Clinica di riabilitazione EOC, Novaggio
Terza tappa 2011-2021
Le opere presentate costituiscono l'ultimo tassello della lunga serie di ristrutturazioni, ampliamenti e nuove edificazioni realizzate dall'architetto Pietro Boschetti alla Clinica di riabilitazione di Novaggio. Iniziate e portate avanti a tappe, a partire dal 1989, esse fanno parte di un mosaico architettonico piuttosto unico, visto il loro sviluppo in un arco di tempo di oltre tre decenni, che ha visto anche un cambio di proprietà. Dopo essersi aggiudicato il concorso per il masterplan nel 1988, Boschetti è stato una figura costante nello sviluppo del complesso, accompagnando con interventi mirati l'evolversi della struttura.
Il Padiglione A è il penultimo e più importante intervento realizzato, il cuore funzionale della clinica. In esso, un palinsesto architettonico, si legge l'anima dinamica e metamorfica di questo villaggio della salute. La storia di questo padiglione ha infatti origine oltre un secolo fa. Nato come albergo Beau Séjour nel 1904, esso fu preso in affitto dalla Confederazione nel 1922 per ricoverarvi soldati affetti da tubercolosi. Il rapido aumento del numero di pazienti portò nel 1925 all'acquisto dell'albergo e di vari edifici adiacenti unificandoli in un grande parco per costituire la clinica militare di Novaggio. Il manufatto fu costantemente trasformato seguendo l'evoluzione dei trattamenti applicati. Durante la Seconda Guerra Mondiale fu edificata l'ala orientale e nel 1957 si eseguì una sopraelevazione di quest'ultima, dotando l'edificio di un nuovo impianto per radiografie e camere a due letti.
A partire dagli anni Novanta, Boschetti cominciò il lungo percorso di sviluppo dell'impianto. Tra i lavori più importanti di quel decennio vi sono l'autorimessa e il rifugio ospedaliero da utilizzare in caso di guerra (1990); la piscina terapeutica coperta, un edificio cilindrico con luce zenitale (1991); il posteggio per invalidi con l'ascensore esterno (1993); la centrale termica (1995) e il ridisegno del parco e i suoi sentieri (1996).
Se da un lato l'ambiente di montagna, con la prossimità alla natura e un'aria salubre, sembrava perfettamente adatto alla riabilitazione, dall'altro la complessa topografia ha richiesto risposte architettoniche adatte a persone con mobilità ridotta. Un esempio interessante è l'ascensore esterno, racchiuso in una torre in cemento armato che collega la parte bassa del parco all'edificio principale tramite una passerella con la sua leggera struttura a traliccio in metallo. Altri accorgimenti, volti a risolvere le differenze di livello tra i padiglioni che accolgono i pazienti, sono varie strutture a ponte che fungono da corridoi interni.
Nel 2003 vi fu il passaggio di proprietà all'Ente Ospedaliero Cantonale (EOC), al quale la Confederazione donò la clinica aggiungendo in dote un credito di 13 milioni di franchi per la realizzazione di ulteriori lavori di risanamento e costruzione assicurandole così un solido futuro. L'EOC decise quindi di ristrutturare e ampliare il padiglione B (progetto dell'architetto Angelo Bianchi, 1969), di eseguire una nuova autorimessa e officina per il personale tecnico, di ristrutturare la vecchia caffetteria (progetto dell'architetto Giampiero Camponovo, 1977), per trasformarla nel nuovo edificio amministrativo e infine, a partire dal 2011, di ristrutturare e ampliare il padiglione A.
La sfida di questo progetto, come accennato inizialmente, consisteva nell'unificare architettonicamente un manufatto cresciuto nel tempo, senza però cancellare le tracce del suo interessante percorso storico.
Centrale è la realizzazione di un nuovo zoccolo in calcestruzzo, formato da una lunga passerella aggettante verso valle che si distende su tutta la lunghezza dell'edificio. Il suo scopo è duplice: portare l'ingresso principale sul lato meridionale in un'area accessibile all'utente in corrispondenza con il corpo centrale dell'edificio e dotare la nuova mensa di una terrazza coperta. I pilastri arretrati ritmano la facciata e la divisione dei serramenti lasciando libera la vista verso il paesaggio.
Il corpo centrale, con la riformulazione delle aperture e del tetto prende slancio e assume il ruolo di baricentro formale della volumetria. Infine, la ristrutturazione delle terrazze dell'ala ovest e la realizzazione di quelle prefabbricate in acciaio dell'ala est rafforzano il prospetto meridionale e la relazione con il paesaggio.
Gli interni sono stati completamente ridisegnati e riformulati. Seguendo il percorso del visitatore, dopo aver superato la rampa di accesso, si accede all'atrio d'entrata: un ampio spazio dominato dalla presenza di un grande quadro di Cesare Lucchini. A sinistra, nell'ala ovest, aperta verso l'ingresso, vi è l'accoglienza e parte dell'amministrazione, mentre a destra si trovano gli spazi ristorativi.
Il ristorante, concepito come un luogo di incontro, è organizzato in sala principale e angolo caffetteria. Il paziente è invitato a consumare qui i suoi pasti per motivarlo a socializzare, muoversi e riattivarsi. Lo spazio, libero da barriere architettoniche, è concepito con materiali naturali: granito, legno e metallo, mentre le grandi vetrate si aprono verso il panorama. I mobili in legno sono stati scelti accuratamente per essere a misura del paziente, leggeri, comodi e in sintonia con un luogo che deve riportare equilibrio a persone che hanno subito lesioni importanti. La cucina e i locali tecnici si trovano al livello parzialmente interrato e beneficiano di ampie vetrate a banda che generano spazi di lavoro confortevoli e ben illuminati.
Nei livelli superiori si trovano gli studi medici e le camere dei pazienti, arricchite dalla realizzazione delle generose terrazze che permettono di godere di uno spazio esterno coperto privato. All'ultimo piano, in corrispondenza con il volume rialzato del corpo centrale, è stato progettato uno spazio di riflessione, aperto alla meditazione, alla preghiera interconfessionale o più semplicemente alla ricerca di serenità (vedi immagine a fianco). Le pareti sono state lavorate con uno stucco di tonalità rosso pompeiano, il soffitto è in legno di faggio, mentre al centro un imponente corpo in ottone incornicia un frammento del paesaggio.
L'ultimo intervento in ordine temporale è costituito dai nuovi depositi e posteggi accanto all'edificio amministrativo. Dopo aver demolito la vecchia lavanderia, che ostruiva parzialmente la relazione costante tra l'utente e il parco, l'architetto ha progettato i nuovi locali a ridosso del pendio, prolungando il muro in pietra esistente e creando il posteggio per l'amministrazione nel vuoto generato. Un lungo ambiente a volta in calcestruzzo, oggi adibito a deposito, dovrebbe in futuro diventare un piccolo museo della storia della clinica, mentre il livello sottostante, più ampio, è usato come falegnameria dal personale tecnico, chiamato quotidianamente a interventi di manutenzione.
Luogo
Novaggio
Committenza
EOC Ente Ospedaliero Cantonale, Bellinzona
Architettura
Pietro Boschetti studio d'architettura Sagl, Lugano
Collaboratori
M.Besseghini, G.Valentini, C. Boschetti
Ingegneria civile
Giani e Prada SA, Lugano
Progetto impianti RVCS
Visani Rusconi Talleri SA, Lugano
Progetto impianti elettrici e illuminotecnica
Elettroconsulenze Solcà SA, Mendrisio
Fisica delle costruzioni e acustica
IFEC Ingegneria SA, Rivera
Fotografia
Filippo Simonetti, Brunate/Como (I)
Impresa
Mafledil SA, Osogna
Date
concorso 1988, progetto Padiglione A 2011 / Depositi 2017, realizzazione Padiglione A 2016 / Depositi 2020
Riscaldamento e acqua calda
teleriscaldamento con caldaia a cippato