«La vo­ce del­la SIA con­ta»

Intervista a cura di Judit Solt

Dal 1° luglio 2024 l’architetta Susanne Zenker è presidente della SIA. Nell’intervista ci spiega le principali sfide che si è trovata ad affrontare e i temi che le stanno a cuore. Inoltre, menziona la responsabilità sociale, gli intensi dibattiti condotti e l’importanza di esaminare questioni complesse in maniera trasversale.

Data di pubblicazione
09-12-2024

Signora Zenker, dal 1° luglio di quest’anno lei ha preso in mano le redini della SIA nel ruolo di presidente. Quali sono le prime impressioni? 

Susanne Zenker: nei primi mesi trascorsi alla testa della Società ho imparato molte cose, durante le riunioni certo, ma anche negli incontri bilaterali. Ogni momento di scambio e dialogo suscita sempre in me nuovo entusiasmo. È stimolante vedere quanto sapere e quanto impegno racchiuda la SIA, un’associazione che si occupa di temi che interessano da vicino l’intera collettività. Il fatto di potermi dedicare a questioni di questo spessore nella mia quotidianità professionale mi riempie di soddisfazione. È una grande opportunità e al contempo anche una grande responsabilità: la SIA è un’associazione riconosciuta, la sua voce conta. Capita spesso – anche quando si discute di tematiche che non riguardano strettamente l’architettura e l’ingegneria – che mi si chieda: «E la SIA, che cosa dice al riguardo?». Mi ha colpito molto constatare quanta importanza venga attribuita all’opinione della SIA.

La SIA è una grande associazione interdisciplinare, la sua organizzazione è complessa. Ha già potuto tracciare una visione d’insieme? 

S.Z.: Sono ben consapevole di non avere ancora visto tutto. Intanto ho cominciato a capire il ruolo dei diversi gremi, ne conosco i membri e so chi è responsabile di cosa. Non ho però ancora una completa visione d’insieme sul modo in cui tutti questi attori interagiscono tra loro. E questo è un punto che per me è assolutamente centrale. Come posso contribuire ad avvicinare i diversi protagonisti della SIA, tanto sul piano tematico che organizzativo per facilitare gli scambi reciproci e rafforzare la collaborazione? In questo momento sto lavorando alacremente per riuscire in questo mio obiettivo.

I suoi predecessori, oltre a rivestire il ruolo di presidenti, conducevano un proprio studio di progettazione. Lei invece ha deciso di lasciare la sua carica di responsabile del settore Development di FFS Immobili, dove era anche membro della direzione, per dedicarsi completamente al mandato presidenziale. Che cosa l’ha spinta a fare questa scelta? 

S.Z.: È stata una scelta logica, poiché le due funzioni non erano tra loro compatibili. Nel mio ruolo di responsabile del settore Development di FFS Immobili ero a capo di un servizio con 70 collaboratori, il cui compito era quello di gestire progetti e aggiudicare commesse ai progettisti – ci sarebbe stato un evidente conflitto d’interessi. È stato così anche cinque anni fa, quando ho assunto il mio precedente ruolo presso FFS Immobili; allora avevo dovuto rinunciare alla mia affiliazione alla SIA per poter preservare la mia neutralità. Ad ogni modo, a prescindere da questo aspetto, sarebbe stato impossibile conciliare i due ruoli, per ragioni di tempo. Quello di presidente SIA è un ruolo al 60 per cento, alla testa di FFS Immobili lavoravo a tempo pieno.

Il ruolo di presidente SIA corrisponde veramente a un’occupazione al 60 per cento?

S.Z.: Probabilmente no, ed è proprio per questo che è stata saggia la decisione di dedicarmi pienamente a questa funzione. Insomma, oltre a qualche mandato che esercito in seno ad alcuni consigli di amministrazione, posso dire di essere presidente SIA a tempo pieno. Ed è un punto che ho ribadito sempre anche durante i colloqui intrattenuti prima di essere eletta. Quando si è presidenti lo si è al cento per cento, perché si è la funzione stessa, la si incarna. Non si può dire: «Ecco, bene, sono le 15, ho fatto le ore che dovevo fare, ci rivediamo la settimana prossima!». È un ruolo che richiede un impegno totale. Il tasso di occupazione del 60 per cento è una base che è servita come ordine di grandezza per calcolare il mio compenso. 

Signora Zenker, lei ha conosciuto le diverse sfaccettature legate alla professione dell’architetto: dopo aver conseguito il diploma presso il Politecnico federale di Losanna (EPFL) ha lavorato per quasi dieci anni come architetta, prima come libera professionista e poi come dipendente presso uno studio di progettazione, a Londra e poi a Zurigo. Successivamente, ha deciso di cogliere una nuova sfida, si è dedicata alla realizzazione di progetti immobiliari e allo sviluppo di nuove aree, per poi arrivare al settore FFS Immobili. Visto il suo percorso, potremmo dire che conosce i due fronti, quello del mandante e quello del mandatario. Alcuni progettisti considerano la committenza come la «controparte». Secondo lei, in veste di presidente, è un vantaggio il fatto di aver potuto raccogliere esperienze sia in un ambito che nell’altro?

S.Z.: Un settore può sopravvivere soltanto quando è in grado di comprendere la propria clientela – per gli architetti e gli ingegneri i clienti sono i committenti. Trovo affascinante che il termine cliente si utilizzi in questo caso sia per designare gli utenti finali dell’opera che i mandanti. La competenza dei mandanti è un tassello estremamente importante di tutto il mosaico, ma c’è ancora molto da fare al riguardo. Questo è uno dei temi che voglio portare avanti in veste di presidente SIA. Qui non mi riferisco ai mandanti professionali che, di regola, sanno esattamente che cosa vogliono, ma ai committenti con poca esperienza, che forse costruiscono per la prima volta. Nei loro confronti i progettisti hanno una grande responsabilità. È importante che si prendano il tempo, che intrattengano con loro un dialogo, per capire che cosa veramente vogliono e per consigliarli al meglio. Hanno già un’idea chiara in mente? Oppure c’è spazio per dare loro suggerimenti, proposte e alternative? Accompagnare i committenti sin dall’inizio, attraverso il dialogo, spiegando loro tutto ciò che non hanno capito, fino al momento in cui sono in grado di formulare chiaramente ciò che vogliono, permette di portare avanti un progetto in modo più efficace. Si possono definire le prestazioni in maniera trasparente, è più semplice formulare un’offerta di onorario e si evitano inutili andirivieni e malintesi.

Rafforzando questa funzione consultiva, si potrebbe contribuire a valorizzare la professione del progettista agli occhi della società, anche sul piano rimunerativo? 

S.Z.: Sì, certamente. Per molti committenti non è per nulla chiaro quale sia il ruolo dei progettisti e per quale motivo siano così importanti. Durante il mio percorso professionale ho sentito spesso frasi del tipo: «Non abbiamo bisogno di una bella facciata ma di un edificio funzionale». Quello che molti non capiscono è che una cosa non esclude l’altra, e che la qualità e la cultura della costruzione di qualità poggiano sempre su un dialogo interdisciplinare. Ma per avvicinare questi due mondi bisogna fare ancora un po’ di strada. Anche questo è uno dei motivi che mi ha spinta a candidarmi in veste di presidente SIA.

La SIA elabora norme e regolamenti che vertono sulle buone pratiche del settore e apportano un contributo decisivo alla qualità della cultura della costruzione svizzera. Pertanto, essa svolge, come associazione privata, un compito che in altri Paesi europei è assunto dalle istituzioni statali. La raccolta di norme e regolamenti SIA è allestita da centinaia di professionisti impegnati a titolo onorifico. Ciò rende possibile un approccio direttamente orientato alla pratica e un elevato grado di accettazione, al contempo però questa modalità talvolta allunga le tempistiche, il che può rivelarsi frustrante quando, considerata la posta in gioco, bisogna agire nell’immediato. Ne sono un esempio la revisione degli RPO oppure l’obiettivo dello zero netto. Che cosa ne pensa al riguardo?

S.Z.: Se si pensa che la SIA elabora norme e regolamenti importanti che non sono leggi ma che nella pratica sono adottate come tali, non mi sembra che i processi siano particolarmente lunghi, al contrario. Pensiamo ai tempi necessari per l’elaborazione di una legge: prima di essere approvata ed entrare in vigore, deve passare da diverse istanze politiche e messa in consultazione. Noi abbiamo un atout eccezionale, e cioè quello di poterci impegnare tutti insieme. Nel nostro ruolo di professionisti, armati di passione, possiamo definire gli standard alla base del nostro lavoro. Però certo, lo capisco, a volte si vorrebbero vedere risultati più rapidi. Per quanto riguarda la revisione degli RPO, devo dire che non conosco tutta la genesi, visto che all’inizio non ero presente. Ho però l’impressione che le difficoltà incontrate inizialmente erano forse dovute al fatto che non tutte le persone coinvolte avessero compreso il compito allo stesso modo. Probabilmente alcuni aspetti si sarebbero dovuti chiarire a monte, prima di cominciare i lavori si sarebbero dovute individuare le diverse aspettative, risolvere i disaccordi e fissare un obiettivo comune e condiviso. 

Nel suo ruolo di presidente lei è responsabile, insieme al Comitato, della direzione strategica della SIA. La Direzione invece assume la gestione operativa dell’Ufficio amministrativo. Quali temi strategici affronta in modo prioritario? Secondo lei, quali sono gli ambiti in cui il settore si trova ad affrontare le maggiori sfide? Come può contribuire la SIA a gestirle al meglio?

S.Z.: Condivido pienamente la visione della SIA: «Insieme per creare un ambiente di vita sostenibile». È una visione forte ed esprime tutto ciò di cui oggi abbiamo bisogno, come società. La SIA si impegna nel concretizzare la propria visione e per riuscirci ha fissato i sei seguenti temi prioritari: cultura della costruzione, pianificazione del territorio, clima ed energia, trasformazione digitale, formazione e appalti. Secondo il mio punto di vista, la sfida principale consiste nell’affrontare questi temi in modo trasversale, sia per quanto riguarda i contenuti sia a livello organizzativo. E qui, nel mio ruolo di presidente SIA, ho un obiettivo che mi sta particolarmente a cuore. Oggi la tendenza è quella di lavorare suddivisi in settori, in compartimenti stagni – in gruppi professionali, regioni, discipline, sezioni, si fa tutto in modo separato, ognuno per conto suo. A mio modo di vedere dobbiamo andare oltre tali suddivisioni, abbracciare una visione più aperta, solo così possiamo affrontare temi complessi. Non possiamo parlare di cultura della costruzione senza tenere conto della pianificazione del territorio, dell’approvvigionamento energetico e della crisi climatica. Non possiamo riflettere sulla formazione senza considerare la trasformazione digitale. La visione e i sei temi prioritari della SIA sono pertinenti ma ora bisogna mettere tutto insieme. È questa la mia sfida personale, l’obiettivo che mi sono posta: riuscire a lavorare con più coesione, in maniera più trasversale, sia dal punto di vista tematico che organizzativo. 

E proprio qui si chiude il cerchio, vero? All’inizio dell’intervista aveva menzionato l’importanza dell’interazione tra i diversi gremi della SIA.

S.Z.: Sì, e vorrei ancora aggiungere una cosa: la SIA è predestinata ad adottare questo approccio trasversale nel proprio lavoro e forse anche a fungere da esempio per l’intera collettività. Di fatto si tratta di un’associazione che è interdisciplinare per sua stessa natura, è iscritto nel suo DNA. In Svizzera vedono la luce moltissime associazioni. Ogni volta che la gente ha la sensazione di non riuscire a progredire con un dato tema ecco che si decide di fondare un’associazione – esistono associazioni per ogni cosa, e ogni associazione lavora per conto proprio, china sulle tematiche che ritiene più importanti. La SIA invece è stata fondata come associazione interdisciplinare e riunisce progettisti attivi negli ambiti più diversi. L’interdisciplinarità appartiene all’identità stessa dell’associazione. La Società non rappresenta soltanto un gruppo professionale, pensa in un’ottica più vasta, in un contesto di più ampio respiro. Anche per questo, come ho detto all’inizio, la nostra associazione si posiziona in Svizzera come opinion leader.

Come posso contribuire ad avvicinare i diversi attori della SIA, tanto sul piano tematico che organizzativo?

Un settore può sopravvivere solo se comprende a fondo la propria clientela. I clienti degli architetti e degli ingegneri sono i committenti.

Oggi la tendenza è quella di lavorare ognuno separatamente, in compartimenti stagni. A mio modo di vedere dobbiamo andare oltre tali suddivisioni, abbracciare una visione più aperta, solo così possiamo affrontare temi complessi.

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