Un’av­ven­tu­ra con Fa­bio Rei­n­hart

Data di pubblicazione
14-06-2023

Dovevo iniziare l’ultimo anno di studi al Politecnico di Zurigo quando sentii che arrivava Fabio Reinhart ad insegnare come Gastdozent e mi iscrissi subito al suo corso. Il giorno della presentazione del semestre l’aula era strapiena e si lottava per entrare, ma ce la feci! Ero al quarto anno di Poli, andavo bene ma non capivo mai veramente bene quale posizione rispetto alla storia dell’architettura avevano i professori dei quali frequentavo le lezioni. Avevo letto i libri che a quei tempi si dovevano leggere, ma non ne ero rimasto appassionato.

Quando cominciò il mio ultimo anno con Fabio Reinhart1 mi si è aperto un mondo. Capii finalmente che quello che mi interessava da sempre e mi piaceva della storia dell’architettura era una possibile fonte di ispirazione da poter interpretare nei progetti che ci venivano proposti. Proprio come aveva detto Reinhart fare un progetto con lui era una vera «avventura intellettuale».

Il giorno della prima critica del corso lo studente prima del mio turno, alla domanda di Fabio Reinhart quale fosse la sua idea di progetto, rispose che non lo sapeva, e Fabio senza esitazione replicò: passiamo al prossimo!

Fabio, per far capire a noi studenti che bisogna sempre avere in testa il progetto, ci raccontò questo aneddoto: Carlo Scarpa stava pensando come risolvere il problema di un dettaglio e non gli veniva la soluzione. Uscito dal suo studio di Venezia, mentre aspettava il vaporetto, si trovò tra le mani il biglietto di imbarco, lo guardò e, vedendo come l’aveva piegato, capì quale era la soluzione del dettaglio.

Quell’anno imparai davvero molto. Intanto però avevo finito i semestri e dovevo preparare il lavoro di diploma. Fabio mi chiese di partecipare a un concorso per la Biennale di Venezia ma mio padre non ne volle sapere. Non ne poteva più di mantenermi agli studi e così mi laureai. Poi andai poi a lavorare da Giorgio Grassi, grazie all’ aiuto di Luca Ortelli e di Fabio, e per la mia vita professionale questa scelta fu fondamentale.

Alcuni anni dopo feci un viaggio a Zurigo con Fabio che voleva propormi come suo assistente. Venne a prendermi con la sua Fiat 128 e quando salii in auto vidi che il sedile posteriore era carbonizzato. Mi raccontò che buttando fuori una sigaretta gli era rientrata dalla finestra posteriore e il sedile aveva preso fuoco.

Recentemente sono andato di nuovo in macchina con Fabio: guidavo io e il mio sedile posteriore è in buono stato visto che non fumo. Siamo andati insieme a vedere alcuni disegni del lascito dello studio di Fabio Reinhart e Bruno Reichlin depositati all’Archivio Architetti Ticinesi dove ci attendevano anche due giovani studiosi del GTA2 di Zurigo. Ho approfittato del viaggio per indagare sui suoi rapporti con Aldo Rossi: come lo abbia conosciuto e che tipo di «avventura intellettuale» fosse stato il loro incontro. Il racconto che mi ha fatto è stato appassionante, ripercorrendo un pezzo della storia dell’architettura razionalista italiana e la cucitura che lui stesso e Bruno Reichlin hanno saputo fare tra Zurigo e Milano (non da ultimo favorendo il breve ma intenso passaggio di Aldo Rossi al Politecnico di Zurigo fra il 1972 e il 1975). Tutto ciò ha dato vita ad una corrente architettonica ancora ben presente nella città della Limmat, dove l’architettura degli ultimi 30 anni è stata senza dubbio influenzata anche dall’attività didattica di Reinhart al Politecnico. Ci sarebbe da indagare sull’eredità del suo insegnamento su quella cultura architettonica attuale che programmaticamente vuole distanziarsi dall’architettura «astratta» per un certo «romanticismo riflessivo» come nella interessante cooperativa di abitazione Vogelsang di Winterthur3, per non fare che un esempio fra i tanti. Un capitolo di storia dell’architettura contemporanea svizzera ancor da studiare.

A Bellinzona abbiamo guardato insieme ai ricercatori del GTA i bellissimi disegni di alcuni progetti visionari e pieni di poesia come l’Autori(t)ratto Architettonico, i disegni per la ristrutturazione di un isolato alla Koch-Fridrichstrasse a Berlino o il progetto per le case a schiera di villa Argentina a Mendrisio.

Quest’anno Fabio Reinhart ha iniziato la catalogazione di tutti i progetti, che erano sparsi in diversi luoghi, salvati dalle fiamme e dall’acqua dei pompieri e ora infine riuniti. Spero proprio che altri giovani architetti o ricercatori possano in futuro poterli consultare e percepire le «avventure intellettuali» che vi stanno all’origine, come è stato per me.

Note

 

1  Gli assistenti erano Luca Ortelli, Franco Pessina, Miroslav Šik e Santiago Calatrava per la parte strutturale.

 

2  Institut für Geschichte und Theorie der Architektur, ETHZ.

 

3  Arch. Knapkiewicz & Fickert, 2014.