Scienza e tecnica di un mestiere
Questo numero di Archi è dedicato all’opera di Giovanni Lombardi e alla sua figura d’ingegnere civile progettista. Come lui stesso illustra, la peculiarità del suo contributo al mestiere e alla disciplina si concentra sul rapporto fra l’opera progettata, eseguita, messa in esercizio, assistita nel suo ciclo di vita, e la complessa natura del suo contesto.1
Il neologismo geo-ingegneria connota il ramo dell’ingegneria civile che si occupa di dighe e tunnel, rispetto a quello di ponti e viadotti. Opere quest’ultime tradizionalmente intese nel lessico storico dell’ingegneria come «opere d’arte maggiori», definizione che dichiara come il ponte sia manufatto per eccellenza, attestando lo sforzo eccezionale che attua l’insediamento umano, la permanenza del superamento dell’ostacolo materializzato nell’opera, effettuato dalla razionalità condotta dal saper fare, infine la trasformazione di genere da orrido in ameno.
Guardando il sintetico panorama documentato in questo numero di Archi, considerando l’intervallo del tempo recente delle realizzazioni, dobbiamo osservare che, grazie all’ingegneria di progetto e costruzione, questa definizione si è estesa a tutte le grandi opere, comprendendo quelle della viabilità sotterranea e quelle – come le dighe – che hanno mutato profondamente l’orografia, la natura dei luoghi e il paesaggio per trarre energia e acqua per la società civile nei cento anni ora trascorsi.
Costatiamo così che anche la nozione di scala è stata essenzialmente rivista nelle pratiche della trasformazione del mondo, ricercando quell’idea di territorio come grande ambiente del progetto che ci ricorda la lezione d’ingegneri della qualità di Vauban e Donegani. Maestri dell’interpretazione dei luoghi come struttura intrinseca cui l’opera deve necessariamente adeguarsi trovando una sua naturalezza. Orografia e tracciato di percorso, fortificazione, galleria o diga che siano.
In questa dimensione di lungo periodo dell’ingegneria il salto di scala nella considerazione delle situazioni corrisponde nella contemporaneità del mestiere all’adesione alla dimensione industriale del progetto e a quella pubblica del suo governo. S’intende qui notare il salto organizzativo che la conduzione di queste opere ha comportato, il lavoro collettivo che le anima e supporta, con la conseguente inclusione della «autorialità» personale nell’opera collettiva, nell’inevitabile multidisciplinarietà simultanea di contributi nel continuum del processo di discussione e messa a punto di progetti di tale complessità e dimensione. Ma s’intende qui porre l’accento anche sull’evoluzione di una concezione di progetto che, abbandonando sempre di più lo sfoggio di potenza nelle grandi opere, privilegia invece l’interazione e l’adeguamento all’ambiente, nonché il contributo alla conservazione del paesaggio.
Proprio nel procedere del progetto verso la realizzazione è necessaria la stretta relazione empirica fra pratiche e scienze, che è una caratteristica della figura di Giovanni Lombardi. Sebbene questa particolare relazione sia un carattere generale della cultura politecnica, vogliamo sottolineare qui come lo stesso Lombardi ne sia personificazione composita, a cui principalmente concorrono la formazione e il dottorato a Zurigo, la posizione in Canton Ticino dell’attività ora internazionale, e infine la laurea ad honorem conferitagli dal Politecnico di Milano. Non a caso, il soggetto della sua lectio in quell’occasione2 è l’illustrazione dell’esperienza nel campo delle dighe, la discussione del nesso fra lettura della natura del suolo – orografica e geologica –, invenzioni tecniche di sperimentazione, di ideazione, costruzione e allestimento della captazione di energia. Una complessità non esaurita alla messa in funzione dell’impianto, ma con ricadute essenziali nelle tecniche di progettazione avanzata di simili opere, che anticipano sin dall’interpretazione delle situazioni con sempre maggiore approssimazione il comportamento della costruzione nel suo esercizio.
Così come la conseguente trasformazione della mobilità transalpina, alla conclusione della sua realizzazione, non esaurisce l’avventura dei tunnel transalpini svizzeri in un’esperienza di progettazione di alto profilo esclusivamente continentale. L’interpretazione del cuore roccioso d’Europa, come problema: territorio da attraversare e paesaggio delle infrastrutture, permette il trasferimento delle tecniche di questi tracciati di mobilità sotterranea a realizzazioni recenti quali il tunnel sotto il canale della Manica, e in corso come il tunnel sotto lo stretto di Gibilterra.
Abbiamo deciso di comporre questo numero basandoci sul dialogo delle nostre competenze di progettisti, ingegnere e architetto, provando a rendere evidente il suo profilo con sguardi diversi e di metterli per così dire «in tensione» con una raccolta di opere scelte. Abbiamo potuto escludere la necessità di dover costruire un profilo generale, data la notorietà della figura e delle opere di Giovanni Lombardi ed essendo facilitati in questo dalle pubblicazioni generali concernenti la sua attività editate da lui stesso nel 20053 e dalla Lombardi SA nel 2015.4 Così come non possiamo non far riferimento al numero di Archi dedicato al territorio di AlpTransit,5 e a quello, già citato, che pubblica le sue due lezioni al Politecnico e alla SUPSI.
Abbiamo invece cercato di approfondire il suo contributo al mestiere e alla disciplina selezionando sondaggi approfonditi e raccogliendo testimonianze che rendessero nuovi contributi e allargassero lo sguardo al suo lavoro.
A Tullia Iori, professore ordinario titolare della ricerca SIXXI, Storia dell’Ingegneria strutturale in Italia, assieme a Ilaria Giannetti ricercatrice dell’università di Roma Tor Vergata, e ad Andrea Debernardi, ingegnere civile progettista, dottore in Pianificazione regionale e ambientale, progettista di trasporti e mobilità, titolare dello studio META (Mobilità-Economia-Territorio-Ambiente) abbiamo chiesto di inquadrare la figura e l’opera di Giovanni Lombardi e di Lombardi SA dai loro specifici punto di vista della storia dell’ingegneria e della progettazione ambientale delle infrastrutture dei trasporti.
Al professor Giovanni Barla, già professore ordinario di Meccanica delle Rocce al Politecnico di Torino ed editore della rivista «Rock Mechanics and Rock Engineering», di poterne illustrare il contributo all’avanzamento delle disciplina e delle pratiche.
Infine Gabriele Neri ha raccolto la preziosa testimonianza dell’ingegnere Andrea Mondada, stretto collaboratore di Giovanni Lombardi sin dal 1956, che riporta in un serrato racconto autobiografico la modificazione della progettazione di opere complesse nel nostro tempo.
Abbiamo infine selezionato l’elenco di opere scelte in tre sezioni rappresentative di «dighe e impianti», «strade e tunnel», «innovazioni e contributi scientifici», anche in collaborazione con gli ingegneri Francesco Amberg e Maren Katterbach del Gruppo Lombardi, che qui ringraziamo per la messa a disposizione dell’archivio dello studio e del materiale dei progetti e per il dialogo costante con la redazione di Archi.
Note
- Cfr. Giovanni Lombardi, in «Archi», 2, 2004, pp. 60-85.
- Ibidem.
- Cfr. Cristina Lombardi (a cura di), Giovanni Lombardi ingegnere, studi e opere 1950-2005, Skira, Milano 2005.
- Lombardi – Con energia per il futuro, Locarno-Minusio 2015.
- Cfr. «Archi», 3, 2016.