Casa Bula a Mergoscia
Uno scenario maestoso, solo montagne e montagne a picco sul quieto lago della Verzasca, questo il luogo scelto da una coppia di Berna per passare le vacanze, e forse un giorno la vecchiaia.
Qui il paesaggio ticinese è così affascinante che ci si può estraniare, non si vedono altre costruzioni, solo molto in lontananza la silhouette della cappella di Santa Maria degli Angeli sul Monte Tamaro di Mario Botta.
Il progetto per il rifugio in cui isolarsi dalla quotidianità viene affidato all’amico grigionese Valentin Bearth (Bearth & Deplazes Architekten) di Coira. L’idea è quella di mettere in scena il paesaggio, di pensare a «casa e panorama» come a un tutt’uno fino a credere di essere i primi, e unici, abitanti del piccolo villaggio di Mergoscia.
Il terreno è molto scosceso, come costruire qui dentro? Come arrivare dalla strada? Dove lasciare l’automobile?
Agli architetti appare subito evidente che l’unica possibilità è quella di scavare la casa nel pendio per poter sfruttare la parcella nella sua parte più alta, ma per questo bisogna creare una serie di sequenze visive lungo il percorso di accesso. La prima immagine che viene evocata è quella dei numerosi viottoli che collegano i nuclei dei paesi di montagna. Da qui l’idea della piccola apertura ritagliata nel muro di contenimento a valle. Dopo aver varcato la soglia e attraversato un breve tratto orizzontale ci troviamo innanzi a due rampe di scale strette in un calcestruzzo liscio e perfetto, quasi da accarezzare. In alto si intravvede la luce ed è proprio questa a guidarci e abbagliarci quando si raggiunge la terrazza.
Per ottenere una generosa superficie è stata scavata un’ampia porzione del ripido sedime. Contro l’alta parete rocciosa si adagia l’abitazione, contenuta da un poderoso muro in calcestruzzo alto oltre dieci metri. L’unico fronte della casa è quello che si affaccia sulla terrazza; i fianchi, due ripidi triangoli di calcestruzzo, contengono il terreno. Lo spazio del belvedere così modellato si direziona fortemente verso il paesaggio. La sua orizzontalità si confronta con la forte verticalità del profilo montuoso dando la sensazione di stare «dentro alla terra».
Nei caldi giorni estivi del Ticino la casa si incastra nel terreno, ripara e protegge dalla canicola; quando le finestre sono completamente aperte, interno ed esterno si fondono senza soluzione di continuità.
Il programma è molto semplice: una cucina con un lungo tavolo, una camera per i proprietari e una per gli ospiti, due bagni. La casa è minima, una gemma con una ricca offerta spaziale, dove gli architetti hanno avuto la possibilità di esercitare una progettazione integrale occupandosi anche degli arredi interni.
È una residenza di vacanza per ricevere gli amici, e quindi la cucina aperta permette di condividere con gli ospiti momenti conviviali. Il camino del soggiorno è scavato all’interno dello spesso muro che regge il terreno, rivelandone così le dimensioni: gli architetti erano interessati alla plasticità di questo gesto. La nicchia con il divano è volutamente intima, un luogo privilegiato per leggere, ascoltare musica e guardare il paesaggio.
Dall’interno si vede il pilastro posto in mezzeria a sorreggere la piccola copertura della terrazza, sarebbe stato possibile ometterlo aumentando lo spessore della soletta, ma questo elemento misura gli spazi, pone l’edificio in relazione con il contesto.
Dal soggiorno si accede alla zona ospiti e al bagno di servizio, mentre alcuni locali sono adibiti a deposito. Percorrendo la scala che conduce al piano superiore si percepisce quanto l’edificio sia profondamente inserito nella roccia, lo stretto spazio è inondato dalla luce zenitale. Al piano superiore si dispone la camera matrimoniale molto ampia con un soffitto alto e spiovente. Le finestre «alla francese» arrivate in Svizzera con i modelli del turismo alberghiero del secolo scorso si affacciano sul panorama.
Ai diversi livelli, i serramenti di alluminio si differenziano formalmente permettendo una variegata penetrazione della luce provocando un gioco di chiaroscuri.
L’apertura superiore del bagno principale permette di allungare lo sguardo sul vigneto; si vuole così evocare l’idea di fare la doccia sotto a una cascata.
La scelta dei materiali è stata condizionata dalla localizzazione, tutto deve percorrere la stretta strada che porta dal piano a Mergoscia. Utilizzare il calcestruzzo sia all’interno che all’esterno e produrlo in situ, in maniera artigianale, era l’unica possibilità. Una semplice betoniera e pochi bravi operai hanno prodotto una piccola meraviglia. Se nei pavimenti è stato impiegato lo gneiss dell’Onsernone, nei bagni è stato usato il marmo Cristallina di Peccia, questo prezioso rivestimento contrasta la durezza del calcestruzzo.
La vigna esistente è stata parzialmente recuperata, questa è stata una specifica richiesta dei committenti che potranno così produrre il proprio vino.
Nota
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Committenti: Ruth e Ueli Bula-Lendenmann; Schüpfen
Architettura: Valentin Bearth, Andrea Deplazes, Daniel Ladner, Bearth & Deplazes Architekten ag; Chur, Zürich
Capoprogetto: F. Testa
Direzione lavori: Ennio Maggetti; Minusio
Ingegneria civile: Alessandro Bonalumi, Bonalumi Monotti Ingegneri; Locarno
Ingegneria ERSW: Werner Biral, Thomas Lasikowski, Semih Coskun, Tecnoprogetti; Camorino
Consulenza energetica e fisica della costruzione: Riccardo Arlunno, ifec sa; Rivera Misurazioni: Antonio Barudoni, Studio Ingegneria Barudoni; Muralto
Fotografia: Tonatiuh Ambrosetti; Losanna
Date: realizzazione 2011–2013