ai presenti di concordare come obiettivo la realizzazione, da qui al 2026, di 200 000 nuovi alloggi non ha fatto l’unanimità. Una cosa appare del tutto evidente: soltanto insieme possiamo trovare soluzioni solide da cui poter partire. Come passo successivo, la Confederazione, i Cantoni, le Città e i Comuni elaboreranno un piano d’azione con possibili provvedimenti, oggetto di discussione in occasione della prossima tavola rotonda.