Recensione a «Costruire» di Roma Agrawal
In «Costruire. Le storie nascoste dietro le architetture», Roma Agrawal racconta le imprese di rinomati esponenti dell’ingegneria strutturale.
Roma Agrawal, classe 1983, progetta strutture da oltre dieci anni. La sua fama inizia grazie al lavoro di calcolo alla guglia sommitale del grattacielo The Shard di Renzo Piano a Londra. Ho avuto la fortuna d’incontrare Agrawal quando un mio tenace allievo alla University of Kent ottenne d’intervistarla per il suo lavoro di tesi proprio sul grattacielo londinese. Accompagnando il mio studente, riscontrai in Agrawal una professionista guidata da fervente passione per la divulgazione. Questa passione è la stessa che traspare nel suo libro Costruire. Le storie nascoste dietro le architetture, pubblicato nella sua versione in italiano da Bollati Boringhieri nel febbraio del 2019. Nel suo libro Agrawal racconta le imprese di famosi ingegneri che hanno contribuito allo sviluppo tecnologico dell’ingegneria strutturale.
Nel libro si intrecciano tre diverse narrative riconoscibili in ogni capitolo. La prima si dipana attraverso spiegazioni semplificate dei principi d’ingegneria strutturale mentre la seconda inanella la storia della costruzione di alcuni rilevanti edifici, sia antichi che moderni. Agrawal usa come collante per connettere questi due filoni narrativi alcuni episodi di vita personale che hanno influenzato la sua formazione e il suo modus operandi da ingegnere. La spina dorsale che dovrebbe legare l’intero racconto è tuttavia un po’ fragile, essendo gli avvenimenti slegati logicamente e storicamente. I casi studio scelti e descritti da Agrawal appartengono alla sua formazione e quindi per la maggior parte situati nell’anglosfera. Questo comporta che grandi nomi dell’ingegneria come Maillart, Torroja, Candela, Nervi, Morandi vengano trascurati nella narrazione insieme ai loro fondamentali contributi. Le opere raccontate nel libro sono, tuttavia, analizzate e descritte con precisione e coerenza. Particolarmente riusciti i capitoli su Emily Warren Roebling, figura fondamentale per l’ultimazione del Ponte di Brooklyn e idolo di Agrawal, e su Joseph Bazalgette e il suo progetto per la rete fognaria di Londra.
Il libro si legge velocemente grazie a un linguaggio esplicativo e accessibile anche a un pubblico di non addetti ai lavori. Alla fine della lettura è difficile non domandarsi quale sia il lettore perfetto per questo libro… La domanda non trova facile risposta. Agrawal è una brillante ingegnere strutturista, ma non è un'insegnante, e il libro arranca se ci si focalizza solo sul suo scopo pedagogico. Secondo l’autrice l’ingegnere è colui che mette le ossa per sostenere l’immagine dell’edificio decisa dagli architetti. Questo «verdetto» si basa su un punto di vista tipico della formazione anglosassone, dove agli architetti si impartiscono contenuti tecnici che possono essere considerati limitati se paragonati all’educazione strutturale che si riceve nelle scuole di architettura in Svizzera, Spagna, Germania o Italia. Il tono del libro quindi potrebbe suonare un po’ paternalistico a un pubblico di architetti di formazione continentale. Agrawal perde piuttosto un’occasione per raccontarci in dettaglio il dietro le quinte del suo lavoro e di cosa succede quando oggi, nella pratica, complesse architetture prendono vita.
Il contributo più importante di questo libro è certamente quello d’ispirare future generazioni di ragazze a diventare ingegneri e colmare cosi la retrograda disuguaglianza di genere nel settore delle costruzioni. Il lettore potrà essere incuriosito principalmente dalle esperienze personali dell’autrice che ritraggono, purtroppo solo in superficie, la sua persona. Avremo voluto sapere di più degli ostacoli che una donna ingegnere ha dovuto affrontare per costruire il suo successo in un mondo professionale dominato dal genere maschile. Ci sono, quindi, delle occasioni perse in questo libro che però riesce a divulgare con determinazione e diligenza il compito e l’importanza degli ingegneri nello sviluppo tecnico dell’ambiente costruito.