Recensione a «Chinese Brutalism Today. Concrete and Avant-Garde Architecture»
Un'investigazione dell'architettura cinese contemporanea e, in particolare, di una sua specifica corrente, che insegue un nuovo brutalismo attraverso un peculiare ricorso al calcestruzzo faccia a vista.
Potremmo definire il momento che sta vivendo l’architettura contemporanea cinese come un passaggio complesso. Voci ed espressioni diverse si affacciano sullo scenario internazionale, offrendo un’immagine estremamente variegata entro la quale appare difficile individuare una corrente o una linea prevalente. Al contempo, l’architettura «colta» si trova proiettata su uno sfondo connotato dal proliferare incontrollato di una produzione edilizia prosaica, e spesso dozzinale, che ha caratterizzato le espansioni metropolitane degli ultimi vent’anni, costruendo un paesaggio urbano (se così si può definire) anonimo, ripetitivo ed esteso in maniera quasi infinita.
In questo scenario complesso e in transizione, il testo di Alberto Bologna prova a far luce su un aspetto particolare, offrendo lo spunto per un’interpretazione originale di una nicchia specifica e di rilievo nella produzione architettonica recente. Si sta, infatti, affermando ormai da qualche anno entro il più ampio panorama dei maestri dell’architettura cinese contemporanea, un selezionato gruppo di atelier, animati da professionisti sensibili alle fascinazioni dell’architettura internazionale ma, al contempo, dotati di un’attenzione non superficiale ai caratteri e alle specificità dei contesti locali. Il volume presenta una riflessione che porta come esemplificazione una serie di opere e di progettisti che appartengono a questo gruppo d’avanguardia e che si distinguono, in particolare, per una qualità precisa: si tratta di un’élite – come la definisce l’autore – di architetti che ha sviluppato «una particolare sensibilità progettuale nella concezione di edifici in calcestruzzo faccia a vista».
Il libro è costituito da tre capitoli, una postfazione metodologica e una introduzione di Pierre-Alain Croset; inoltre, è arricchito da disegni, schizzi e fotografie a colori, molte delle quali scattate dall’autore. Appare chiaro il legame con il termine brutalismo, coniato negli anni Cinquanta per indicare l’uso del calcestruzzo faccia a vista tipico di alcune opere coeve di Le Corbusier (Chandigarh e Marsiglia). L’origine del termine va ricercata in una celebre frase dello stesso Le Corbusier contenuta in Vers une architecture del 1923 («L’architecture, c’est, avec des matériaux bruts, établir des rapports émouvants») e nella locuzione francese beton brut (calcestruzzo faccia a vista); il suo uso sarà poi ripreso da Hans Asplund (1950), Alison Smithson (1953) e consacrato da Reyner Banham (1955 e 1966). Anche nella trattazione di Bologna, il termine descrive l’uso del calcestruzzo che, privo di rivestimento, esibisce scabrosità e irregolarità e si associa alla capacità di valorizzare tali imperfezioni costruttive tramutandole in una forma estetica. Ma l’autore si spinge oltre, individuando, negli esempi raccontati, alcune originali specificità.
A partire dall’importanza che il cemento ha assunto nel panorama cinese contemporaneo, a seguito di una crescita urbana e un’espansione del settore delle costruzioni che ha reso la Cina il maggior utilizzatore di questo materiale, l’autore ci porta a comprendere, attraverso il racconto di una serie di opere selezionate, il particolare uso che ne fa questo gruppo di progettisti. Il cemento si trasforma in strumento di affermazione per una nuova espressività architettonica dal carattere autenticamente cinese, poiché legato in maniera complessa a condizioni locali quali la capacità delle maestranze, la qualità delle miscele e l’uso di materiali inediti per la realizzazione delle casseforme (p. es. stuoie e canne di bambù e doghe di legno che «tatuano» le superfici finite).
Proprio l’aspetto della tettonica, intesa secondo la concezione di Kenneth Frampton, e l’insieme delle connotazioni tecnico-costruttive delle opere analizzate – imperfezioni comprese – costituiscono, nel lavoro di Bologna, la chiave di accesso a questa originale produzione architettonica. La sua indagine apre a nuove letture: a partire dalla materialità dell’opera e dai suoi processi costruttivi, l’autore indaga le nuove qualità estetiche e le implicazioni culturali che, grazie ad essi, emergono, arrivando a descrivere i connotati di un’avanguardia architettonica che – attraverso l’uso originale del calcestruzzo faccia a vista, ma non solo – sembra in grado di costruire una corrente e un linguaggio fortemente legati all’identità locale e ai territori nei quali opera, lasciando sperare nella possibile affermazione di un nuovo regionalismo critico cinese.
Alberto Bologna
Chinese Brutalism Today. Concrete and Avant-Garde Architecture
Oro Editions, San Francisco 2019
Qui è possibile acquistare Archi 3/2020. Qui si può invece leggere l'editoriale con l'indice del numero.