La Ri­va di Flo­ra

Publikationsdatum
09-08-2022
Nicola Navone
Vicedirettore dell’Archivio del Moderno e docente all’Accademia di architettura di Mendrisio, Università della Svizzera italiana

Nell’occasione del decimo anniversario della morte di Flora Ruchat-Roncati (1937-2012) abbiamo voluto cogliere l’invito di Archi a dedicarle un numero monografico, incentrandolo sulle opere e i progetti per Riva San Vitale, il villaggio sulle sponde del Ceresio che Flora elesse, dalla fine degli anni Sessanta, a sua dimora, dando vita a quel mirabile microcosmo che è la Corte dell’Inglese, uno dei luoghi (con Roma, Zurigo e infine la Carnia) attorno a cui s’annoda il filo della sua vita.

Per fare questo, considerando lo spazio pur generoso che ci era concesso, non abbiamo voluto stabilire un inventario dei numerosi progetti di Flora Ruchat-Roncati per Riva (non di rado rimasti sulla carta, o talora soltanto abbozzati, secondo le occasioni che man mano si presentavano e occorreva cogliere, anche repentinamente), bensì mettere in luce alcuni momenti che qualificano la sua riflessione progettuale: taluni certamente conosciuti, ma qui indagati da prospettive e soprattutto sulla scorta di documenti inediti, talaltri meno noti o anche solo sfiorati dalla ricerca storiografica. È il caso, ad esempio, del lavoro compiuto, tra il 1986 e il 1995, per il Piano di Protezione del Nucleo di Riva San Vitale, da cui gemmano, come le marze innestate da una mano esperta sul corpo vivo del Piano, numerosi progetti (un lavoro qui indagato, attraverso una prima ma illuminante ricognizione, da Serena Maffioletti).

Alla domanda su quali dovessero essere «i compiti e le responsabilità dell’architetto oggi», Flora Ruchat-Roncati, proprio nel 1995, rispondeva invocando la necessità di «ritrovare il rispetto per il luogo, che vuol dire sì anche rinnovarlo e reinterpretarlo, ma senza urla e clamori imitando della storia non il linguaggio, ma l’adeguatezza e l’ordine».1 Un ordine conseguito attraverso pochi gesti misurati, orientati a dare forma e sostanza agli spazi aperti, e allo spazio pubblico in particolare, perché è appunto attorno al «rapporto con il luogo» (l’elemento «egemone in ogni intervento nello spazio»)2 che si incardina la sua architettura, a maggior ragione nel breve giro di case e di campi (che nei primi anni Sessanta già principiavano a essere erosi da una diffusa e disordinata urbanizzazione) entro cui si risolve il territorio di Riva San Vitale. Un territorio percorso palmo a palmo, quasi introiettato per generare quella «sorta di empatia, di compenetrazione viscerale» che dovrebbe stabilirsi tra l’edificio e il luogo in cui sorge, ma secondo «un rapporto dialettico più che simbiotico»3 e che nei progetti qui presentati s’incarna soprattutto nello spazio della casa, ossia lo spazio dell’abitare, ma anche lo spazio della pedagogia, se pensiamo (in chiave montessoriana) alla «Casa dei bambini» o alle riflessioni di Heinrich Pestalozzi sul rapporto tra casa e scuola.

Abbiamo scelto di accostarci all’opera di Flora Ruchat-Roncati a Riva San Vitale secondo una polifonia di approcci e registri, affiancando contributi dal taglio storico-critico (come quelli dedicati alla Corte dell’Inglese o al Centro scolastico) ad altri (come quelli che indagano lo spazio, fisico e mentale, della biblioteca di Flora o lo Stöckli) che coniugano approccio analitico e istanza testimoniale, la quale diventa infine prevalente nelle parole di Ivo Trümpy e nel testo di Anna Ruchat.

Se ogni opera di architettura è frutto di un lavoro collettivo, e se l’architettura di Flora Ruchat-Roncati è spesso un dialogo a più voci in cui è difficile separare gli apporti degli uni e degli altri (come se si volesse dissezionare un corpo vivo e palpitante), anche questo numero è tale e molte sono le persone con cui i curatori hanno contratto un debito di riconoscenza: a cominciare dalle autrici e dagli autori, certo, ma anche i fotografi che hanno offerto il loro fondamentale apporto (in particolare Marco Introini, le cui limpide immagini in bianco e nero, scattate per l’occasione, scandiscono queste pagine) e tutti coloro i quali, attraverso il proprio lavoro, o anche soltanto un pensiero, un consiglio, una sollecitudine, hanno reso possibile questo omaggio a Flora Ruchat-Roncati.

Note

 

1 Cinque domande a Flora Ruchat-Roncati, «Rivista tecnica», 1995, 4, pp. 23-24.

 

2 Flora Ruchat-Roncati, La capanna d’Adamo è in Paradiso, e quella di Eva?, «Controspazio», 1996, n. 6, pp. 36-37.

 

3 Ibidem.

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