La Fer­ro­via Re­ti­ca vi­sta da un in­ge­gne­re

Sfide tecniche e lavori di manutenzione

Le strutture della Ferrovia Retica, pur nella loro eterogeneità, si caratterizzano per il principio della tipizzazione e l'ampio impiego della pietra. La loro conservazione ha come obiettivo principale quello di preservare il carattere sistemico dell'intero complesso ferroviario.

Data di pubblicazione
09-12-2024

La Ferrovia Retica, a maggioranza azionaria cantonale dal 1897, è un’entità eterogenea: comprende linee ferroviarie più antiche e di costruzione privata, lunghe tratte realizzate successivamente in proprio, che dovevano rispondere a standard tecnici e costruttivi più elevati, e infine ferrovie private costruite e gestite originariamente in modo indipendente e rilevate in seguito. Di conseguenza, le caratteristiche delle singole linee ferroviarie sono assai diverse fra loro: da un lato c’è la prima ferrovia a scartamento metrico dei Grigioni, quella da Landquart a Davos, che corrispondeva all’idea di «ferrovia pioniera» e che, realizzata con i mezzi più semplici, reinvestiva i profitti ottenuti in un miglioramento continuo del sistema;1 e dall’altro le linee nella Valle dell’Albula e in Engadina, concepite da subito a lungo termine, dove il tracciato e le opere architettoniche sono ancora in gran parte quelle originali. Le strutture della Ferrovia Retica esibiscono un forte legame sia tecnico che estetico con il paesaggio che attraversano, il che conferisce loro un valore unico ed eccezionale. Per questo motivo la conservazione e l’adeguamento della rete ferroviaria alle esigenze moderne è un compito ingegneristico che pone sfide fuori dal comune e che non può essere affrontato soltanto con i modelli di pensiero tradizionali. Discuteremo di tutto ciò nell’articolo che segue.

1. Le caratteristiche peculiari degli impianti della Ferrovia Retica

La manutenzione e il rinnovamento di un sistema ferroviario comportano inevitabilmente modifiche alle strutture esistenti. Per realizzare tali interventi in conformità con ciò che è già presente bisogna affidarsi a una valutazione completa delle qualità degli impianti. Non si tratta solo di conoscere le strutture esistenti, i contesti su cui si basano le loro forme e il metodo di costruzione, ma anche di valutare il valore della struttura stessa, per definire cosa deve essere preservato e cosa può essere cambiato.

1.1. Tipizzazione

Una caratteristica essenziale dei principali lavori di ingegneria dal XVIII secolo in poi è la tipizzazione. Nella costruzione di strade e canali, e in seguito anche di ferrovie, diventa importante il carattere sistemico delle infrastrutture. Tutti gli elementi di un’infrastruttura devono essere completati contemporaneamente e gestire la costruzione di più opere architettoniche richiede, ove possibile, la ripetizione dello stesso tipo di opera. Un esempio rilevante è la strada del Passo dello Stelvio, realizzata tra il 1820 e il 1825 dall’ingegnere Carlo Donegani. Lunga 53 km, collega Spondigna in Val Venosta con Bormio in Lombardia e raggiunge al suo apice un’altitudine di 2.757 metri s.l.m. Il figlio del costruttore, Giovanni Donegani, scrisse nel 1842 l’opuscolo Guida allo Stelvio, cui allegò un’unica piantina, intitolata Corografia dello Stelvio, sulla quale, oltre alla planimetria della strada di valico, sono riportati tutti gli elementi costruttivi standard quali tunnel, ponti, gallerie, rotatorie ed edifici di servizio.2 Più tardi l’ingegnere capo Friedrich Hennings ha riassunto in forma molto simile e in un’unica tabella le indicazioni per il dimensionamento dei viadotti in pietra della Ferrovia dell’Albula.

Anche se, come accennato nell’introduzione, le singole linee della Ferrovia Retica presentano caratteristiche molto diverse, la tipizzazione rimane un tratto comune. A variare è il numero delle tipologie, così come le successive modifiche alle singole strutture. La tipizzazione riguarda sia i ponti che i fabbricati. Gli edifici delle stazioni intermedie seguono solitamente una o due tipologie, mentre per le stazioni più grandi sono state pensate versioni individuali.3

Sulla linea Landquart-Davos, la tratta più antica della Ferrovia Retica, inaugurata nel 1889, troviamo originariamente quattro tipologie di ponti: viadotti in pietra con archi semicircolari nel caso di ponti sufficientemente alti, ponti corti in ferro con travi rivettate ad anima piena per i cavalcavia bassi, ponti a travatura reticolare in ferro a più puntoni con supporto diretto delle traversine per le campate medie, e ponti a travatura reticolare in ferro a maglia larga con travi diagonali per le campate medie su fiumi e torrenti a bassa quota. Il ponte più lungo dell’intera linea, con i suoi 38,80 m, è quello sul Saaseralp­bach, per il quale il tipo di travatura reticolare con supporto diretto delle traversine che avrebbe dovuto essere utilizzato sarebbe stato troppo stretto, e che quindi è stato progettato con travatura a maglia larga con travi diagonali. Tutte le altre sfide costruttive, tuttavia, possono essere superate utilizzando le quattro tipologie standard. Il continuo miglioramento della rete ferroviaria, previsto fin dall’inizio per ragioni economiche, ha portato nel tempo a modifiche del tracciato (come l’eliminazione del tornante di Klosters con la nuova galleria di svolta nel 1930) e nuove strutture architettoniche, ma anche a rinforzi e rifacimenti di ponti esistenti. Il catalogo delle strutture, originariamente ridotto, è stato ampliato in continuazione. Ovviamente per i nuovi ponti e per la sostituzione di quelli esistenti è stato scelto il metodo di costruzione più adeguato e recente. Oggi tra Landquart e Davos troviamo anche ponti più piccoli con travi in ​​acciaio cementate, cunicoli con tubi in acciaio ondulato, ponti compositi in acciaio-calcestruzzo, travi o telai in cemento armato e precompresso, e molto altro ancora. Tali strutture possono essere interessanti singolarmente, ma non fanno parte di un insieme coerente.

All’estremo opposto ci sono i ponti della Ferrovia dell’Albula. Qui domina un’unica tipologia: il viadotto con archi semicircolari in muratura. I 122 ponti originari tra Thusis e St. Moritz comprendevano 119 viadotti in pietra e solo tre strutture in ferro, là dove l’altezza ridotta e/o la portata dei fiumi da attraversare non consentivano di costruire gli archi. Le linee ferroviarie costruite successivamente presentano situazioni simili: tra Ilanz e Disentis dominavano i viadotti in muratura (qui però integrati da tre ponti a travatura reticolare a lunga campata sul Reno Anteriore), così come tra Davos e Filisur e in Engadina tra Bever e Scuol. Proprio queste tratte hanno plasmato l’immagine popolare della Ferrovia Retica come infrastruttura con viadotti in pietra. Su queste linee i treni percorrono in gran parte il tracciato originario e anche le parti principali delle opere architettoniche sono rimaste invariate.

Negli anni Quaranta la RhB rilevò tre ferrovie private: la Bellinzona-Mesocco, la Ferrovia del Bernina e la Coira-Arosa.

È interessante notare come per queste linee furono adottati, con lievi adattamenti, gli stessi principi di costruzione delle opere architettoniche della Ferrovia Retica. Oltre a una maggiore sensibilità per l’integrazione delle strutture ingegneristiche nel paesaggio, c’erano anche ragioni economiche per preferire i viadotti in muratura. Tuttavia, a Schanfigg i costruttori della linea Coira-Arosa si trovarono di fronte a numerose valli larghe e a rischio di colate detritiche, che richiesero l’uso di ponti in ferro a lunga campata. Per i due ponti più grandi della linea ferroviaria, il viadotto Langwieser e il viadotto Gründjetobel, furono costruiti ponti ad arco in cemento armato, a testimonianza del fatto che intorno al 1912 il calcestruzzo era ormai un metodo di costruzione consolidato per i ponti ferroviari.

1.2. Onore alla pietra

Una caratteristica importante delle strutture della Ferrovia Retica è l’ampio utilizzo della pietra. Sebbene la pietra fosse utilizzata dalle ferrovie svizzere come materiale per ponti e muri di sostegno già dalla metà del XIX secolo, a partire da circa il 1860 per la costruzione dei ponti furono preferite sempre di più le strutture in ferro, economiche e veloci da montare. Anche per i piloni più alti si utilizzavano spesso torri a graticcio con montanti in ghisa o in ferro saldato.

Un punto di svolta nella storia della costruzione dei ponti in Svizzera fu il crollo del ponte sulla Birsa a Münchenstein nel 1891 mentre passava un treno a pieno carico. La catastrofe, che causò molte vittime, mise drammaticamente in luce i pericoli dei ponti in ferro: nei decenni precedenti le locomotive e i treni erano diventati sempre più pesanti e circolavano con maggiore frequenza, il che sollevò la questione dell’usura dei materiali ferrosi. Allarmato dall’incidente, il dipartimento ferroviario emanò nel 1892 un’ordinanza federale secondo la quale tutti i ponti in ferro dovevano essere riesaminati. Ciò portò ad ampi rinforzi dei ponti già esistenti. Le strutture in ferro di nuova costruzione divennero invece molto più resistenti. Se in precedenza i binari con le traversine in legno erano avvitati direttamente alla struttura, ora i ponti furono dotati anche di un letto di ghiaia per assorbire gli impatti dei treni. Come risultato di tutte queste misure, il ferro perse il suo vantaggio economico rispetto alle costruzioni massicce.

Fu in queste condizioni che Robert Moser, ex ingegnere capo della Ferrovia del nord-est, iniziò la sua attività missionaria a favore dei ponti in pietra. Nel 1897, insieme all’ingegnere Gustav Mantel, vinse il concorso per edificare il ponte stradale Lorraine a Berna. Il loro progetto recava il motto «Ehre dem Stein», «Onore alla pietra». Moser inviò le foto di un modello del ponte in gesso a tutti i direttori dei lavori svizzeri per «...attirare l’attenzione sul fatto che la costruzione di ponti in pietra, quando è possibile, richiede quasi sempre costi inferiori rispetto a quella dei ponti in ferro e che quindi essa è nell’interesse del nostro paese, così ricco di buone pietre da costruzione e povero di ferro».4 Si era inoltre sviluppata una maggiore sensibilità verso l’integrazione delle strutture ingegneristiche nel paesaggio. Moser pubblicò numerosi articoli sulla «Schweizerische Bauzeitung» in cui sottolineava i vantaggi economici, estetici e sostenibili delle costruzioni in pietra. All’epoca della costruzione della Ferrovia dell’Albula, sia il direttore delle ferrovie Achilles Schucan che l’ingegnere capo Friedrich Hennings, nonché il giovane ingegnere di sezione Hans Studer, erano convinti sostenitori delle idee di Moser. Nel suo libro Steinerne Brücken der Rhätischen Bahnen, Studer descrive il periodo dal 1898 al 1913 – con la costruzione della Ferrovia Retica, della linea dal Lago di Costanza al Toggenburgo, e di quella da Coira ad Arosa – come l’epoca d’oro della costruzione di ponti in pietra.5 Nel 1905 venne fondata la sezione grigionese dell’associazione per la protezione del Patrimonio Svizzero. L’organizzazione era entusiasta dei ponti in pietra della Ferrovia Retica; in un articolo del gennaio 1913 Jules Coulin scrisse del «grande lavoro di una compagnia ferroviaria per la protezione del patrimonio».6

Fino alla costruzione della Ferrovia dell’Albula, l’intradosso inferiore di tutti gli archi in pietra aveva una forma circolare. I viadotti più alti avevano volte semicircolari; solo pochi ponti bassi presentavano archi ribassati piatti. La forma semicircolare, posata su paramenti piatti inclinati di circa 10:1, era usata anche per i portali delle gallerie, in forte analogia con i viadotti. Anche per il ponte più grande sulla linea dell’Albula, il viadotto di Solis, l’ingegnere capo Hennings insistette presso le autorità ferroviarie per una forma di questo tipo,7 sebbene tale ponte fosse l’unico in quella tratta ad avere una struttura con volte a longheroni, con la quale sarebbero stati più convenienti archi di forma parabolica; alla fine Hennings accettò alcuni sovradimensionamenti a vantaggio delle volte semicircolari. I grandi archi dei successivi ponti a struttura aperta, il viadotto di Wiesen e diversi viadotti in Engadina, hanno tutti archi di forma ellissoidale che si adattano alla linea di pressione sotto carichi costanti e corrispondono quindi alla forma statica ideale di un ponte ad arco con risparmio di materiale.

L’uso estensivo della pietra, ma anche il disegno dettagliato dei ponti e dei portali delle gallerie, indicano un’affinità col movimento architettonico del «nazionalismo romantico», con il suo interesse per le forme elementari, le tradizioni artigianali e il design «funzionale». Le costruzioni sono in gran parte disadorne; nel caso dei viadotti, solo le lastre che sostengono il camminamento ricordano un fregio a dentelli classicista. La riduzione a pochi elementi formali di base non deve tuttavia far sottovalutare le ambizioni progettuali dei costruttori. Queste si notano da un lato dalla grande coerenza con cui il metodo di costruzione in pietra è stato attuato nelle sue forme elementari, ma anche in tipologie costruttive come i sottopassi e i sovrappassi a tre arcate, che in origine venivano utilizzati principalmente tra Bergün e Preda, e che nelle linee ferroviarie successive diventano un leitmotiv. Deviazioni significative dalla tipizzazione sottolineano la particolare importanza di singoli oggetti, come gli edifici delle stazioni ferroviarie delle città principali, ma anche il portale sud della galleria dell’Albula o, su scala minore, i parapetti del viadotto di Solis.

2. Conservazione e rinnovamento

2.1. Principi fondamentali

Lo scopo principale della conservazione delle strutture architettoniche della Ferrovia Retica è quello di preservare il carattere sistemico del complesso ferroviario. Questa caratteristica generale è la ragione della sua unicità e della sua straordinaria rilevanza.

Gli elementi più importanti di tale sistema sono la pietra naturale di provenienza locale quale materiale da costruzione e la forma semicircolare degli archi dei viadotti e dei portali delle gallerie.

Altri principi devono essere subordinati al mantenimento del carattere sistemico. Per esempio, nel contesto della tipizzazione delle singole strutture, non è auspicabile che un intervento sia troppo visibile. Nel tentativo di preservare la forma dei coronamenti dei viadotti, si rinuncia anche alla logica costruttiva di molti interventi moderni. E dunque le lastre dei viadotti riparati non sono più portanti o lo sono solo in minima parte. Esse sono talmente importanti per l’insieme formale delle strutture della Ferrovia Retica che dovrebbero essere mantenute anche solo come elementi applicati e non portanti. Allo stesso modo, se in fase di manutenzione è necessario sostituire completamente il rivestimento delle pareti interne delle gallerie, gli ultimi metri vicino ai portali sono realizzati in pietra naturale con le forme vecchie.

Le strutture tipizzate portano anche a danni molto simili: dopo più di cent’anni, le guarnizioni inaccessibili sul retro degli archi dei viadotti sono diventate permeabili e l’acqua piovana si diffonde in modo incontrollato all’interno delle murature attraverso i giunti danneggiati. L’acqua che si accumula provoca danni da gelo, e questo porta a crepe con relative nuove infiltrazioni d’acqua: un circolo vizioso. Per fermare questo meccanismo, l’acqua piovana deve essere intercettata e drenata direttamente sotto la vasca di ghiaia. A questo scopo si usano vasche in cemento che, a seconda delle loro dimensioni, vengono gettate sul posto o assemblate a partire da elementi prefabbricati. Misure simili sono comuni anche presso altre compagnie ferroviarie. Come particolarità della Ferrovia Retica, le dimensioni esterne di queste vasche sono leggermente inferiori alla larghezza del ponte, per cui è possibile costruire lungo la loro superficie esterna un muro stretto che le nasconde e preserva così l’aspetto dei viadotti in muratura.

I viadotti necessitano anche di essere allargati. Molti risalgono all’epoca delle locomotive a vapore: i vagoni di allora erano più corti e impattavano di meno nelle curve strette. Inoltre la pendenza dei binari nelle curve era minore rispetto a oggi, perché i treni correvano a velocità inferiori. L’impatto più alto e la maggiore sporgenza dei vagoni limitano lo spazio libero dai parapetti del ponte. Questo crea un problema di sicurezza, sia per quanto riguarda i lavori di manutenzione, sia in caso di evacuazione di un treno fermo. Dopo approfondite discussioni anche con l’Ufficio federale dei trasporti, si è deciso di estendere le passerelle dei viadotti fino a 35 cm verso l’esterno per soddisfare i moderni requisiti di sicurezza e di esercizio. Le proporzioni del disegno originale del coronamento in muratura vengono conservate, con le lastre di pietra che dividono ancora lo sbalzo dei camminamenti in rapporto 4:7. A seconda della loro importanza, le lastre stesse della passerella sono costituite da lastre di cemento con una faccia bocciardata, da lastre in pietra originali spostate verso l’esterno o da nuove lastre in pietra naturale.

Nei primi progetti, le mura anteriori erano costruite con pietre nuove e tagliate strette. Il risultato si è rivelato insoddisfacente. In collaborazione con un appaltatore, la RhB ha sviluppato un apparecchio in grado di tagliare sul posto le corone delle pareti laterali esistenti in base alle dimensioni necessarie. In questo modo si possono continuare a utilizzare le vecchie pietre, migliorando l’aspetto (e il processo costruttivo) della riparazione rispetto ai metodi precedenti. Nell’ambito del ripristino, tutti i giunti sulle superfici esterne vengono controllati e, se necessario, riparati.

Le prime riparazioni di ponti più piccoli sono servite come modello per mettere a punto l’auspicato «metodo di costruzione standard». I rappresentanti della Ferrovia Retica si sono incontrati regolarmente con un piccolo gruppo di consulenti per discutere i vantaggi e gli svantaggi delle varie modalità. Così facendo, tale metodo si è consolidato in una procedura coerente, con cui sono stati poi ristrutturati importanti viadotti di grandi dimensioni, tra cui il viadotto Russeiner, quello sul Landwasser e quello dell’Albula III.

In origine la maggior parte dei sottopassi a tre archi e degli altri ponti piccoli non avevano piastre di copertura. In alcuni casi sono stati ampliati aggiungendo delle griglie, una misura semplice ed economica ma poco soddisfacente dal punto di vista architettonico. Oggi l’ampliamento si ottiene grazie a una sottile lastra di cemento a sbalzo, che si distingue dal vecchio coronamento murario per un’intercapedine di 5 cm di spessore. In questo modo il coronamento può essere conservato o ricostruito utilizzando le vecchie pietre.

Le gallerie presentano fondamentalmente gli stessi problemi: da un lato l’acqua dalla montagna penetra nella muratura e provoca danni da gelo; dall’altro la maggior parte delle gallerie hanno curve troppo strette per le esigenze odierne, per gli stessi motivi dei ponti. Un’altra circostanza sfavorevole è la forma della sezione trasversale della volta semicircolare con paramenti piatti; questi hanno una bassa resistenza alla pressione della montagna e quindi si deformano spesso verso l’interno (sotto questo aspetto le sezioni di forma ovoidale utilizzate nello stesso periodo nelle gallerie delle Prealpi si comportano meglio). A differenza dei viadotti, che grazie alle misure ausiliarie succitate possono essere manutenuti periodicamente per tempi molto lunghi, i danni alle gallerie si verificano dal lato sbagliato, quello inaccessibile. Da indagini approfondite è emerso che solo la sostituzione della muratura del tunnel garantirebbe un esercizio sicuro e senza ostacoli a lungo termine. Oggi vengono installati segmenti prefabbricati in calcestruzzo: i singoli elementi, realizzati con estrema precisione, vengono fissati tra loro tramite giunti a secco. I profili di tenuta incorporati nei giunti in fabbrica impediscono la penetrazione dell’acqua. Lo spazio tra la roccia e questi segmenti è riempito di ghiaia permeabile. Alla base, un sistema di drenaggio conduce l’acqua fino all’aperto.

I primi metri della galleria vicino al portale vengono realizzati con muratura in pietra naturale. In quest’area la sezione trasversale corrisponde alla forma tradizionale, con volte semicircolari e paramenti piatti. Tuttavia, rispetto allo stato originario, le dimensioni vengono aumentate dell’11%. Nella vista del portale tutte le dimensioni sono ingrandite in proporzione, compresa la larghezza e l’altezza delle mura di protezione. Le pietre del coronamento della volta devono essere rifatte per via del mutato diametro dell’arco, mentre il resto della muratura può essere in gran parte ricostruito utilizzando le pietre della struttura originale. Le nuove pietre provengono da cave di materiale appropriato. Per informazioni si può consultare il Catalogo delle pietre naturali dei Grigioni,8 sviluppato in collaborazione con l’Ufficio tecnico del cantone. Il legame formale tra i portali delle gallerie e i viadotti giustifica il mantenimento dell’aspetto tradizionale anche quando questo non corrisponde più al design dell’interno del tunnel.

Le pareti di sostegno e di rivestimento della Ferrovia Retica erano originariamente tutte in muratura. Gran parte di esse erano costituite da muri a secco. Nel caso in cui tali pareti siano danneggiate e debbano essere sostituite, la RhB ha messo a punto dei principi di progettazione che documentano, con disegni in scala, fino a tre viste tipiche delle pareti della linea ferroviaria, allegando i relativi capitolati di gara. Ciò garantisce la continuità del «sistema Ferrovia Retica» anche per queste strutture, spesso poco spettacolari ma importanti e di uso frequente.

2.2. Casi di studio

Viadotto Calaus

Il viadotto Calaus, sulla linea dell’Oberland tra Sumvitg e Disentis, è stato il primo ponte a utilizzare vasche di ghiaia prefabbricate in combinazione con le piastre di copertura originali spostate verso l’esterno. L’aspetto esterno è diventato il modello per la riparazione dei grandi viadotti successivi.

Viadotto Landwasser

Qui è stata utilizzata una vasca di ghiaia in calcestruzzo gettato in opera. Le superfici interne sono visibili per via delle piastre di copertura spostate. L’allargamento del camminamento è evidente con un confronto diretto, ma comunque accettabile in termini di conservazione del valore.

Tunnel di Bergünerstein

Lo stesso approccio di base delle gallerie si esprime qui nella conservazione del materiale originale e nel mantenimento delle proporzioni.

Note

 

1. Wolfgang Schivelbusch, Geschichte der Eisenbahnreise – zur Industrialisierung von Raum und Zeit im 19. Jahrhundert, Frankfurt 2004 (3a ediz.), pp. 84 sgg.

2. Giovanni Donegani, Guida allo Stelvio, Bergamo 1842.

3. Luzi Dosch, Die Bauten der Rhätischen Bahn, Chur 1984.

4. Steinerne Brücken, «Schweizerische Bauzeitung», 10 luglio 1897, p. 14.

5. Hans Studer, Steinerne Brücken der Rhätischen Bahnen, «Internationaler Kongress für Brückenbau und Hochbau», Zürich 1926.

6. Jules Coulin, Die Rhätische Bahn, in «Heimatschutz», rivista della Schweizerischen Vereinigung für Heimatschutz, gennaio 1913, pp. 1 sgg.

7. Lettera dell’ingegnere collaudatore Gustav Mantel a Friedrich Hennings, 30 maggio 1901, archivio RhB.

8. Curdin Cantieni, Jürg Conzett, Stefano Zerbi, Natursteinkatalog Graubünden, edito dalla RhB e dall’Ufficio tecnico dei Grigioni, 2019, [www.tba.gr.ch, Projektierung und Ausführung, Kunstbauten, Natursteinkatalog].

 

 

 

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