La città, cosa pubblica
Patrick Berger ricorda Luigi Snozzi
«Molti architetti che esercitano oggi sono impregnati del suo pensiero; prima di qualsiasi programma, in ogni sito vedono una sfida per l'orientamento della città». Patrick Berger, professore emerito all'EPFL, ricorda Luigi Snozzi.
Luigi Snozzi sposava l'idea che l'architettura andasse al di là del suo uso: il suo scopo sarebbe, anche, servire la città. Di questa dimensione amplificata ha fatto un valore e uno strumento per affrontare il caos, quello delle situazioni periurbane critiche, informi, disunite.
Era dunque un architetto impegnato, ma di un impegno in cui la dimensione politica non si esprimeva tanto nei discorsi, quanto sulla tavola da disegno.
«Ora si tratta, per gli architetti, di sporcarsi le mani».
Una dichiarazione semplice, grezza e generosa come la sua opera e la sua personalità; una direzione per il mestiere dell'architetto e la sua etica.
Era un grande, lasciava un segno nelle persone, molti studenti venivano da lui per seguire il suo insegnamento all'EPFL; in esso trovavano come fare un progetto ma anche come dargli un significato pubblico. Molti architetti che esercitano oggi sono impregnati del suo pensiero; prima di qualsiasi programma, in ogni sito vedono una sfida per l'orientamento della città – una sfida profonda: la Forma di un Bene comune.
Patrick Berger è professore emerito all'EPFL. Questo testo è apparso nella versione originale francese su espazium.ch/fr.
Le testimonianze in ricordo di Luigi Snozzi
- Un pensiero radicale – di Pietro Martinelli
- Luigi Snozzi: Don Chisciotte dell’architettura ticinese – di Pierre-Alain Croset
- «Ma soprattutto la luce…» – di Doris Wälchli