Si­mo­ne Schoe­nen­ber­ger: «Build back bet­ter»

un fondamento del Gruppo tecnico costruzione del CSA

La serie di testimonianze che Archi porta all'attenzione dei professionisti del mondo della costruzione continua con il racconto di Simone Schoenenberger, titolare di uno studio nel Malcantone, membro ticinese del Gruppo tecnico costruzione del Corpo svizzero di aiuto umanitario.

Data di pubblicazione
01-11-2023

L'architetta Simone Schoenenberger ha lavorato per diversi anni nell’ambito dell’aiuto umanitario in paesi in via di sviluppo, ma da quando otto anni fa è nato suo figlio i suoi impegni familiari non le hanno più permesso di lavorare all’estero; ciononostante non le hanno impedito di mantenere vivi il suo interesse e l'attività stanziale nel gruppo tecnico costruzione del corpo svizzero di aiuto umanitario.

Membro attivo del corpo umanitario, Simone oggi svolge funzioni di supporto dalla Svizzera. Di recente si è messa di nuovo a disposizione per brevi missioni all’estero, della durata massima di alcune settimane, e non vede l’ora di partecipare nuovamente anche a quelle più impegnative che si sviluppano in periodi compresi tra un mese e un anno.

Simone Schoenenberger: Sono entrata a far parte di questo gruppo per dare un senso più ampio al mio lavoro e per poter così essere attiva in zone afflitte da conflitti armati o catastrofi naturali, là dove i bisogni sono più immediati. La volontà di inserirmi in attività di aiuto umanitario era presente già prima della scelta dell'indirizzo formativo, credo che se avessi scelto di studiare medicina invece che architettura avrei molto probabilmente seguito la stessa strada. Provo anche un grande interesse per terre e culture di altri paesi, specialmente se lontane e diverse dalle nostre. Sono nata in Algeria e la facilità e il piacere di muovermi in ambiti completamente diversi sono in me innate.

Sono il contesto di lavoro e i principi che lo animano a rinnovare il mio interesse per le attività svolte dal gruppo tecnico costruzione, oltre allo spirito di condivisione che sprona questo eccezionale insieme di gente affine per mestiere, sensibilità, interesse, collaborazione e comprensione.

I ruoli che posso svolgere sul campo sono diversi. C’è principalmente quello dell’architetto che pianifica la realizzazione di edifici o infrastrutture. Posso però anche avere la funzione di coordinatrice di programmi di costruzione o ricostruzione, oppure intervenire in progetti o programmi puntualmente, in una loro tappa di realizzazione (come ad esempio nella fase iniziale o di valutazione dei bisogni e della situazione), oppure successivamente nelle valutazioni in corso o a termine dell’opera. Mi occupo anche di backstopping, l'accompagnamento di progetti a distanza. In particolare, sono un’esperta per i cosiddetti programmi cash (CVA = Cash and Voucher Assistance), che consentono che le donazioni in denaro vengano versate direttamente al beneficiario per consentirgli di soddisfare i bisogni di base come cibo, alloggio, salute o altro. A seconda del programma, il denaro può essere concesso con o senza condizioni. Per i programmi di ricostruzione, in particolare per quelli di case individuali, i requisiti richiesti possono essere la qualità dei materiali impiegati e le tecniche di costruzione, i costi, le tempistiche e le dimensioni dell’edificio. Ciò richiede una precisa pre-analisi del mercato e delle tecnologie locali nonché degli istituti finanziari presenti sul posto, ma la valutazione prende in esame anche il contesto culturale e la struttura sociale e politica nel quale sono inserite le popolazioni beneficiarie. Per un tale programma è poi richiesto un sofisticato meccanismo di monitoraggio tecnico, finanziario e delle tempistiche di implementazione. Infine, è necessario il coordinamento con gli istituti finanziari, i politici locali, ma anche con gli stessi beneficiari, oltre che con i rappresentanti dei villaggi e le altre organizzazioni di aiuto umanitario presenti sul posto.

L’intervento più complesso e interessante al quale ho potuto partecipare è stato il programma di ricostruzione di interi villaggi dell’est e del nord dello Sri Lanka, dopo lo Tsunami del 2004 e dopo il termine del conflitto interno tra Singalesi e Tamil del 2009. Queste regioni erano state distrutte e devastate contemporaneamente o successivamente da entrambe le catastrofi.

Entro la fine del 2015 la DSC, in parte in collaborazione con altre ONG svizzere, ha contribuito alla ricostruzione di una sessantina di insediamenti.

In un primo momento ho diretto un ufficio composto da una trentina di collaboratori svizzeri e srilankesi, ingegneri, architetti, addetti alle finanze e alla logistica; sono poi diventata la responsabile dell’intero programma di ricostruzione della DSC nel Paese.

Insieme alla popolazione e agli enti locali, sono state ricostruite abitazioni e infrastrutture comunitarie: scuole, strade, ponti, pozzi d’acqua e in una prima fase anche ospedali. Gli edifici infrastrutturali (acquedotti, scuole, ecc.) sono stati ricostruiti tramite imprese di costruzione locali, mentre le case private con l’approccio CVA, dove ogni proprietario era responsabile dell’edificazione della propria casa. Il contributo che riceveva gli permetteva di incaricare piccole imprese di costruzione o artigiani, oppure di mettere mano loro stessi alla ricostruzione. Abbiamo collaborato con delle ONG che, sempre con programmi di approccio CVA, avevano lo scopo di ripristinare i mezzi di sostentamento delle singole famiglie.

Nel nostro lavoro ritengo che sia di massima importanza il principio del «do-no-harm», nel senso che un qualsiasi nostro intervento deve evitare di avere impatti negativi sul funzionamento sociale, culturale, ecologico, economico del sistema presente in loco.

Nel processo di ricostruzione, altre tematiche che mi stanno particolarmente a cuore sono l’utilizzo parsimonioso delle materie prime, di materiali ecologici e possibilmente locali, la costruzione di edifici di semplice manutenzione, buona qualità e dunque di lunga durata, la minimalizzazione della produzione di rifiuti e il corretto smaltimento di quelli esistenti, nonché la costruzione di edifici che tengano conto del riscaldamento climatico, includendo misure come la ventilazione e il raffrescamento naturale e l’ombreggiamento.

Infine, in qualsiasi contesto, il nostro mandato è sempre quello del «Build back better», ovvero del «ricostruire meglio». Per esempio un edificio crollato per via di un ciclone o di un terremoto, deve essere ricostruito in modo che le sue strutture resistano a nuovi analoghi eventi catastrofici.

Il Corpo svizzero di aiuto umanitario è il braccio operativo dell'aiuto umanitario della Svizzera. I suoi specialisti vengono inviati sul campo per realizzare progetti dei partner della Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) e dell'ONU prima, durante e dopo le crisi e i conflitti.

 

Il CSA è un corpo di milizia con un pool operativo di circa 550 persone. Le specialiste e gli specialisti sono suddivisi in 11 gruppi con competenze specifiche e attuano misure preventive sul campo o sostengono le popolazioni durante e dopo i conflitti o le calamità. L'architetto Martin Bölsterli dirige il Gruppo tecnico costruzione: insieme alla sua vice Alexandra Kappeler, scienziata ambientale, guida il team e fa da tramite tra la DSC e i membri del Corpo. Insieme ad altri esperti sono inoltre responsabili dell'organizzazione di corsi di aggiornamento e di scambi regolari su progetti e iniziative in corso, nonché con altri attori rilevanti del settore privato, accademico e umanitario.

 

Il Gruppo tecnico costruzione è composto da 50 specialiste e specialisti con un’esperienza professionale pluriennale negli ambiti dell'architettura, dell'ingegneria civile e della pianificazione del territorio in contesti umanitari internazionali.

 

Il Corpo è sempre alla ricerca di nuovi membri, se siete interessati a partecipare alle attività del gruppo scrivete a rekrutierungskh [at] eda.admin.ch (rekrutierungskh[at]eda[dot]admin[dot]ch).

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