Il silenzio dei luoghi
Editoriale archi 05/2013
L'ispirazione è la percezione dell'inizio sulla soglia dove si incontrano il Silenzio, con il suo desiderio di essere, e la Luce, che suscita tutte le presenze. Louis Kahn, 1967
I luoghi dedicati ai defunti, e ai riti connessi al loro ricordo, sono sempre dotati di un’atmosfera speciale e diversa dagli altri luoghi pubblici della città, a prescindere dalla cultura religiosa o laica che li distingue e dalle diverse forme con le quali sono realizzati. Sono sempre luoghi «sacri», nel senso laicamente condiviso di luoghi nei quali alla ordinaria percezione della realtà si aggiungono altre categorie di attributi e sensazioni, che invitano alla riflessione, alla meditazione, al pensiero di sé.
Luoghi del silenzio, li abbiamo chiamati, perché il silenzio ci sembra lo stato più comunemente vissuto dal visitatore di questi luoghi, anche quando la sua visita non è specificamente motivata dal ricordo di un defunto.
Non vogliamo avanzare considerazioni filosofiche o fare ricorso a conoscenze disciplinari diverse da quelle proprie del nostro mestiere di costruttori, ma ci sembra che il silenzio stia diventando (o lo è sempre stato ) una necessità. La ricerca di pause silenziose nel ritmo veloce del nostro percorso è forse indispensabile, per realizzare quella distanza necessaria a conferire il peso appropriato alle scelte, a metterle in fila per priorità, a scartare direzioni di ricerca non utili, a capire da che parte guardare.
Talvolta visitare quei luoghi e percepire che il nostro tempo non è infinito, serve. Serve, appunto, a prendere le misure.
Alcuni di questi luoghi sono più silenziosi di altri. Come l’ampliamento del cimitero di Brissago di Raffaele Cavadini, con la sua intensità poetica. A Brissago la relazione del luogo con il grande paesaggio del lago, realizzata in forme elementari, arcaiche e laicissime, è totale. È un luogo ecumenico nel senso etimologico del termine, cioè riferito a tutti coloro che abitano la terra, e che sono capaci di emozionarsi per le medesime ragioni.
Nelle nostre regioni, i cimiteri un tempo erano luoghi sociali, al centro degli abitati, intorno alle chiese. Poi nel secolo XIX, quando con l’industrializzazione le città hanno cominciato a crescere e le comunità sono diventate meno coese, sono stati allontanati dai centri come insalubri e pericolosi, come gli ospedali, le carceri e i macelli, e come anche i luoghi della produzione. La morte è stata rimossa dalla cultura borghese. Oggi si assiste invece al recupero dei luoghi del silenzio nell’organizzazione della città. Cominciano a perdere i caratteri di enclave murate e, anche per l’influenza delle culture nordiche, i cimiteri diventano oggetto di progetti di paesaggio.
Progettare il silenzio è un tema importante. Più chiaramente degli architetti, sono stati i musicisti ad apprezzare il silenzio. John Cage con la sua opera 4’33’’ del 1952, composizione per qualsiasi strumento consistente nel non suonare lo strumento, ha innovato la cultura musicale del ’900, dimostrando che ogni luogo nel quale la composizione viene eseguita ha il suo silenzio, che il silenzio non esiste. Ha demolito i concetti tradizionali del suono mettendo in discussione i luoghi comuni della percezione e ci ha portato ad ascoltare la realtà per quella che è.
Pochi anni dopo, Louis Kahn supera le posizioni funzionaliste con il famoso interrogativo cosa vuol essere l’edificio? per cui i luoghi destinati alla trasformazione architettonica, quando sono ancora vuoti possiedono già un’essenza che precede il progetto e che il progetto ha il compito di svelare e tradurre in forma. Questa volontà di esistere, questo desiderio di essere insito nei luoghi vuoti è chiamato da Kahn Silenzio, e ha una dimensione presente, piena di attese, carica di tensioni.
Come in musica ogni luogo ha il suo silenzio, così in architettura ogni spazio vuoto ha una dimensione e un carattere diverso, e diventa possibile progettare per vuoti, e leggere la forma della città in un modo completamente nuovo. Così lo spazio pubblico assume un ruolo portante nella cultura progettuale e nelle trasformazioni territoriali.
Abbiamo bisogno di riconsiderare il silenzio, per realizzare il distacco dagli eventi quotidiani utile a capire quanto sta accadendo, per evitare di progettare nuovi suoni che si confondano nel rumore di fondo.