Google sa dove sarai domani
Istituto Internazionale di Architettura Lugano – punto d’incontro di esperti di fama nazionale e internazionale, forum di discussione interdisciplinare sulle future sfide politico-professionali.
A chi appartiene la Svizzera? – questo il titolo, scritto a caratteri cubitali sull’edizione elvetica del settimanale tedesco «Die Zeit» che Caspar Schärer sventolava in aria durante il proprio discorso di benvenuto. «Non mi piace mettere in subbuglio la nostra armonia, ma è certo che nei prossimi giorni dovremmo, anzi dobbiamo, parlare anche di questo tema, e non soltanto di progetti riusciti e prospettive lungimiranti tesi a dare forma al territorio del nostro Paese», ha affermato il segretario generale FAS la sera di inaugurazione della Biennale i2a a Lugano. «Nella riflessione sulla società, la città e il paesaggio del domani bisogna parlare anche delle proprietà, della loro ripartizione e del loro utilizzo», così Schärer. Un tema di questo tipo va affrontato chiedendosi: «Chi può ancora permettersi di vivere nelle città e che cosa comporta questo dato di fatto per il futuro dei centri urbani?». Anche le visioni urbanistiche più audaci e originali servirebbero a poco se a livello politico le condizioni quadro non fossero adeguate. Benché l’esordio, negli spazi di Villa Saroli e quasi in concomitanza con il bicentenario dalla nascita di Karl Marx, lasciasse presupporre dibattiti su temi meramente politico-concettuali, in seguito, nell’arco delle tre giornate, le attenzioni si sono focalizzate anche su altri aspetti.
La Federazione Architetti Svizzeri FAS, l’Associazione svizzera per la pianificazione nazionale (VLP-ASPAN), insieme alla SIA e ad altri partner hanno aderito al forum di architettura ticinese per riflettere, a livello interdisciplinare e interregionale, sulla «Società del futuro tra urbanità e natura», puntando il focus, in particolare, sulle città e le regioni della Svizzera. La location, una splendida villa immersa nel verde, era senza dubbio il luogo ideale per parlare di tali tematiche. In cartellone, un programma fittissimo di appuntamenti, tra relazioni, discussioni e film, volto a stimolare il dialogo tra urbanisti e architetti, politici ed esperti. A fare gli onori di casa, in veste di direttrice e co-curatrice, l’affascinante presidente FAS Ludovica Molo, con la sua spumeggiante energia, affiancata da Caspar Schärer e Ariane Widmer Pham, anch’essi co-curatori.
Progettare, con intelligenza… collettiva
Impulsi altrettanto forti sono giunti con gli interventi dell’architetto e urbanista Frédéric Bonnet, professore all’Accademia di Mendrisio, come pure dell’architetto Dieter Dietz che insegna al PF di Losanna.
Nella sua relazione, ricca di illuminanti spunti, dal titolo Kleine Utopien und wie man sie umsetzt, Dietz ha, tra le altre cose, presentato il concetto «House One», un edificio mobile e smontabile, formato da moduli in legno prefabbricati, con funzione di luogo di incontro urbano e sede di eventi. Alla progettazione sperimentale, eseguita con il supporto di sistemi informatici, hanno partecipato studenti e assistenti, per un totale di 227 persone. L’opera è insomma frutto della creatività di una sorta di «intelligenza collettiva». Si è discusso di temi interessanti anche nel pomeriggio della seconda giornata, quando la sociologa Birgit Wehrli-Schindler, l’architetto zurighese Stefan Kurath e il futuro direttore SIA Joris Van Wezemael hanno parlato di spazi urbani e opinione pubblica nell’era di Facebook, Google e Tinder, ma anche della tracciabilità, quasi perfetta, dei profili di spostamento dei cittadini. Ma allora: la realtà virtuale si sottrae alla vita pubblica delle nostre città oppure la deforma?
A chi appartengono i nostri dati?
Oggi, in linea con le riflessioni di Stefan Kurath e Joris Van Wezemael, invece di «A chi appartiene la città?» dovremmo chiederci: «A chi appartengono i nostri dati?». Tra gli altri argomenti di discussione di questa seconda giornata: i profili di spostamento dei cittadini (ricostruibili in modo praticamente perfetto, spesso all’insaputa dei diretti interessati), una realtà urbana sempre più frammentata e possibili vie verso un’ulteriore densificazione. L’architetto Peter Swinnen, professore al PF di Zurigo, e Stefan Kurath dello Zürcher Institut für Urbane Landschaften hanno espresso chiaramente quanto sia importante poter contare su una comunità di architetti che pensa e agisce tenendo conto della dimensione politica.