«Future of Construction 2024» 3/4 Defining materials: ripensare alla costruzione per un futuro sostenibile
La seconda giornata di «Future of Construction» ha indagato le strategie per rendere sostenibile il ciclo costruzione-demolizione, dal riuso dei materiali alla progettazione computazionale. Progetti innovativi, come quelli di Boltshauser e Equipo de Architectura, hanno mostrato le potenzialità di un futuro circolare.
La seconda giornata di Future of Construction, il simposio ideato dall’ETHZ e giunto alla sua terza edizione intitolata Make the Past Productive, si è focalizzato, negli spazi del Teatro dell’Architettura di Mendrisio, in una serie di interventi volti ad un ripensamento attivo del rovinoso ciclo di costruzione e demolizione edilizia, diffuso sia nei centri coinvolti nei gravi conflitti bellici, che le città del territorio europeo, arrivando alla scala locale. Per fronteggiare la questione i relatori, provenienti da molte aree d’oltreoceano, hanno illustrato esperienze progettuali e strategie di design computazionale capaci di fronteggiare tali sfide.
Per il keynote di apertura è stato invitato l’arch. Roger Boltshauser, il quale ha dimostrato, attraverso i suoi progetti, le potenzialità di una costruzione dove la componente cementina viene sperimentalmente sostituita dalla terra. L’ambizione di Boltshauser e del suo team è quella di un impiego circolare dei materiali all’interno del processo costruttivo, ridefinendo gli equilibri tra uso e scarto. «Dobbiamo iniziare a pensare a come costruire in modo diverso, come architetti siamo in grado di trovare nuove risposte alle domande di oggi. Nel mio caso la ricerca tra i materiali mi ha portato a diversi risultati in senso architettonico».
Il progetto Earth House Rauch, sviluppato tra il 2004 e il 2008 nel villaggio di Schlins, ha esemplificato l’applicazione di circolarità progettuale; in esso, la terra estratta durante gli scavi è stata adoperata direttamente come materiale da costruzione, permettendo inoltre un buon efficientamento energetico e termico: «Le energie disperse per la costruzione dovrebbero essere qualcosa su cui poniamo sempre più attenzione, sia che ristrutturiamo sia che costruiamo da zero». Il progetto Pisé – Tradition et Potential, declina invece il tema della terra nell’ambito della ricerca accademica, in una collaborazione con l’EPFL. Dopo un rilevamento capillare delle edificazioni svizzere degli scorsi secoli nelle quali è stato fatto uso della terra battuta, l’obbiettivo è stato quello di realizzare dei mockup 1:1 che hanno permesso di analizzare i punti di forza e di fragilità del materiale in relazione alle differenti condizioni climatiche, ottimizzandone così le proprietà chimiche e le sue prestazioni strutturali. La sperimentazione è stata poi esportata nei progetti più recenti di Boltshauser Architekten, come la Kiln Tower, il nuovo spazio espositivo del Brickworks Museum, sviluppato con moduli in terra prefabbricati combinati ad un sistema di elementi di precompressione in acciaio, o nella Steel House a Rapperswill, risultato della performante sinergia estetica e strutturale tra acciaio di riuso e la terra cruda. L’esperienza di Boltshauser costituisce una finestra di possibilità nella quale i limiti del materiale e del nostro presente costituiscono il trampolino di lancio per una sperimentazione volta al raggiungimento di obbiettivi comuni.
Il medesimo approccio è stato condiviso ed espresso nel secondo talk della sessione, dell’arch. Viviana Pozzoli, per lo studio paraguaiano Equipo de Architectura. Le aspre condizioni climatiche e la progressiva diminuzione dei materiali da costruzione hanno portato il team alla costruzione in terra, a partire da Earth box, il pluripremiato progetto in cui la ricerca della luce, la ventilazione naturale e la salda relazione con l’esistente caratterizzano il gesto architettonico netto del progetto, oggi sede operativa dello studio. Allo stesso modo nel Child Care Center, ad Asuncion, l’impianto organizzato attorno ad un patio centrale e sostenuto da mura in terra battuta dà vita ad uno spazio protetto, confortevole e permeato dall’elemento naturale.
Le conseguenze del cambiamento climatico nel territorio statunitense hanno invece portato Tsz Yan Ng (University of Michigan), ospite del secondo talk della sessione, allo sviluppo di Hygrosocpic Envelope, un sistema di facciate in ceramica realizzato attraverso stampa 3D che permette la conservazione dell’acqua piovana e un suo graduale rilascio, permettendo una più efficace reazione alle alluvioni. L’incontro tra la robotica e il design architettonico costituisce poi il focus della ricerca del prof. Fabio Gramazio (ETHZ), un percorso sperimentale di progettazione, sviluppo e assemblaggio di materiale laterizio nella fase antecedente alla cottura, nella quale esso è ancora malleabile: «Iniziamo da un’idea poco plausibile che ci permette di fare una ricerca, senza un cliente. Ad esempio, cosa succede se lanciamo il materiale da certa una distanza?». La natura empirica del metodo di Gramazio ha portato, attraverso fasi sperimentali, allo sviluppo di un braccio robotico in grado di erigere componenti costruttive performanti velocemente e, soprattutto, senza sprechi.
L’applicazione delle nuove tecnologie ai materiali e una rilettura del ciclo di produzione e scarto hanno costituito il focus degli industry insights, aperti con l’esperienza di Claudia Eugenin Soto, per T2CM, la quale ha illustrato come, nella situazione critica nella quale verte il Cile, maggior produttore di rame ormai sommerso da materiale di scarto, sia possibile ottenere da questo nuove componenti adatte alla costruzione per infrastrutture sostenibili, geopolimeri, materiali cementizi supplementari. «I rifiuti di oggi possono essere le fondamenta di domani. Sta a noi trasformare ciò che buttiamo via in opportunità per costruire un futuro più sostenibile».
Il potenziale della progettazione computazionale applicato a quella architettonica è stato invece evidenziato dal contributo di Anton Savov, per Design++, l’iniziativa di ricerca di ETH+ che si pone come una piattaforma di sviluppo di strumenti digitali in grado di migliorare le prestazioni delle metodologie costruttive, integrare il design creativo alla progettazione computazionale, con un occhio di riguardo al loro impatto ecologico.
La sessione si è conclusa con l’intervento di Birgitta Schock, che ha presentato al pubblico Forum Zukunft Bauen, un progetto di condivisione e dialogo aperto con i professionisti del settore promosso congiuntamente da SIA, che conta ad oggi più di 16.000 membri, e da Espazium, coniugando all’organo operativo una piattaforma di comunicazione di settore. In un approccio proattivo e collettivo, il forum ambisce alla creazione di momenti di scambio e dibattito nei quali sia possibile condividere questioni ed elaborare soluzioni guardando con una prospettiva dinamica alle potenzialità insite nelle sfide del nostro presente: «Il futuro non è una quantità fissa, ma un processo dinamico che è modellato dalla percezione e dall'azione umana».
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