Progetti per la città di Bellinzona
Questo testo propone la lettura di alcuni dei progetti che ho realizzato (e che sto realizzando) per il territorio del Bellinzonese: il bagno pubblico (1970), la ristrutturazione della collina del Castel Grande (1981-1991), l’istituto di ricerca in Biomedicina (dal 2015) per fare il punto della situazione di una riflessione iniziata negli anni Settanta con uno sguardo verso il futuro. Il tema che collega questi progetti è la convinzione che l’organizzazione dello spazio – a tutte le sue scale – sia il fulcro della ricerca del lavoro dell’architetto.
Lo spazio e il territorio sono temi inscindibili come lo sono l’architettura e l’urbanistica; il progetto dello spazio è lo strumento che gli architetti hanno a disposizione per costruire il territorio tenendo conto delle componenti fondamentali: la geografia, l’urbanistica, l’architettura. Una città senza un suo spazio pubblico originato da un progetto «territoriale» e «urbano» manca dell’essenziale, cioè manca dello spazio di vita dell’uomo a tutte le dimensioni.
Io non ho ricette per il progetto dello spazio pubblico, ma posso dire con certezza che:
- lo spazio pubblico contemporaneo, cioè quello corrispondente alla società contemporanea, è uno spazio aperto come appunto, almeno in certe parti del mondo, è aperta la società;
- la sua forma è profondamente diversa dalle forme tradizionali e non deve essere condizionata dai confini della proprietà privata o comunali;
- la complessità dei rapporti è sicuramente una ricchezza stimolante, l’esperienza individualistica pure, a condizione che non si traduca in egoismi formalistici.
Lo spazio pubblico, in particolare lo spazio pubblico della città Ticino, ha sostanzialmente quattro dimensioni con i limiti corrispondenti a ogni dimensione.
In ordine decrescente:
- la dimensione viaria; quella più grande che scavalca le montagne e le pianure,
- la dimensione geografica o comprensoriale,
- la dimensione urbanistica,
- la dimensione architettonica.
Bagno Pubblico (anni Settanta)
Come le grandi e utopiche visioni di Le Corbusier con il viadotto abitato immaginato per la sistemazione di Algeri, il progetto del bagno di Bellinzona propone la costruzione di un «edificio-percorso» sospeso a sei metri dal suolo e in grado di collegare la città con il fiume, superando la cesura provocata dalla strada cantonale. 40’000 mq di erba per circa 40’000 abitanti. Il progetto nasce dal disegno del percorso che organizza tutto lo spazio e dà forma alla materia. Quella del disegno del percorso è una delle mie idee fisse, che compare già nella passerella che collega il garage all’edificio della Casa Rotalinti e sulla quale ho continuato a lavorare a diverse scale, come nel caso della ristrutturazione della collina del Castel Grande che si fonda sull’idea di costruite un percorso dentro la montagna, per collegare la quota della piazza con quella del castello sulla sommità della collina.
Castello (anni Novanta)
Il Castello era un insieme sconnesso di costruzioni diverse, alcune delle quali in pessime condizioni, altre vere e proprie rovine di grande valore storico. Doveva accogliere un salone per banchetti, alcune gallerie per esposizioni e una grande sala conferenze destinata a servire la città e l’intera regione.
Tutto ciò ha fornito un pretesto per la trasformazione della fortezza in rovina; con l’obiettivo di preservare le qualità più espressive e rappresentative del sito, oltreché la sua storia. Si sono resi necessari interventi di modernizzazione attraverso una trasformazione senza compromessi che tenesse conto delle esigenze e della sensibilità del nostro presente. In teoria il compito era molto chiaro, un po’ meno nella pratica.
Nella valle una collina si innalza all’orizzonte; sulla sua cima un grappolo di edifici, due torri e moltissimi alberi. Ho eliminato quasi tutti gli alberi, ho scavato un piccolo lago, ho rimosso ogni cosa che mi pareva inutile e posticcia. Quello che rimane è una grande roccia nera, nel mezzo della città, con due torri in cima, tre alberi e un prato spazzato dal vento. È il parco della città di Bellinzona, fatto solo di roccia, muri, erba, acqua, tre alberi e il cielo.
Istituto di ricerca IRB (2015...)
Il Bagno Pubblico e il Castello restaurato sono due «isole» (vedi schizzo) che tra loro lasciano grandi spazi aperti informi. Molti studi e molti progetti, non costruiti, hanno espresso la possibilità di realizzare in questi spazi un disegno urbano uniformante esteso dal ponte della Torretta alla via Vincenzo Vela.
Tale sogno però si infrange sempre contro le barriere della viabilità, dei regolamenti, della proprietà privata e, nel frattempo, il vuoto dell’ex campo militare, lentamente, si riempie di piccoli «pieni» autonomi e sgraziati; cioè oggi sembra impossibile disegnare correttamente la città. Ci resta quindi solo la possibilità di privilegiare lo spazio vuoto casuale, ma aperto, tra le isole costruite con progetti territoriali. Gli edifici del nuovo IRB, radicalmente diversi dai volumi caotici della residenza, se edificati e ampliati secondo un progetto urbanistico, potrebbero costituire un’isola, simile al Castello, al Bagno Pubblico. Tra le isole chiaramente definite, lo spazio, il vuoto aperto, se pianificato con una visione generale, potrebbe essere l’elemento ordinatore.
Una proposta impossibile e perdente? Non credo. Lo schizzo conclusivo di questa breve riflessione (schizzo che comunque rappresenta una realtà) suggerisce la visione di un rapporto nuovo e diverso dei pieni e dei vuoti che costituiscono la nuova città. Lo spazio definito da pieni chiaramente conclusi (finiti) non nasce da pianificazioni convenzionali, regolate da normative superate, ma da visioni progettuali in grado di ordinare e valorizzare le molte e diverse presenze.