«Future of Construction 2024» 2/4 Digitizing process: dall’algoritmo al cantiere
La sessione Digitizing process di «Future of Construction 2024» ha esplorato le frontiere del digitale nell’architettura: dalla sostenibilità dei materiali al design robotico, sino a una riflessione filosofica sull’intelligenza artificiale.
Moderata da Birgitta Schock (SIA) e David Jenny (ZHAW), la seconda sessione di «Future of Construction», dal titolo «Digitizing process», ha accompagnato il pubblico alla scoperta delle esperienze di intersezione tra le modalità costruttive e la ricerca in campo digitale. Gli interventi dei ricercatori delle istituzioni protagoniste, ETHZ e USI, si sono infatti alternati evidenziando fragilità e potenzialità delle loro sperimentazioni una volta applicate nel settore. A chiudere la giornata, il magistrale keynote del prof. Mario Carpo ha fatto invece luce sulla natura dell’intelligenza artificiale, rileggendo il nostro presente in una prospettiva filosofica ed etica.
In apertura alla sessione, l’intervento del prof. Robert Flatt ha introdotto le potenzialità della ricerca digitale nella rotta verso una costruzione più sostenibile. Caratterizzato da un utilizzo massivo, dovuto al suo costo ridotto e alla facile reperibilità, il calcestruzzo presenta ancora componenti che, sebbene presenti in una piccola percentuale, gravano pesantemente sulla sua impronta ecologica. L’obbiettivo della ricerca consiste quindi nel ridurre le componenti più impattanti del materiale cementizio, sostituendole con elementi più sostenibili, con prestazioni modulate tramite strumenti digitali per sopperire alle necessità statiche della costruzione. Il software permette così una progettazione mirata all’efficienza architettonica, riducendo consumi ed emissioni, come nell’emblematico caso del Eggeshell Pavillion, esposto al Vitra Design Museum. «L'aspirazione della fabbricazione digitale è quella di utilizzare meno materiale e meno manodopera. Il padiglione Vitra illustra la possibilità di creare qualcosa su richiesta, in modo semplice».
Il discorso è proseguito con l’intervento di Ana Anton, (ETHZ) incentrato sull’esperienza di Tor Alva, che con un’altezza di 30 m costituisce la più alta struttura stampata in 3D al mondo. Iniziato nel 2021, il progetto ha portato allo sviluppo di tecnologie in grado di garantire la performatività strutturale delle componenti e una strategia di assemblaggio in situ adatta ad un potenziale riuso. Tor Alva dimostra inoltre come «gli studi interdisciplinari possano contribuire attivamente alle trasformazioni del digitale» e del sociale, come nel caso del villaggio di Mulegns, nel Canton Grigioni, il quale ricopre oggi, grazie alla torre, una forte identità culturale.
Ad aprire la serie delle Industry insights l’intervento di Hadi El Hage per l’ECC, European Cultural Centre, ha messo in luce l’importanza di piattaforme espositive libere dove poter condividere collettivamente i progetti portati avanti dalle diverse università, aziende e istituzioni: Venezia costituisce per l’ECC il perfetto palcoscenico, storico ed internazionale, di promozione e connessione tra il mondo industriale e quello accademico.
Un esempio cardine della sinergia possibile tra la dimensione accademica e quella di settore è la startup Foldcast, presentata Fabio Amicarelli, (AAM). Alla domanda iniziale: «La fabbricazione digitale può migliorare il modo in cui produciamo casseri per il calcestruzzo?» la risposta è affermativa: «Il concetto è quello di combinare il modello di piegatura della carta alle strutture della lastra, utilizzando le linee di piegatura della carta come nervature strutturali». Lavorando sulla forma del prodotto a partire dalle peculiarità fisiche della carta, di facile reperibilità, basso costo e completamente riciclabile, il progetto garantisce una riduzione delle emissioni fino al 40%, e un risparmio sul materiale utilizzato, se comparato alla tradizionale soletta piatta.
La visione di Cedric Domon, per Müller-Steinag, inquadra invece il punto di vista di un’azienda centenaria, installata sul territorio svizzero con 18 filiali, il cui obbiettivo è quello di emanciparsi dal ruolo di fornitori per porsi al cliente come consulenti digitali, attraverso una piattaforma che compari prezzi e soluzioni più sostenibili.
Le potenzialità del design robotico sono state poi evidenziate nell’intervento di Eliot Sounigo, architetto e ricercatore nonché ideatore di Layered, team di ricerca che sviluppa attraverso la modulazione digitale di specifici parametri una tecnica di stampa 3D spray, in grado di distribuire sulle superfici murarie esistenti un nuovo strato di materiale, riducendo con un braccio robotico il materiale impiegato e le tempistiche di lavoro.
Nell’ultima parte della sessione, l’intervento del prof. Mario Carpo (UCL Bartlett), ha fatto luce su un tema molto discusso ma poco chiaro ai più, quello della nascita e della natura dell’intelligenza artificiale. Il presente è stato magistralmente contestualizzato in quanto momento storico di forte incertezza davanti all’ascesa degli strumenti digitali, come chatGPT, analogamente a quanto avvenne negli anni Novanta, quando ci si rese conto che la progettazione digitale poteva sconvolgere quanto fino ad allora costruito, come nel caso del Guggenheim di Bilbao. Ma se negli anni Novanta l’eccitazione era comunque diffusa, oggi ci si trova impauriti, diffidenti: «Si è passati dal chiedersi "cosa posso fare con questo strumento?" a "mi ruberà il lavoro?”».
Nel delineare l’iter di sviluppo del software di intelligenza artificiale, nato nel 1960 e poi bruscamente abbandonato poiché troppo lento, Carpo ha saputo proporre una contro narrativa al pensiero comune, spesso diffidente, illustrando come oggi l’intelligenza artificiale non sia altro che un generatore di risultati a partire da un dataset, un’immensa struttura di dati immagazzinati, dal quale è in grado estrapolare attraverso un metodo comparativo le informazioni richieste dall’utente. «Ogni cosa è generata da qualcosa che c’era prima, che i computer scientists chiamano dataset, una selezione molto curata di elementi basata su scelte. Ogni dataset è un canone, e ogni canone è un dataset. Tutto quello che diciamo, scriviamo, schizziamo arriva da qualcosa che è preesistente e che dà forma al nostro pensiero». Interfacciarsi con l’intelligenza artificiale, significa per il progettista aprire le porte di una sterminata enciclopedia di sapere, nella quale, equipaggiati di consapevolezza e discernimento si può decodificare la tradizione per applicarvi un apporto personale, accelerando il progresso e agevolando le sue metodologie di sviluppo. «Questo è l’insegnamento dell’Intelligenza artificiale generativa: non possiamo scappare dal passato e come scegliamo di relazionarci ad esso è una scelta personale. La parola passato in architettura significa tradizione e storia, ed è strano che ci serva l’intelligenza artificiale per renderci conto che ogni nuovo atto di design è basato su questo».
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