Ri­cor­dan­do Chri­sto

Il 31 maggio è morto a New York l'artista Christo Javachev, che con gli interventi territoriali progettati con la moglie Jeanne-Claude Denat de Guillebon aveva tracciato vie nuove per disegnare, percorrere, guardare, vivere il territorio. Lo ricordiamo ripubblicando uno scritto di Alberto Caruso sull'opera «The Floating Piers», realizzata sul Lago d'Iseo nel 2016.

Data di pubblicazione
04-06-2020


«L’idea è di camminare sull’acqua. Nel mio studio io non mi siedo, sto sempre in piedi. Non ho una sedia o uno sgabello. Non ho l’ascensore. Salgo a piedi una novantina di gradini quindici o venti volte al giorno» (Christo, 2015).

L’opera di Christo sul lago di Iseo è una grande lezione di architettura. Il fatto che sia un artista a impartire la lezione agli architetti è il segno della necessità urgente di riflettere sulla crisi di ruolo del nostro mestiere, dell’autorevolezza della cultura progettuale, della sua utilità sociale.

Il milione e mezzo di persone, di tutte le culture e provenenti da ogni parte del mondo, che ha visitato in breve tempo The Floating Piers diventando protagonista dell’opera – camminando a piedi nudi dalla riva a Monte Isola, e poi fino all’isolina di San Paolo – ha decretato il successo della «visione» progettuale di Christo, smentendo clamorosamente l’incomunicabilità che la critica più conservatrice attribuisce alle opere dell’arte contemporanea.

La «visione» è stata tradotta in opera attraverso una complessa e raffinata ingegnerizzazione e con la messa a punto di un meccanismo finanziario altrettanto puntuale. Christo si è fatto architetto, adottando gli strumenti del nostro mestiere per trasformare i concetti progettuali in realtà costruita, come gli architetti rinascimentali, che erano costruttori e pittori, matematici e contabili. Attraversare il lago a piedi collegando due paesi con un manufatto sensibile al moto ondoso – come il ponte galleggiante che i veneziani costruiscono per la festa del Redentore –, spingersi in mezzo al bacino conquistando punti di vista sul paesaggio inusitati, scoprire la relazione tra le piccole strade dei nuclei e la riva, invitati dall’estensione sulla terraferma del nuovo pavimento colorato, è stata una forte esperienza architettonica.


Brano tratto da Con­cor­si per il cam­bia­men­to – Le «visioni» nell'arte e nell'architettura, editoriale di «Archi» 4/2016.

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