Can­tina Obrecht, Je­nins

Bearth & Deplazes Architekten

Questo progetto viene descritto come un villaggio in forma di edificio o meglio un edificio in forma di villaggio. La cantina vitivinicola si articola su due livelli.

Date de publication
14-06-2024

Una cantina vinicola in forma di villaggio

Un villaggio in forma di edificio o meglio un edificio in forma di villaggio. A un piccolo insediamento, sorto su un antico ricetto militare, rimanda il progetto di Bearth & Deplazes e Daniel Ladner per una cantina vinicola a Jenins, un comune del Canton Grigioni, nella regione Landquart. Il nuovo intervento si aggiunge agli edifici esistenti – l’ex locanda Zur Sonne con l’adiacente fienile, una stalla, un deposito e un granaio – e insieme a essi definisce una sorta di corte irregolare, collocata all’ingresso orientale del villaggio, introversa seppur totalmente rivolta a sud, verso il sole, verso le pendici e i vigneti. Non è la prima volta che Bearth & Deplazes si cimentano nel progetto di una cantina vinicola, ma qui, a Jenins, forse per il rapporto che li lega ai committenti, forse per la posizione favorevole, forse anche per la presenza degli edifici esistenti, lavorando con una leggerezza che potremmo definire calviniana, mettono in scena una narrazione per certi versi giocosa, in cui agiscono elementi sottili e quasi impercettibili.

All’interno di una sorta di assemblaggio a più livelli, il cortile centrale – o più precisamente l’Hof, lo spazio di una piazza circondata dalla cascina, come i progettisti stessi lo definiscono – diventa il protagonista del progetto e a esso si rivolgono tutti gli edifici, sebbene ognuno in modo differente, come amici di vecchia data raccolti attorno a un tavolo a gustare buon vino.

È forse questa un’interpretazione fin troppo poetica, che poco ha a che fare con i condizionamenti tangibili del progetto e con la complessità della destinazione d’uso dell’edificio; è tuttavia questa l’atmosfera che traspare dalle fotografie di Ralph Feiner, pubblicate in queste pagine, e che si legge tra le righe della relazione di progetto che Valentin Bearth, Andrea Deplazes e Daniel Ladner intitolano simbolicamente Die Schatzinsel – «L’isola del tesoro». Sono essi stessi a parlare di assemblage, riferendosi sia alle modalità compositive delle arti visive sia alle tecniche di vinificazione, o ad alludere a mondi nascosti e spazi alchemici, a miti greci e a profondità dantesche, per far spazio a una storia che saranno poi i viticultori Francisca e Christian Obrecht a narrare, con l’avvicendarsi delle stagioni, le vendemmie, le vinificazioni, insieme ai visitatori e a coloro che in questa narrazione vorranno immergersi. Primi fra tutti gli architetti, che di Francisca e Christian Obrecht a metà degli anni Novanta avevano già progettato la casa, e insieme a loro, Pascale Wiedemann e Daniel Mettler, gli artisti che con Andrea Deplazes, in occasione della conclusione dei lavori, hanno realizzato una serie di installazioni e un libro d’artista all’insegna del progetto Mit Hirn, Hand und Herz – «Con cervello, mano e cuore» – che unisce arte, artigianato, tradizione e lavoro manuale.

Di tutto questo diventa in qualche modo specchio il progetto stesso, che i committenti non esitano a definire un’opera d’arte totale – «Gehöft ist ein Gesamtkunstwerk»: una sorta di assemblaggio materico-formale sviluppato su due livelli tra loro strettamente connessi, seppur fisicamente separati, eccetto che per una piccola scala di servizio. La corte, al livello superiore, destinata a ospitare la vita collettiva dove, proprio come nelle antiche cascine, un grande tetto offre riparo a due fabbricati per il ricovero degli attrezzi, il deposito e la cucina, e a una orangerie totalmente vetrata, in cui si svolgono le degustazioni. Al di sotto, le cantine e i locali destinati alla vinificazione, un vero e proprio labirinto che al bricolage festoso del cortile sostituisce il linguaggio severo e gotico del luogo del lavoro: un grande spazio pentagonale di cinque metri d’altezza – la cui forma è dovuta alla disposizione degli edifici soprastanti –, collegato a stanze secondarie per la lavorazione, la maturazione e lo stoccaggio, fino a un tunnel di 33 m in leggera salita, dove in anfore di terracotta maturano Riesling Sylvaner e Completer. L’articolazione e la segmentazione del mondo sotterraneo è resa possibile dall’elegante disegno delle strutture di Conzett Bronzini; così serbatoi d’acciaio e botti di legno si allineano lungo le pareti, senza alcun ingombro se non due solitarie colonne. In realtà i due mondi sono tra loro intimamente dipendenti, seppur tale intima relazione sia visibile solo nelle sezioni che mostrano come il labirinto inferiore color mosto e blu notte, con i suoi sottili solai sagomati, sia lo spazio su cui poggiano gli edifici che circondano la piazza superiore. L’atmosfera volutamente festosa è ottenuta grazie alla combinazione apparentemente casuale di elementi e materiali difformi, che un saggio bricoleur ha saputo pazientemente assemblare e costruire. Il grande tetto nero alloggia i pannelli solari grazie ai quali sono alimentati i trattori, le auto, la cantina e la casa. Esso poggia su massicci pilastri in calcestruzzo di sezione rettangolare disposti sul perimetro esterno a formare una sorta di recinto, in corrispondenza dei quali, all’interno del cortile, si trovano sottili colonne in acciaio; in questo modo viene accentuata l’asimmetria del manto di copertura che «chiude» verso il cortile e rivolge le spalle alla valle. La struttura del tetto di travi d’abete disposte longitudinalmente è ottenuta con false capriate il cui monaco viene sostituito da una lamiera profilata trapezoidale; l’isolamento termico è realizzato con fiocchi di cellulosa e pannelli a 3 strati, mentre quello acustico in lana di pecora lasciata a vista ad accentuare l’atmosfera accogliente degli interni. Le chiusure verticali, laddove previste opache, sono in lamiera grecata di alluminio; come scatole di latta enfatizzano la chiusura verso la valle e si aprono verso il cortile.

L’intero progetto è abitato dalle installazioni del duo di artisti Wiedemann/Mettler. Al piano interrato, lungo le pareti fotografie di grande formato aprono prospettive sorprendenti; Francisca e Christian Obrecht dicono che sono appese lì come le finestre sul mondo. Al livello del cortile, su ogni angolo dell’edificio sventola una bandiera colorata a simboleggiare l’acqua, le mani, l’uva e il sole, gli ingredienti per un vino di alta qualità.

Luogo 46°59’57.85” N | 9°33’33.76” E, 676 m s.l.m.: Malanserstrasse 2, Jenins

 

Committente: Weingut Obrecht, C. e F. Obrecht

 

Architettura, Direzione lavori: Bearth & Deplazes e Daniel Ladner, Coira

 

Ingegneria civile: Conzett Bronzini Partner, Coira

 

Impianti RCVS: Züst Haustechnik, Grüsch

 

Impianti elettrici: Encon Engineering, Malans

 

Progettista fotovoltaico: Reech, Landquart

 

Fisica della costruzione: mkb Martin Kant Bauphysik, Coira

 

Date realizzazione: 2019-2022

 

Superficie riscaldata lorda: nessun sistema di riscaldamento:

 

Potenza impianto PV/BIPV: 71.76 kWp

Produzione annuale stimata o monitorata: 79’738 kWh/a

 

Produttore moduli fotovoltaici integrati: Mega Slate II | 3S Swiss Solar Solutions

 

Sistema di fissaggio per FV: MegaSlate-System

 

Particolarità dell’impianto solare: Integrazione impianto nel tetto. Moduli inattivi senza telaio in corrispondenza del cambio di falda

 

Altre particolarità: L’edificio non è riscaldato. La cantina è completamente interrata per sfruttare le condizioni termiche del terreno e mantenere una temperatura il più possibile stabile e costante. La soletta non è isolata per sfruttare il fresco del terreno in estate e il calore del terreno contro il gelo in inverno. Le pareti e i soffitti sono isolati in maniera ridotta per evitare la formazione di condensa e muffa.

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