Edi­li­zia re­si­den­zia­le di uti­li­tà pub­bli­ca: il ruo­lo del­le coo­pe­ra­ti­ve d'a­bi­ta­zio­ne

Intervista a Philipp Esch

Philipp Esch, Invited Professor AAM/USI, intervenuto al Forum dell’edilizia residenziale di utilità pubblica dello scorso 13 e 14 settembre, racconta la sua esperienza nella progettazione di cooperative d'abitazione, nell'esclusiva intervista ad espazium.ch.

Data di pubblicazione
04-12-2024

Francesca Acerboni: Philipp Esch(*), sei architetto e insegni da quattro anni all’USI (Università della Svizzera italiana). Raccontaci la tua attività qui in Ticino.

Philipp Esch: Sono docente invitato e tengo un corso di atelier con gli studenti del master a Mendrisio, dove ci concentriamo, in particolare, su progetti di riuso.

FA: Sono molto interessanti questi progetti di trasformazione di funzioni molto diverse (da magazzino dei vini a residenziale, per esempio). Le affrontate spesso nei lavori dello studio?

PE: Abbiamo spesso lavorato su quartieri d'abitazione, Siedlungen degli anni Settanta, Ottanta, Novanta. Ma un progetto che abbiamo realizzato a Zurigo riguardava delle residenze del 1992: l’idea del cliente era di demolirle e poi costruire ex novo. Noi ci siamo detti, invece, che aveva senso mantenerle.

FA: Si può affermare che in Svizzera vi sia un filone architettonico che punta al mantenimento dell’esistente e al riuso?

PE: Penso che finora tutto dipenda ancora dalla buona volontà del cliente: i label di sostenibilità sono ancora facoltativi, volontari, la legge non prescrive l’obbligatorietà, soprattutto per quanto riguarda l’energia di costruzione.

FA: Dove si trova la maggior parte delle tue architetture? Sono soprattutto lavori di edilizia di utilità pubblica?

PE: Si trovano soprattutto nella Svizzera tedesca: a Basilea, Berna e, soprattutto, a Zurigo e nei dintorni. Si tratta di progetti di utilità pubblica, la maggior parte dei quali sono gestiti da cooperative d'abitazione (Genossenschaften).

FA: Secondo te come mai questo tipo di cooperative sono così poco diffuse nel Ticino rispetto alla Svizzera tedesca?

PE: È una questione interessante: non penso avvenga per motivi economici ma piuttosto per la mentalità italiana presente in Ticino, dove si investono più soldi in appartamenti privati, nel real estate. È un privilegio tutto zurighese lavorare con le cooperative: un terzo o un quarto del totale degli appartamenti appartiene alle cooperative oppure alla Città.

FA: Questo è un primato anche rispetto alla Svizzera romanda?

PE: Sì, a Ginevra la percentuale maggiore di case è di proprietà della Città, a Zurigo questo esiste meno grazie alla tradizione delle cooperative edilizie che risale all'Ottocento. Alla fine degli anni Novanta, sono state riconosciute dai politici della Città come partner per il rinnovamento e l'aumento del patrimonio abitativo e sono state integrate in un programma che non solo voleva produrre alloggi a prezzi più accessibili, ma anche una buona pianificazione urbana e un'architettura di qualità, con particolare attenzione per gli architetti più giovani che in precedenza non avevano avuto accesso a questo mercato. Molti studi locali, oggi molto noti, hanno iniziato la loro attività in questo periodo. La Città ha gestito concorsi specifici per giovani studi di architettura e ha dato i terreni alle cooperative esistenti che dovevano poi realizzarle. Questo è stato davvero un catalizzatore per la cultura edilizia residenziale a Zurigo e, per così dire, è diventato un modello.

FA: È stato qualcosa di simile all’IBA di Berlino? Penso anche al ruolo politico che hanno avuto gli interventi dell’IBA, in quegli anni.

PE: A Zurigo è stato senz’altro un programma politico. L’ambito di riferimento era quello di creare 10.000 appartamenti in dieci anni, e l’obiettivo è anche stato superato. Sono tutti appartamenti gestiti dalle cooperative. Un aspetto importante è costituito dal fatto che a Zurigo vi è una forte dinamica di crescita della popolazione. In Svizzera, in generale, stiamo assistendo a un enorme aumento demografico: la popolazione attuale è di 9 milioni, nel 2045 si prevede che arriverà a 10 milioni. La domanda è «Dove andrà questo milione?». La risposta è che andrà dove ci sono i motori economici, ovvero a Basilea e a Zurigo, in primis, ma anche a Losanna e Ginevra: una grande parte va indubbiamente a Zurigo dove non rimangono più terreni liberi.

FA: Questo fenomeno è dovuto soprattutto all’immigrazione? O all’aumento demografico?

PE: Stiamo assistendo a una forte pressione per la densificazione, dal momento che non vi sono terreni vuoti. Ora, come si fa a densificare una città dove la proprietà è talmente frammentata o atomizzata, come in Ticino o in molti quartieri italiani? Pensiamo, invece, a Zurigo: nei luoghi dove persiste la proprietà privata, la densificazione non si verifica per motivi di proprietà. Dove ci sono i grandi proprietari (che siano cooperative d'abitazione o proprietà immobiliari e speculative) la città ha un’ampia dinamica di trasformazione e questo offre alle cooperative una funzione politica e sociale molto importante. In questo modo le cooperative, anche senza volerlo, sono il motore della densificazione.

FA: Le cooperative sono una tradizione tipica di Zurigo o derivano dalle Siedlungen tedesche e austriache. E ancora, le cooperative svizzere hanno interferenze mitteleuropee?

PE: Per alcuni tratti, il mondo tedesco ha una forte cultura cooperativa. Ma quello di cui parliamo è un aspetto anche profondamente locale, legato all’autonomia di piccole entità in Svizzera: ogni paese, ogni città in Svizzera si gestisce, a livello molto alto, con molta libertà. Così a Zurigo, soprattutto nel secondo dopoguerra (1947-1955), c’è stata una forte crescita della popolazione, e la Città ha delegato la costruzione delle abitazioni a queste cooperative offrendo ampi terreni soprattutto nel versante nord-est della città.

Quello che trovo affascinante è che molte delle persone impegnate nella gestione delle cooperative e che gestiscono strutture con 2500 appartamenti, possono essere autisti di autobus o installatori tecnici, generalmente non sono professionisti. Hanno un enorme senso di «prossimità», una complicità con i loro soci: vivono anche loro nelle cooperative e ne conoscono da vicino i problemi. Uno degli aspetti che sta diventando problematico è quello del volontariato, come spesso accade nelle organizzazioni politiche o nello scoutismo: dalla gestione della festa della cooperativa all’organizzazione di attività in giardino per i bambini. Sono incarichi per cui sarebbe necessario professionalizzarsi…

Comunque è affascinante vedere quanta responsabilità sociale o economica è delegata alle cooperative.

FA: Qual è il rapporto fra l’architetto e la cooperativa? Quale il ruolo dell’architetto?

PE: Parto dalla mia esperienza professionale: noi accediamo a tutti i mandati e ai progetti tramite concorsi. L’unico progetto privato – come dicevo prima – è stato il sopralzo di due piccole case a Zurigo.

Il fatto che vi siano i concorsi è un aspetto importantissimo per la relazione fra architetti e cooperative: in questo modo, la cooperativa definisce i suoi ambiti in un programma che è spedito agli architetti invitati o va gestito tramite un concorso aperto. In seguito, noi architetti proponiamo alcune soluzioni: se l'idea viene scelta dalla giuria, allora il privilegio è costituito dal fatto che non dobbiamo più discutere di questioni urbanistiche con i clienti. Siamo già legittimati: non si può tornare indietro e cambiare aspetti specifici. Questo ci obbliga a realizzare progetti che siano molto realistici e, al contempo, siamo anche tutelati rispetto a eventuali cambiamenti di idee dei clienti.

FA: La cooperativa ha un ruolo partecipato nella progettazione?

PE: Il processo di partecipazione ha luogo quando si definisce il programma. Ovviamente le persone ci accompagnano, ci vediamo una volta al mese lungo l’arco di cinque anni e arriviamo a conoscerci a fondo. La definizione dell’incarico è precedente e il primo contatto che abbiamo avviene dopo il concorso. Spesso le cooperative d'abitazione non vogliono fare i concorsi, ma devono indirli se vogliono superare i limiti posti dai regolamenti, costruendo più densamente e sfruttando al meglio il terreno: allora bisogna garantire qualità architettonica e questa garanzia è possibile solo tramite una procedura di concorrenza. Questo aspetto spinge le cooperative a organizzare concorsi e questo è solo il primo passo; successivamente, le cooperative notano quanti vantaggi ottengono tramite la procedura del concorso.

(*) Philipp Esch è architetto con studio a Zurigo. L’edilizia residenziale non è solo il settore di attività più importante di Esch Sintzel Architekten (2008-23) e SERA - Studio Esch Rickenbacher Architektur (dal 2024), ma anche una vera e propria passione, perché è qui che l’interesse per gli ambienti abitativi privati si unisce all’interesse per lo spazio pubblico della città. Esch ha studiato all’ETH di Zurigo, è stato redattore di «werk, bauen+wohnen», ha insegnato alla Scuola universitaria professionale di Lucerna e alla ZHAW di Winterthur ed è attualmente docente ospite all’Accademia di architettura di Mendrisio.www.eschsintzel.ch

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