Vi­sio­ni ter­ri­to­ria­li, tra pas­sa­to e fu­tu­ro

Si è tenuta presso il Consolato Generale d’Italia di Lugano la seconda giornata del Congresso annuale della Fondazione Cultura della costruzione svizzera. L'evento era incentrato sulle trasformazioni in atto sul territorio ticinese, discusse e illustrate dai relatori mediante un confronto tra diversi approcci, metodi e punti di vista.

Data di pubblicazione
16-10-2024

Dopo il primo incontro all’Accademia di architettura di Mendrisio, venerdì 4 ottobre si è tenuta a Lugano, presso il Consolato Generale d’Italia, la seconda giornata del Congresso annuale della Fondazione Cultura della costruzione svizzera.

L’evento – introdotto da Ludovica Molo e aperto da Gabriele Meucci (Console Generale d’Italia), Karin Valenzano Rossi (Capa Dicastero sicurezza e spazi urbani della Città di Lugano) e Martino Colombo (Direttore della Divisione dello sviluppo territoriale e della mobilità del Cantone Ticino) – si è posto l’obiettivo di offrire una panoramica sulle trasformazioni in atto sul territorio ticinese mettendo a confronto diversi approcci, metodi e punti di vista sul tema.

Nell’intervento di apertura della prima sessione, «Visioni territoriali», Freek Persyn (Professore presso il Dipartimento di Architettura e Direttore dell’Istituto Studi Urbani e del Paesaggio all’ETH di Zurigo) ha illustrato quattro sostanziali ambiti di investimento di questo ambito del progetto – Intimacy, Pattern, Performance, Togetherness – attraverso la rilettura di alcune sue opere recenti, dalle coperture in legno per l’attesa dei bus ai ponti di collegamento delle reti ciclabili e dai dispositivi di connessione dello spazio aperto fino ai piccoli parchi di vicinato lungo le infrastrutture, in cui emerge come il paesaggio non possa essere solo uno sfondo da contemplare ma debba essere anche pensato come luogo in cui vivere e con il quale a diversi livelli interagire.

Nicola Klainguti (Capo della sezione dello sviluppo territoriale e della mobilità del Cantone Ticino) ha rimarcato invece come il successo di un’operazione a scala vasta dipenda dalla qualità dei progetti ma anche dall’efficacia dei processi, e ricordato come le nuove infrastrutture, particolarmente in questi anni di profonde trasformazioni, debbano essere pensate non solo a partire dalle circostanze del presente ma anche a quelle che si prospettano in un orizzonte temporale a lungo termine. 

Francesca Luisoni (Vicesindaca della Città di Mendrisio e Capa del Dicastero Pianificazione e spazi pubblici) ha illustrato nel contributo successivo alcuni possibili scenari nell’ambito del Mendrisiotto evidenziando come le operazioni di nuova connessione, di allargamento e di potenziamento portino diverse problematiche ma anche molteplici vantaggi. Un’attenzione particolare è da questo punto di vista rivolta alle attività di interramento, non solo per le più complesse competenze tecniche che richiedono, ma anche per le conseguenze che derivano dal riconnettere aree che prima, con l’infrastruttura fuori terra, erano separate. 

Nicola Navone (Architetto e Vicedirettore dell’Archivio del Moderno) ha portato invece una riflessione in cui è sembrato direttamente concretizzarsi il titolo della Biennale, “Back to the future”, auspicando il raggiungimento di una condizione di equilibrio tra le legittime esigenze di potenziamento e di articolazione delle reti di traffico esistenti e la necessità di tutela e valorizzazione di alcune grandi opere del passato che, proprio in questo ambito tipologico, hanno fatto scuola a livello internazionale. Ciò che va preservato, ha aggiunto nel suo condivisibile punto di vista, non è solo la presenza tangibile dell’infrastruttura, ma anche il significato che porta con sé: le proposte progettuali di Rino Tami, ad esempio, sono lezioni sia sul valore della sperimentazione costruttiva che sull’importanza di quell’unitarietà percettiva che, in alcuni “rapsodici” interventi contemporanei, è stata dimenticata o del tutto accantonata.

Dopo il dibattito finale tra i relatori e il pubblico, in cui è emerso come il progetto delle infrastrutture riguardi non solo gli spazi di transito dei percorsi ma anche quelli di sosta che in modo sostanziale possono incrementare la relazione con il territorio, la mattina è proseguita con un’esplorazione di carattere storico e teorico coordinata da Tom Avermaete, Professore di storia e teoria dell’urbanistica all’ETH di Zurigo, in cui sono state identificate alcune possibili traiettorie di ricerca del prossimo futuro. Opponendosi alla deriva riguardante l’amnesia verso le risorse, particolarmente in ambito culturale, la ricostruzione di Avermaete ha mostrato le nuove problematiche affrontate dalla ricerca, dalla questione ambientale alle diseguaglianze sociali e di genere, e tratteggiato una nuova figura di progettista urbano, capace di riconoscere queste tracce (nelle specificità dei materiali, nel sapere costruttivo, nelle forme dei vuoti) e di ingaggiare con esse un confronto e un dialogo.

A questo primo intervento sono seguite le riflessioni di Ariane Widmer (Urbanista cantonale di Ginevra) sulla necessità di una nuova sobrietà nell’impiego delle risorse, di Enrico Slongo su atti trasformativi più consapevoli delle caratteristiche fisiche del territorio, dalla topografia alle reti delle acque, e di Andrea Felicioni sull’importanza della relazione con antichi insediamenti, paesaggi storici e comunità locali per trasformazioni sul tessuto che – tra recupero e valorizzazione, e tra ristrutturazione e adeguamento – sono oggi sempre più diversificati.

La mattina si è chiusa con i contributi di Carine Bachmann (Direttrice dell’Ufficio federale della cultura) sul ruolo della negoziazione in una visione territoriale estesa nel tempo, di Marina Carobbio Guscetti (Direttrice del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport del Cantone Ticino) sull’importanza dei processi partecipativi e del coinvolgimento della popolazione in un’ottica di inclusione e accessibilità e di Alex Farinelli (Consigliere nazionale e membro delle Commissioni dei trasporti e delle telecomunicazioni CTT) sui vantaggi che derivano da un chiaro orientamento delle politiche di sviluppo del territorio.

Anche in questi ultimi interventi è emersa la necessità di una nuova concezione dell’infrastruttura, sempre più interpretata come dispositivo di connessione tra città e territori ma anche di qualificazione del paesaggio, e sempre più progettata a partire da variabili non solo spaziali ma anche temporali, pensando al lascito del passato nel contesto ticinese ma anche alle prospettive a lungo termine richieste dalla loro realizzazione.