Restituire lo spazio pubblico dimenticato alla collettività
Tra architettura, paesaggio, arte pubblica e autocostruzione, il collettivo di architetti romano Orizzontale opera da anni in tutta Europa con un approccio all'urbanistica che aspira a superare il modello dell'architetto demiurgo, lavorando sugli spazi pubblici residuali con progetti elaborati collettivamente insieme ai cittadini.
Restituire lo spazio pubblico dimenticato alla collettività, conferendogli un nuovo significato. Da dieci anni questo è l’obiettivo di Orizzontale, collettivo di architetti con base a Roma, il cui lavoro attraversa architettura, paesaggio, arte pubblica e autocostruzione. Molti loro progetti, distribuititi tra Italia, Spagna, Germania, Austria, Grecia, Ucraina, Portogallo e Olanda, sono stati terreno di sperimentazione per nuove forme di interazione tra gli abitanti e i beni comuni urbani e al tempo stesso occasione per mettere alla prova i limiti del processo di creazione architettonica.
A partire dal 2010, quando nello storico quartiere della periferia romana di Pigneto il collettivo romano decideva di organizzare un evento per condividere una nuova visione dello spazio pubblico, coinvolgendo la cittadinanza in una piccola manifestazione di sensibilizzazione e di scambio, Orizzontale si è focalizzato sulla riattivazione di spazi pubblici residuali, lavorando sui vuoti della città, sui beni collettivamente dimenticati con la convinzione che anche uno spazio ben progettato, se manchevole di azioni che ne stratifichino gli usi e i significati, rimarrà uno spazio vuoto.
Progetti scritti collettivamente da inedite reti di cittadini attivi in cui l’architetto diventa non più un demiurgo, che accentra la gestione dell’intero processo, ma una figura maieutica che sollecita, domanda, riscopre ciò che è sopito instaurando un dialogo sincero con gli abitanti dei luoghi, per comprenderne realmente i bisogni attraverso sinergie nuove e processi partecipati.
La maggior parte dei loro progetti si è concentrata sulla trasformazione, attraverso lo strumento del cantiere di autocostruzione, di spazi residuali pubblici di prossimità, a richiamare la necessità e l’urgenza di dotare la città, in particolare le aree più marginali, di luoghi significativi e di qualità che siano accessibili e usabili. Esperienze orientate ad attivare spazi autogestiti di promozione di pratiche di innovazione e coesione sociale come dispositivi di rigenerazione urbana delle periferie. La loro attività si esplica attraverso laboratori urbani per stimolare l’immaginazione, fornire alle persone gli strumenti per immaginare, creare nuovi legami e aumentare il senso di appartenenza negli abitanti rispetto al luogo che abitano.
In quest’ultimo anno Orizzontale ha portato a termine due progetti che partono dal riconoscere luoghi «scartati», tanto nella loro fisicità quanto nel loro significato per gli abitanti che li vivono. Lavorando con lo scarto spaziale, cioè con tutte quelle parti non pensate della città che permettono usi spontanei e indefiniti; con lo scarto materiale: il rifiuto vero e proprio che può trovare nuovi usi; e poi con lo scarto dell’immaginario: in certi luoghi si è quasi assuefatti all’idea che le cose non possano cambiare e non si è più in grado di immaginare possibili trasformazioni.
Civico Civico a Riesi (Caltanissetta), 2020: da luogo opaco a spazio trasparente
Riesi è una piccola città nel cuore della Sicilia, in provincia di Caltanissetta, una zona complessa e piena di contraddizioni, un tempo importante zolfara, oggi agli onori della cronaca come paese italiano con il più alto tasso di emigrazione.
Qui, negli anni Sessanta, il pastore valdese Tullio Vinay affida a Leonardo Ricci il progetto per l’insediamento del Centro ecumenico valdese «Servizio Cristiano». Ricci immagina un villaggio vero e proprio, un luogo di supporto educativo, culturale e sociale che diventa fin da subito una roccaforte civica, in un territorio dominato dalla mafia.
Nel 2018 il Servizio Cristiano vince il bando per la gestione di uno dei beni confiscati alla mafia. Un edificio di tre piani frutto della speculazione edilizia che si affaccia su tre delle tante stradine che formano il tessuto periferico della città. Ad agosto 2020 attiva il Laboratorio umano di rigenerazione territoriale (Lurt) in collaborazione con l’associazione culturale plug_in, aperto a 21 partecipanti (19 studenti e 2 professionisti) under 40, selezionati tramite una call internazionale.
Civico Civico è il nome dello spazio rinnovato, in coerenza con il dialetto siciliano che raddoppia avverbi e aggettivi per rafforzare un concetto. Il primo intervento interessa il piano terra dell’edificio, con il duplice obiettivo di aprirlo a un uso pubblico, in connessione visiva e fisica con la strada, e di creare al suo interno spazi flessibili per diversi tipi di attività. Oggi Civico Civico è uno spazio aperto tutti i giorni per i bambini e i ragazzi di Riesi, un luogo in cui l’apprendimento attivo, l’abitudine al confronto e il senso di appartenenza a una comunità diventano strumenti di contrasto alla dispersione scolastica, alle diseguaglianze economiche e sociali, perfino alla pandemia.
Secondo il principio dell’autocostruzione, sono stati progettati e realizzati sul posto arredi flessibili e modulari, il pavimento in legno del vecchio garage e il portale, trasformando la strada in una falegnameria all’aperto. La vecchia finestra è diventata la nuova porta, trasparente, di accesso; all’interno, permangono nel pavimento e nel soffitto le tracce dei tramezzi abbattuti. Fuori l’asfalto è dipinto di blu come il fronte corrispondente dell’edificio, specchio del cielo. In accordo con il Comune di Riesi, la via è pedonalizzata e trasformata in un grande spazio di gioco a cielo aperto dove linee bianche curve e rette compongono giochi di strada e suggeriscono usi possibili.
Il progetto è solo l’inizio di un processo di rigenerazione urbana che punta a incoraggiare i giovani di Riesi a vivere il proprio paese. La trasformazione non si esaurisce con il recupero fisico dell’immobile, ma è lo strumento per un obiettivo più ampio: la riappropriazione di uno spazio che diventa collettivo e creativo. La seconda fase, più articolata, prevede infatti l’adozione da parte dei giovani delle case sfitte e abbandonate, per recuperarle e casa dopo casa rigenerare il tessuto urbano riesino.
Il progetto/cantiere Civico Civico, coordinato da Orizzontale con Flora La Sita, ha appena ricevuto la Menzione d’onore del Premio Italiano di Architettura promosso dalla Triennale di Milano e da MAXXI con il sostegno del Ministero della Cultura.
Prossima Apertura, Aprilia (Latina), 2021: un vuoto da colmare
Prossima Apertura è invece un progetto di trasformazione e rigenerazione urbana per il quartiere Toscanini ad Aprilia, in provincia di Latina. Un tipico quartiere di case economiche e popolari costruito come tanti negli anni Ottanta nella più generica periferia italiana ma lasciato orfano della piazza che per anni è rimasta una voragine, la cosiddetta «buca Toscanini». Un vuoto non solo fisico, ma anche emotivo e sociale: è il risentimento collettivo per la promessa non mantenuta di servizi pubblici progettati e mai realizzati.
Il progetto promosso da Orizzontale è il solo giunto alla fase attuativa di un concorso bandito nel 2016 dal Ministero della Cultura e dall’Ordine Nazionale degli Architetti nell’ambito delle iniziative del Padiglione Italia alla Biennale di Venezia, allora curato da Tamassociati, inteso a riqualificare dieci aree periferiche italiane, il cui denominatore comune era l’essere spazi ai margini, non-finiti, o abbandonati. La proposta di Orizzontale inaugura un nuovo modello di rigenerazione urbana che integra architettura, ricerca psicosociale, arte e comunicazione per realizzare oltre la riqualificazione fisica dei luoghi la costruzione di un senso collettivo dello spazio pubblico.
L’artista Rub Kandy attiva un workshop di arte urbana dipingendo le pareti dei ballatoi delle case popolari, attorno alla piazza in costruzione. Alessandro Imbriaco, fotografo, intercetta gli abitanti, e ne racconta le storie. Gli psicologi sociali di Noeo innescano momenti di dialogo con i residenti e si concentrano sulla mappatura dei loro bisogni e delle loro relazioni con lo spazio architettonico. Orizzontale organizza invece incontri di autocostruzione di elementi di arredo urbano nella piazza e favorisce momenti di socialità tra i partecipanti.
La progettazione diviene azione complessa che, oltre ad agire in termini di miglioramento della qualità dello spazio urbano, stimola il riuso e la rifunzionalizzazione delle aree pubbliche, agendo anche in termini di sviluppo della comunità che di quegli spazi sarà interprete e fruitrice.
Al progetto architettonico è affidato il compito di dare forma a un luogo che possa ospitare e promuovere tale processo.
Le scelte progettuali si orientano inizialmente intorno a due aspetti fondamentali: rendere l’area accessibile, colmando la distanza iniziale e creando al suo posto un luogo di relazioni, aperto e inclusivo; lasciare libero spazio per usi ed esperimenti collettivi, che favoriscano l’appropriazione da parte degli abitanti. La nuova piazza si articola su tre livelli.
Alla quota della circolazione urbana e del parco antistante, la piazza alta ospita il ring, una struttura in ferro a maglia regolare pensata per l’incontro tra più generazioni. Qui, trovano spazio, in compresenza, il gioco e lo sport, momenti di svago e momenti di riposo. Un richiamo ai playground di Aldo van Eyck, che, sorti a colmare i vuoti lasciati da un’esperienza drammatica, hanno inaugurato un nuovo modo di concepire il gioco dei bambini, la strada, la città.
La quota intermedia svolge principalmente la funzione di connessione: scale, gradonate e scivoli che conducono alla parte inferiore dell’area. La piazza bassa è invece un’area libera immaginata per accogliere eventi e attività collettive. Al centro, una sinuosa seduta a nastro delimita un’area verde, l’oasi. Superata la piazza, l’intervento architettonico si estende al Parco Europa, un’area verde di 35'000 m2 dove uno spazio sottoutilizzato diventa aula aperta e vivaio collettivo.
Nel testo Tactical Urbanism. Short-term Action for Long-term Change (Island Press, Washington/Covelo/London 2015) Mike Lydon e Anthony Garcia introducono all’approccio dell’Urbanismo tattico a partire da un insieme di interessanti, talvolta controintuitive considerazioni in merito alla necessità di riconoscere la disfunzionalità delle norme, delle procedure e degli strumenti convenzionali della pianificazione urbana; la limitatezza della tradizionale cassetta degli attrezzi dell’urbanista; l’inadeguatezza, l’inefficienza e l’insostenibilità degli scenari di trasformazione a lungo termine dei piani come unici strumenti e fattori di sviluppo della città. Sostengono con forza l’opportunità di riconoscere il ruolo imprescindibile dei micro-progetti a basso costo e a breve termine come strumenti per garantire e promuovere la qualità, l’accessibilità e l’usabilità della città quotidiana e di prossimità: la città che gli abitanti conoscono, praticano, curano e rivendicano.
Ma quali sono i rischi legati a un improvviso e massiccio ricorso a soluzioni temporanee nella pianificazione dei luoghi cittadini? Quale può essere l’impatto sul medio e lungo periodo? La pianificazione territoriale tradizionale e la sua staticità sono modelli ancora sostenibili?
Orizzontale ha approfittato del periodo di lockdown per ragionare su questi aspetti e lanciare un progetto editoriale – «Vuoto» – di approfondimento sull’architettura e l’urbanistica, con la parte grafica affidata ai giovani milanesi di Atto, un contenitore multiforme, uno spazio pubblico transmediale, con il quale condurre un dibattito sulla città.
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