Edi­fi­ci ri­spet­to­si del­l'am­bien­te con mo­der­ne tec­no­lo­gie: la fi­lo­so­fia di del­ta­ZERO

Lo studio di progettazione ticinese, per rispondere alle nuove sfide presentate dai cambiamenti climatici, lavora con edifici che producano almeno quanta energia consumano, abbiano un lungo ciclo di vita e siano estremamente flessibili. Un ruolo centrale è quello delle innovazioni tecnologiche, nel campo delle facciate, della ventilazione, del riscaldamento e raffreddamento.

Data di pubblicazione
06-06-2024

Fondato nel 1989, lo studio di progettazione deltaZERO si distingue per una visione architettonica incentrata sull'innovazione e la sperimentazione, con lo scopo di realizzare edifici efficienti dal punto di vista energetico, estremamente flessibili e capaci di offrire un elevato livello di benessere.

Stefano De Angelis ripercorre la filosofia del suo team, discutendo delle collaborazioni passate, presenti e future, delle specificità del mercato ticinese, degli  aspetti energetici e delle conseguenti innovazioni tecnologiche applicate agli edifici moderni e del loro influsso sul linguaggio architettonico.

Andrea Roscetti: Il vostro studio da molti anni si dedica agli aspetti energetici degli edifici. Da quale contesto nasce il vostro approccio progettuale?

Stefano De Angelis: Nei primi anni 2000, riflettendo sulle rapide trasformazioni in atto, abbiamo capito di trovarci di fronte a una svolta epocale, con una società in cui tutto mutava rapidamente e in cui le persone, per la prima volta, stavano prendendo coscienza degli ingenti danni causati dall'inquinamento atmosferico. Anche il clima stava mutando, con un comprovato aumento delle temperature anche alle nostre latitudini. Era chiaro che la disponibilità di energia sarebbe presto divenuta fondamentale per il futuro del sistema economico globale. Un aspetto positivo era però che la tecnologia, in tutti i settori, si stava sviluppando con fulminea rapidità, pur di fronte a una industria delle costruzioni molto lenta nell'integrare tali opportunità.

Ci siamo quindi interrogati su quale dovesse essere la nostra risposta alle condizioni sopracitate, come cittadini e professionisti. Abbiamo compreso che fosse necessario ripensare il modo di concepire gli edifici, concentrandoci non solo sul comfort in tutti i suoi aspetti, ma anche sul rispetto dell'ambiente, prolungando il ciclo di vita degli edifici stessi, riducendone il fabbisogno energetico e integrando sistemi di produzione energetica. Quindi decidemmo di puntare su nuovi spazi interni flessibili, in grado di permetterne un’agevole trasformazione e di garantirne dunque l’utilizzo per un lungo periodo di tempo. Gli edifici che avremmo progettato da quel momento in poi sarebbero dovuti essere totalmente privi di emissioni in atmosfera e in grado di essere raffreddati; avrebbero dovuto minimizzare il consumo energetico, garantendo una produzione di energia almeno pari ai consumi. Per raggiungere questi obiettivi era dunque imprescindibile implementare rapidamente le più innovative tecnologie disponibili sul mercato.

AR: Avete sviluppato un rapporto privilegiato con i produttori di tecnologie all’avanguardia. L’applicazione di questi prodotti ha favorito l’adozione di uno specifico linguaggio architettonico? Oppure è l’esatto contrario?

SDA: Per progettare e realizzare edifici che non inquinino e che producano tanta energia quanta ne consumano, dobbiamo ogni volta optare per tecnologie d’avanguardia sia per l'involucro degli edifici sia per le tecniche di ventilazione, riscaldamento e raffreddamento. Per poter costruire mantenendo la logica dei costi di mercato, è stato necessario adottare principi di semplificazione e modularità costruttiva, con un occhio di riguardo alla flessibilità, usando impianti ispezionabili, implementabili e con possibilità di modificare rapidamente gli spazi interni. Abbiamo da sempre creduto nell’innovazione: ad esempio, oltre 20 anni fa, abbiamo proposto a costruttori di pavimenti tecnici di sviluppare un prodotto che integrasse nella flessibilità del sistema la distribuzione di caldo e freddo; una tecnologia poi realizzata e che abbiamo prontamente integrato nei nostri progetti, inclusi quelli del segmento residenziale. Attualmente, stiamo sviluppando, assieme a un istituto della Svizzera tedesca, un sistema radiante di nuova concezione che speriamo possa essere industrializzato entro la fine del prossimo anno. Abbiamo spesso messo i nostri partner di fronte a delle richieste particolari nel campo della sperimentazione progettuale delle facciate. Stiamo ad esempio realizzando un edificio che si presenterà come un cubo di vetro incastonato nella montagna, con una facciata in vetrocamera fotocromica (che cambia il grado di trasparenza e di protezione solare a seconda dell’irraggiamento solare), inclinata di 5° rispetto alla verticale e apribile elettricamente. In conclusione, riteniamo che la tecnologia debba essere integrata nel progetto sin dalla fase concettuale e che essa debba determinare poi il linguaggio architettonico. Va tenuto conto che ciascun progetto è unico, perché sono diverse le condizioni quadro, dai desideri del committente al contesto in cui si inserisce.

AR: Quali sono le metodologie progettuali che implementate nel processo architettonico? In quale fase e con chi è necessario interagire per ottimizzare gli sforzi e ottenere risultati eccellenti?

SDA: Un edificio a basso consumo energetico è una costruzione sofisticata che deve garantire un alto comfort interno. È dunque indispensabile, al fine di ottimizzare il risultato finale, collaborare sin dalle prime fasi progettuali con una serie di specialisti: dal fisico delle costruzioni al progettista delle facciate sino al progettista degli impianti di riscaldamento, raffreddamento e ventilazione. Per ottenere un edificio di qualità, il processo di progettazione, verifica e confronto con gli specialisti e le ditte coinvolte deve svolgersi in più cicli. Spesso ci siamo sentiti dire che quanto avevamo in mente non si poteva fare, ma altrettanto spesso, grazie ai nostri partner, abbiamo trovato soluzioni per realizzare ciò che avevamo prospettato al cliente.

AR: La dimensione e le caratteristiche del mercato immobiliare ticinese e della committenza si sono rivelate sufficienti per supportare le innovazioni che proponete nei vostri progetti?

SDA: Durante la seconda metà del secolo scorso il nostro Cantone è stato un vero e proprio laboratorio di architettura che ha prodotto una serie di icone, grazie anche alla grande disponibilità di mezzi finanziari conseguente al periodo positivo della piazza finanziaria, che, con il suo dinamismo e la sua fiducia nel futuro, ha portato una rapida evoluzione della società, della mentalità e del territorio. Il successivo momento di difficoltà della stessa ha inevitabilmente comportato una diminuzione dell’interesse verso l’innovazione. Riteniamo che la disponibilità a innovare non dipenda dalla grandezza del mercato, bensì dalle capacità imprenditoriali presenti nella società e dalla prospettiva con cui essa guarda al domani. Per implementare soluzioni innovative è importante potersi interfacciare con committenti pubblici e privati di mentalità aperta e dinamica. Si tratta di persone che normalmente, per quanto abbiamo constatato, provengono da esperienze extracantonali o addirittura internazionali.

AR: Le aziende ticinesi riescono a fare fronte alle vostre richieste o dovete fare riferimento a competenze estere o di oltre Gottardo?

SDA: In generale, le aziende ticinesi nel settore delle costruzioni riescono a soddisfare qualsiasi richiesta tecnologica, anche avanzata, ma in occasione di alcune proposte particolarmente innovative, soprattutto relativa all'involucro edilizio, ci siamo dovuti rivolgere oltralpe. Citiamo ad esempio il caso dell'edificio deltaZERO di Paradiso che ospita i nostri uffici e in cui abitiamo da 16 anni: per ottenere una facciata completamente trasparente, con assenza di montanti interni e di sporgenze esterne e con l'integrazione di un impianto solare termico nella facciata sud, abbiamo collaborato con una ditta zurighese di grande esperienza. Ancora ultimamente, per realizzare dei serramenti della lunghezza di 8 metri completamente automatizzati che soddisfacessero gli standard Minergie-P, abbiamo dovuto fare riferimento a una ditta del Canton San Gallo.

AR: Che cosa manca al mondo dell’architettura per l'integrazione dei sistemi fotovoltaici?

SDA: Innanzitutto, è necessario sottolineare che con la SUPSI, con la quale collaboriamo con soddisfazione da oltre vent’anni, disponiamo in Ticino di un'eccellenza nella ricerca sul fotovoltaico. Speriamo quindi che anche la committenza pubblica decida di approfittare di questo importante polo di competenze. L’architetto, nell'ambito del suo mandato, deve essere propositivo e convincente nel rispondere alle richieste del committente, sia esso pubblico che privato. Nel contesto locale, vi sono ancora alcuni pregiudizi sull'architettura sostenibile:

  • sono poche le tipologie di edifici sostenibili,
  • le costruzioni che producono energia sono esteticamente sgradevoli,
  • gli edifici a basso consumo energetico sono costosi,

cerchiamo di sfatarli da oltre vent'anni dimostrando che, qualora i concetti di riduzione del consumo e le tecnologie di produzione di energia solare siano integrati sin dall’inizio nel processo progettuale, gli edifici possano essere validi esteticamente, sostenibili e meno costosi di quelli che non abbracciano questi principi. Ad esempio, deltaROSSO (edificio con 16 unità locative residenziali inaugurato a Vacallo 10 anni fa), è il nostro primo progetto a energia positiva, capace di produrre più energia di quanta ne consuma, ed è stato realizzato con un costo di costruzione di mercato per la zona.