Peppo Brivio: Maestro ticinese dell’architettura
Archivi Architetti Ticinesi
Come forse la maggior parte dei lettori sa già e come Lukas Meyer ricorda nelle prefazione di questo bel libro su Peppo Brivio, «la fondazione Archivi Architetti Ticinesi è stata creata nel 1995 allo scopo di raccogliere, inventariare e conservare i documenti iconografici degli architetti operanti in Ticino, garantendo così la salvaguardia dei loro progetti, del loro pensiero e delle loro visioni, che hanno contribuito a trasformare il territorio ticinese». La fondazione Archivi Architetti Ticinesi che nel corso degli anni si è andata via via arricchendo di nuovi lasciti, dispone attualmente di oltre sessanta fondi. Sono a disposizione degli studiosi e dei ricercatori che intendono contribuire con i loro studi alla conoscenza della storia dell’architettura ticinese.
Tra questi fondi, quello di Peppo Brivio (1923-2016) è un importante lascito che comprende oltre ai disegni dei progetti, una ricca e vasta biblioteca. Il volume di Annalisa Viati Navone che qui segnaliamo, uscito per i tipi delle edizioni sottoscala alla fine del 2021 e stampato in 800 esemplari in una accurata veste grafica, è il frutto della ricerca che l’autrice, professoressa ordinaria di Histoire et cultures architecturales presso l’Ècole nationale supérieure d’architecture di Versailles e ricercatrice presso l’Archivio del Moderno a Mendrisio, ha condotto con il finanziamento del Dipartimento dell’Educazione, della Cultura e dello Sport del Cantone Ticino. Il libro rende testimonianza di un period della biografia artistica di Peppo Brivio non ancora indagato, dagli anni di formazione trascorsi a Zurigo (1943-1947) al progetto per la casa Albairone a Massagno (1956), articolandolo in sei diversi momenti: Gli anni di formazione; Prime esperienze professionali; L’eredità degli anni trascorsi nella Svizzera tedesca; Il rientro in Ticino; Un concentrato di paradigmi architettonici; Dalla riflessione neoplastica all’architettura concreta.
Il progetto editoriale prevede questo come il primo di una serie di quattro volumi, una prima tappa dunque di un’opera completa che consentirà di mettere a fuoco l’opera di un architetto di grande rilievo intellettuale. Un autore in gran parte non ancora studiato che, già segnalava Paolo Fumagalli sulle pagine di Archi l’anno 2016, «...è caduto da anni nell’oblio nonostante il ruolo di primo piano avuto nell’architettura del Ticino dei primi decenni del Dopoguerra e nonostante abbia influenzato molti degli architetti suoi contemporanei, e quelli più giovani che allora iniziavano a lavorare». Un architetto di grande valore per il territorio del Ticino.
Nelle belle pagine introduttive di questo suo libro Annalisa Viati Navone ci descrive l’esperienza della propria ricerca a partire dal luogo dove Brivio conduceva una sorta di vita ritirata, dal suo bellissimo studio, «uno scrigno magico (...) disegnato con perizia e attenzione come un sarto avrebbe confezionato un abito su misura per sé (...) impregnato dell’anima del suo proprietario, dello spirito intellettuale e onnivoro che lo animava», un luogo «dove gli spazi di lavoro erano associati a quelli di vita, questi ultimi veramente minimi, e coincideva con il ritratto perfetto dell’abitante devoto alla sua professione-missione».
Dai titoli dei numerosi volumi che compongono la sua biblioteca emerge il ritratto di una personalità animata da una insaziabile curiosità intellettuale che, riferisce l’autrice, coltivava una vasta pluralità di interessi relativi alla filosofia, l’estetica, la psicanalisi, la letteratura, la linguistica o la semiotica, oltre che la geografia e i viaggi. Quattrocento e più classeur nei quali Brivio raccoglieva ritagli di articoli di riviste, di giornali, persino volantini, affiancano la biblioteca e dimostrano il desiderio di documentarsi e studiare, appropriandosi con spirito metodico ed enciclopedico di tutto quanto rientrasse nella assai vasta area dei suoi interessi.
Annalisa Viati Navone ci guida così nella conoscenza dell’opera di Brivio distillando il risultato di una paziente consultazione delle fonti d’archivio. Ricostruisce e ci espone i fatti accaduti, la vita del protagonista, gli interessi culturali maturati a Zurigo tra gli artisti e colleghi della Konkrete Kunst, ricostruisce la sua formazione di architetto all’ETH, le opinioni sui suoi professori, le sue letture giovanili, la sua esperienza di assistente di William Dunkel, la genesi infine dei primi progetti realizzati rientrato in Ticino, collaborando con Franco Ponti, Rino Tami, René Pedrazzini, Alessandro Rima. Le note a piè di pagina riportano sempre con disciplina storiografica le fonti dalle quali trae le notizie che ci fornisce su di un architetto-intellettuale la cui opera merita di essere studiata con attenzione e fatta conoscere. Questo lavoro di ricerca costituisce dunque un grande contributo scientifico alla conoscenza della cultura architettonica ticinese attraverso l’opera di uno dei suoi maggiori e più colti protagonisti.