«Fu­tu­re of Con­struc­tion 2024» 1/4 Ac­ti­va­ting buil­ding cul­tu­res

Il simposio nato tra i laboratori dell’ETHZ, ha raggiunto la sua terza edizione presso l’Accademia di architettura di Mendrisio, indagando le potenzialità della costruzione sostenibile. I temi affrontati durante l’evento, intitolato «Making the Past Productive», verranno raccolti in un resoconto di quattro report.

Data di pubblicazione
21-11-2024

Gli spazi del Teatro dell’Architettura di Mendrisio hanno accolto Future of Construction, il simposio nato nel 2022 dall’iniziativa dei ricercatori post-doc dei dipartimenti di architettura, ingegneria civile e meccanica dell’ETHZ di Zurigo, con l’obbiettivo di definire un appuntamento annuale di dibattito e confronto che estenda il concetto di sostenibilità dalla ricerca alle aziende. Nella sua terza edizione, svoltasi tra il 5 e il 7 novembre, Future of Construction ha visto la collaborazione attiva tra USI ed ETHZ, grazie alle sue organizzatrici Prof. Dr. Ena Lloret Fritschi (USI) e Prof. Dr. Silke Langenberg (ETHZ), in collaborazione con le rispettive istituzioni accademiche.
Il titolo dell’edizione 2024, Making the Past Productive, nasce dalla ricerca del dipartimento di architettura del Politecnico di Zurigo Construction Heritage and Preservation, che ha l’obbiettivo di «promuovere la cooperazione interdisciplinare tra differenti ambiti solitamente separati», come ha affermato nel discorso introduttivo la prof. Dr. Silke Langenberg, enfatizzando la necessità di una conoscenza plurale e diversificata per rispondere in modo non solo adeguato, ma anche innovativo alle sfide della costruzione e del riuso. Make the Past Productive, tenutosi nel campus dell’Accademia di architettura di Mendrisio in un ricco programma di workshop e talk, intende così evidenziare l’ambizione di far intersecare la tradizione del passato con le necessità del presente, ampliando così le potenzialità del futuro. «Looking Back and Moving Forward.»

In un approccio olistico al tema, gli interventi di ricercatori, architetti, ingegneri, stakeholders e aziende hanno costruito un palinsesto diversificato di prospettive ed esperienze condivise. La prima sessione, Activating building cultures, è stata inaugurata dal keynote di Stuart Smith, direttore di Arup e membro di Holcim Foundation for Sustainable Construction dal 2018. Da una riflessione concreta sulle limitate risorse a noi accessibili in relazione ai crescenti bisogni dati dall’inevitabile aumento demografico dei prossimi anni, Smith ha illustrato alcune possibili soluzioni in campo edilizio. 
Dinnanzi ad una prospettiva in cui «metà degli edifici che ci saranno nel 2050 non sono ancora stati costruiti», l’atteggiamento di Holcim, sponsor principale dell’evento, è proattivo e chiaro: una grande potenzialità di crescita risiede, ad esempio, nella costruzione modulare, un approccio che permetterebbe una più specifica selezione del materiale edilizio con un progetto conseguentemente più sostenibile, sia in termini di costi che di smaltimento, ma purtroppo non ancora sufficientemente competitiva per i contractors.
Analogamente alla costruzione modulare si affaccia il concetto del product as a service, ossia l’idea di un servizio all’interno del quale tutte le componenti materiche e strutturali siano già definite, permettendo al progettista di fornire soluzioni specifiche e flessibili alle esigenze della committenza. 
Un’ulteriore soluzione presentata è stata l’ottimizzazione dell’edificio, una larga riprogettazione sull’esistente che permetta di migliorare la sua efficienza spaziale minimizzandone il footprint ed evitando così un intervento più radicale in situ. 
Il riuso dell’edificio, come nell’esempio della Quay Quarter Tower a Sydney, costituisce il metodo più efficace per ridurre le emissioni e dare continuità alla trama urbana e sociale, ampliando nel contempo le potenzialità dell’esistente: in questo ambito, ad una maggiore conoscenza delle prestazioni e delle informazioni relative alle specifiche dell’edificio, corrisponde un conseguente intervento più puntuale ed efficace. La rotta verso un’edilizia sostenibile e circolare è possibile, ma occorre un gesto condiviso, collettivo e rapido, secondo Smith: «Dobbiamo avere speranza. Abbiamo bisogno di condividere queste idee, ho speranza ma ci occorre una massiva accelerazione di questi processi».


Nella seconda parte della sessione, moderata da Konrad Graser (ZHAW) e Valens Frangez (Halter), l’intervento della prof. Dr. Jacqueline Pauli, per il dipartimento di architettura dell’ETHZ, ha presentato il graduale percorso dalla condizione attuale - «Where are we? What’s the status quo?» -  verso una dimensione più sostenibile, in cui sia possibile e facile adottare le specificità dei singoli materiali come punto di partenza per un nuovo approccio all’architettura. Se fino a cinque anni fa il calcestruzzo costituiva il materiale base per ogni tipo di costruzione, il transito verso un’economia circolare della stessa amplia lo spettro di tools a disposizione, premettendo così una costruzione che integri materiali diversificati quali il legname, la terra cruda, la pietra o ancora il bambù. L’impiego di diversi materiali corrisponde una flessibilità progettuale che consente edifici a emissioni ridotte e una buona possibilità di un loro riuso.
Matthias Brenner, dottorando in High-tech heritage all’ETHZ, ha poi illustrato il metodo WAAM, Wire Arc Additive Manufacturing, applicato al restauro conservativo delle facciate di edifici del secolo scorso: «WAAM è un metodo che permette di costruire varie componenti costruttive, riducendo gli sprechi di costruzione. È possibile ottenere buoni risultati e oggetti durevoli nel tempo». Attraverso un’analisi non invasiva delle componenti della facciata, è possibile riprodurre i giunti metallici con una programmazione robotica, in un processo sperimentale sviluppato nei laboratori dell’ETHZ.

Il dibattito è poi passato dall’ambito accademico a quello industriale, con gli insight di BETONSUISSE, Re-Win e Quadra Ligna. La presentazione del Concrete Award 2025, di Patrick Suppiger, incentiva la progettazione innovativa e sostenibile attraverso il materiale cementizio, mentre la prospettiva di Quadra Ligna, presentata da Jochen Ganz, ha evidenziato le potenzialità di una robotizzazione delle tecniche conservative delle facciate soggette a protezione storica, mettendo in luce ancora una volta come il passato possa abbracciare il futuro in modo armonioso e sinergico. 
L'associazione Re-Win, rappresentata dall’arch. Martina Bischof, ambisce invece a farsi medium per un recupero e rimessa in circolo dei serramenti usati ma ben conservati in Svizzera, per indirizzarli alla ricostruzione delle case della popolazione ucraina. Occupandosi in prima linea di raccolta, catalogazione e ridistribuzione degli oggetti nel territorio, Re-Win costituisce un esempio di sostenibilità pratica e aiuto concreto, rivalutando il materiale di spreco. 
Activating building cultures si è chiusa aprendo al pubblico un dibattito sulle modalità di messa in atto delle dinamiche proposte, indirizzando il discorso sulle potenzialità della componente digitale e robotica nell’ambito della costruzione.

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