Fotovoltaico integrato: qualità e sicurezza
Intervista a Mauro Caccivio e Fabio Parolini
Il laboratorio accreditato PVLab di Mendrisio e il team Involucro Innovativo si occupano di sottoporre i materiali a rigorosi test di durabilità e di resistenza meccanica e alla grandine e di garantire la sicurezza, la resistenza al fuoco e l’efficienza degli impianti: tutte tematiche centrali quando si parla degli impianti delle tecnologie BIPV.
Nel panorama delle tecnologie BIPV, la qualità e la sicurezza degli impianti rappresentano fattori cruciali per il successo e la diffusione di queste soluzioni. A tal proposito, abbiamo avuto l’opportunità di intervistare due ricercatori della SUPSI, Mauro Caccivio1 e Fabio Parolini2, per approfondire il ruolo del laboratorio accreditato PVLab di Mendrisio, unico nel suo genere in Svizzera, e le attività del team Involucro Innovativo che si occupano di sottoporre i materiali a rigorosi test di durabilità e di resistenza meccanica e alla grandine e di garantire la sicurezza, la resistenza al fuoco e l’efficienza degli impianti.
Francesco Frontini: Quando si tratta il tema del fotovoltaico è importante parlare di qualità dei moduli e della loro durabilità. Alla SUPSI come tenete conto di questa tematica e quali sono le sfide principali? Qual è la durata di vita di un impianto fotovoltaico?
Mauro Caccivio: La tematica della durabilità dei moduli fotovoltaici è centrale per poter garantire un ritorno sull’investimento non solo in termini economici ma anche di energia spesa per produrli. Alle nostre latitudini, un modulo fotovoltaico ha un ritorno energetico di appena 2 anni, dopo di che produce energia gratuitamente per l’ambiente fino alla fine della sua vita utile. Garantire il buon funzionamento per 40 anni, come alcuni dei produttori di moduli fotovoltaici hanno iniziato a proporre recentemente, è comunque una sfida complessa: l’impianto TISO, TIcino SOlare, situato al Campus Trevano di Lugano, il primo a essere connesso alla rete elettrica in Europa nel 1982, ha confermato le grandi potenzialità in termini di durata degli impianti fotovoltaici, con 48 degli originali 288 moduli tuttora attivi e performanti. Sulla base di questo esperimento pionieristico, SUPSI ha fondato le attività del gruppo che lavora ancora oggi su qualità, caratterizzazione e test di durata dei moduli fotovoltaici, in conformità agli standard nazionali e internazionali: il SUPSI PVLab. Oltre alla durata dei pannelli, l’efficacia di un impianto fotovoltaico può essere influenzata da fattori come la manutenzione, le condizioni climatiche e la qualità dell’installazione iniziale. Inoltre è importante sottolineare che la progettazione corretta di un impianto è la base per la sua affidabilità: l’utilizzo di software dedicati per la simulazione dei diversi fattori ambientali e tecnologici (ombreggiamento, irraggiamento durante l’anno, modelli dettagliati dei componenti dell’impianto) può fare la differenza nel determinare correttamente la resa energetica ed economica. Per questo è fondamentale rivolgersi a progettisti qualificati e con esperienza.
FF: Nel vostro laboratorio cosa viene fatto e qual è il supporto che date alle aziende e ai professionisti? Come verificare che un prodotto sia di buona qualità e non ponga dei problemi nel tempo, soprattutto quando parliamo di sistemi integrati, che sono più difficili da rimpiazzare e sostituire?
MC: Il laboratorio fotovoltaico della SUPSI (SUPSI PVLab) è un luogo dedicato alla ricerca, allo sviluppo, alla sperimentazione e al collaudo di tecnologie fotovoltaiche. Abbiamo un ruolo fondamentale nel progresso e nella diffusione del fotovoltaico come fonte di energia rinnovabile in Svizzera e nel mondo.
Il nostro laboratorio si propone all’industria e ai professionisti che operano nel settore del fotovoltaico guidandoli attraverso il difficile percorso di definizione delle sequenze di test di invecchiamento accelerato. Oltre alle sequenze identificate all’interno degli standard internazionali, la proposta di nuove procedure va di pari passo con l’innovazione del prodotto: in questo senso, SUPSI è un ente indipendente che partecipa a progetti di ricerca con respiro internazionale, portando al suo interno una vasta gamma di competenze sempre più necessarie per identificare le criticità per sicurezza e affidabilità dei prodotti integrati. Le verifiche vanno dalla caratterizzazione completa delle ultime tecnologie ad alta efficienza arrivate sul mercato, ai test estremi nelle camere climatiche che simulano l’alternarsi delle stagioni (sottoponendo i moduli fotovoltaici a forti stress termici), all’esposizione dei prodotti nei simulatori continui di irraggiamento solare, che invecchiano i materiali con la presenza consistente di raggi UV. In sintesi, possiamo dire che, pur essendo la via verso l’affidabilità irta di ostacoli, esistono metodologie che assicurano ai prodotti integrati durate compatibili con quelle dei materiali edilizi, che hanno orizzonti di 50 anni.
Oltre al laboratorio, che vanta diversi strumenti di misura e verifica delle prestazioni di un modulo fotovoltaico, vi è uno spazio esterno, sulla copertura piana del campus di Mendrisio, dove è monitorata la resa energetica delle diverse tecnologie presenti sul mercato, montando i moduli su strutture di test. Oltre alle tecnologie standard, ci concentriamo sulla tematica dell’integrazione architettonica, con piccole installazioni di sistemi di facciata e copertura. Queste sono di dimensioni ridotte, ma rappresentative delle condizioni reali sperimentabili sull’edificio, permettono di studiare insieme ai progettisti e ai produttori di sistemi integrati le prestazioni di sistemi BIPV e fotovoltaici prima che siano installati nella loro configurazione finale.
FF: Recentemente abbiamo visto come i cambiamenti climatici e le forti grandinate in particolare possano arrecare danni alle installazioni. Quali le misure che si possono prendere e come muoversi in caso di danni dovuti a questi fenomeni naturali importanti?
MC: Il clima che cambia sta aumentando la frequenza e l’intensità degli eventi estremi, come le grandinate. Le dimensioni dei chicchi di grandine hanno raggiunto negli ultimi anni diametri considerevolmente più grandi rispetto a quelli richiesti dagli standard internazionali. In effetti ogni pannello sul mercato deve resistere all’impatto ripetuto di sfere di ghiaccio di 25 mm lanciate a 83 km/h. In Svizzera e, più in generale, nella zona alpina, lo standard definito dall’Associazione degli istituti cantonali di assicurazione (AICA) è più esigente e prevede diametri e velocità crescenti che possono arrivare a 50 mm e 110 km/h, simili a quelli che hanno colpito lo scorso agosto 2023 la città di Locarno e i suoi dintorni. In generale il consiglio è di installare pannelli certificati in accordo alla normativa svizzera (www.hagelregister.ch), investendo su prodotti di qualità, testati e certificati da laboratori indipendenti: il SUPSI PVLab è uno dei pochi laboratori accreditati anche per questo standard e sta approfondendo la tematica anche dal punto di vista della ricerca nell’ambito del progetto ACHILLES, condotto in collaborazione con il laboratorio SUPSI Dynamat, con OST, la Scuola universitaria di Rapperswil e Swissolar. Il progetto è finanziato da AICA e ha come obiettivo la preparazione di linee guida che consentano la determinazione dei danni dovuti a una forte grandinata secondo criteri più oggettivi. I risultati saranno disponibili a inizio 2025. Se si sospettano danni all’impianto, è meglio non tentare di riparare o sostituire i pannelli da soli, poiché c’è il rischio di scosse elettriche o ulteriori danni: si consiglia invece di contattare un tecnico o un’azienda specializzata in impianti fotovoltaici per una valutazione professionale. A seconda dell’entità del danno, il professionista può suggerire riparazioni o sostituzione dei pannelli. Se l’intero impianto fosse danneggiato, potrebbe essere necessario un lavoro più ampio per ripristinarne il funzionamento
Francesco Frontini: Uno dei temi più discussi negli ultimi mesi in Svizzera è il rischio incendio per gli impianti fotovoltaici. Qual è la situazione e quali i rischi reali?
Fabio Parolini: Il dibattito riguardante il rischio di incendio negli impianti fotovoltaici sugli edifici è sicuramente uno dei principali argomenti di discussione, non solo in Svizzera ma anche a livello internazionale. È tuttavia cruciale affrontare la questione con una prospettiva equilibrata, considerando attentamente sia i potenziali rischi che le misure preventive necessarie per mitigarli. Deve essere compreso che il fotovoltaico in facciata è essenzialmente un componente da costruzione e, come tale, può presentare degli imprevisti, richiedendo l’adozione di misure preventive adeguate al fine di ridurli al minimo.
Il fotovoltaico, pertanto, non deve essere demonizzato, ma deve essere compreso per poter gestire gli eventuali rischi aggiuntivi. Sia le autorità che gli operatori del settore stanno infatti lavorando attivamente per garantire la sicurezza degli impianti fotovoltaici attraverso l’adozione di una serie di misure preventive. Credo che ormai sia diventato palese che è necessario effettuare controlli regolari e una corretta manutenzione, applicare un monitoraggio costante delle condizioni operative degli impianti, provvedere a eventuali installazioni di controllo e spegnimento. Tutto queste attività devono essere supportate da una specifica formazione del personale in modo che sia edotto sul tema e si garantiscano le necessarie competenze.
In sintesi, dal mio punto di vista, è necessario riconoscere che il fotovoltaico, come qualsiasi altro componente da costruzione combustibile, può apportare dei rischi aggiuntivi, ma essi sono gestibili ed esistono misure preventive efficaci per contenerli. Con un’adeguata attenzione alla sicurezza e alla conformità normativa, gli impianti fotovoltaici possono continuare a svolgere un ruolo importante nella transizione verso un futuro energetico sostenibile in Svizzera.
FF: Quali sono le differenze tra impianti installati in copertura ed elementi integrati in facciata? E in che modo si differenziano i sistemi o i prodotti tradizionali da costruzione (non fotovoltaici) dai sistemi fotovoltaici integrati?
FP: Per rispondere alla prima domanda è necessario fare una piccola premessa e distinguere la tipologia di fotovoltaico che viene installato sull’edificio. Innanzitutto quando si tratta di fotovoltaico integrato nell’involucro edilizio, sia esso di facciata o di copertura, il modulo fotovoltaico deve essere considerato prodotto da costruzione. Secondo il regolamento dei prodotti da costruzione europeo (CPR) si tratta di prodotto da costruzione quando è incorporato in modo permanente in edificazioni o in parti di esse e la sua attività incide sulla prestazione dei fabbricati rispetto ai requisiti di base delle opere stesse. È importante notare che viene fatto riferimento al regolamento europeo in quanto la Svizzera, tramite gli accordi sul reciproco riconoscimento (Mutual Recognition Agreements), ne ammette l’equivalenza normativa e ne applica i requisiti.
Quando invece il fotovoltaico è impiegato senza esserne incorporato in modo permanente viene definito «applicato» all’edificio. Tali definizioni sono riportate anche nel Promemoria antincendio – impianti solari redatto dall’Associazione degli istituti cantonali di assicurazione antincendio.
Nella maggioranza dei casi gli impianti di facciata sono realizzati con moduli integrati nell’involucro edilizio mentre, quando posizionati in copertura, si applicano generalmente in sovrapposizione alla stessa. Esistono pertanto differenze significative: questi ultimi sono solitamente progettati per massimizzare l’efficienza nella produzione di energia solare. Gli elementi fotovoltaici in facciata sono invece inseriti direttamente nell’involucro in modo da armonizzarsi con l’estetica dell’edificio, svolgere la funzione edilizia preposta, considerando aspetti quali la ventilazione, la dilatazione termica, la protezione dagli agenti atmosferici ecc. In quanto elementi multifunzionali attivi possiedono come valore aggiuntivo il fatto di produrre energia dalla fonte solare. Le differenze non si limitano però solo a questioni tecniche ma coinvolgono anche aspetti normativi. Nella valutazione del rischio di incendio e nella classificazione alla reazione al fuoco devono essere applicate procedure di test differenti che ne identificano il relativo comportamento. Per le coperture viene applicata la norma SN EN 13501-5:2016 che rimanda alle procedure esposte nella CEN/TS 1187:2012, Metodi di prova per l’esposizione delle coperture al fuoco esterno.
Per i prodotti in facciata si utilizza invece la SN EN 13501-1:2018 Classificazione al fuoco dei prodotti e degli elementi da costruzione, basata sui dati delle prove di reazione al fuoco. La norma relativa a questi prodotti che contengono materiali combustibili, quali i moduli fotovoltaici, dovrà fare riferimento alla SN EN 13823 e alla SN EN ISO 11925-2. La prima detta SBI (Single Burning Item), descrive un metodo di prova per determinare il comportamento al fuoco dei prodotti da costruzione quando sono esposti all’attacco termico di un singolo elemento in fiamme. La seconda valuta la capacità di prendere fuoco di prodotti soggetti all’incidenza diretta della fiamma (detto test di accendibilità mediante piccola fiamma).
In riferimento alla seconda domanda, vi sono differenze tra i prodotti da costruzione tradizionale non attivi elettricamente e i prodotti fotovoltaici in grado di produrre energia.
Tuttavia, come detto in precedenza, quando costituiti da materiale combustibile, entrambi possiedono dei rischi. Purtroppo la Grenfell Tower di Londra o la Torre dei Moro a Milano, così come altri casi di incendio, hanno evidenziato il rischio nell’utilizzo di materiali combustibili senza che vi sia uso del fotovoltaico. Va detto comunque che, rispetto ai materiali da costruzione tradizionali, i moduli fotovoltaici presentano alcune caratteristiche che possono aumentare il rischio. Si pensi alla presenza di parti elettriche ed elettroniche come scatole di giunzione, connettori, micro-inverter che a causa di malfunzionamenti potrebbero innescare la fiamma.
Come espresso dal collega Caccivio, nei moduli fotovoltaici con particolari ombreggiature si possono verificare surriscaldamenti localizzati che potrebbero aumentare il rischio di incendio. A seguito di eventi atmosferici quali grandinate di particolare intensità, si potrebbero determinare situazioni di pericolo, da mitigare tramite adeguati processi di controllo e manutenzione. Va comunque considerato che nel mercato esistono soluzioni efficaci; inoltre, un’adeguata conoscenza della materia da parte degli installatori permetterebbe una riduzione più che significativa dei rischi.
FF: Quali dunque i consigli e le misure da prendere per ridurre i rischi di incendio?
FP: È fondamentale eseguire progettazioni e installazioni sicure. Ciò include l’uso di materiali che siano stati provati e abbiano adeguata reazione al fuoco. Deve essere effettuata una manutenzione regolare e accurata: molto spesso, infatti, fenomeni che aumentano il rischio non vengono rilevati proprio a causa di mancati controlli. Prendiamo l’esempio di una forte grandinata: se nessuno controllasse lo stato dei moduli, aumenterebbe esponenzialmente il rischio. Oltre a questa buona pratica, si deve aggiungere un’adeguata pulizia periodica dei pannelli solari, l’ispezione dei cavi e dei collegamenti elettrici e la verifica del corretto funzionamento di tutti i sistemi di protezione e rilevamento. Un aspetto fondamentale è la formazione di personale consapevole dei rischi associati all’utilizzo e alla gestione dei sistemi elettrici, tra cui il fotovoltaico. Per edifici alti, personalmente credo che non ci si possa riferire solamente alle proprietà dei materiali e ai soli risultati dei test, ma è necessario utilizzare dei sistemi di protezione attivi e passivi. Potrebbe essere utile l’installazione di impianti di spegnimento automatico, fasce di separazione per contenere le fiamme, sistemi di monitoraggio e allarme ecc.
Adottando queste misure e seguendo le migliori pratiche di sicurezza è possibile ridurre significativamente i rischi d’incendio negli impianti fotovoltaici e garantire uno sviluppo sicuro e sostenibile.
FF: Sarebbe possibile approfondire la questione normativa: quali sono le attuali linee guida?
FP: In Svizzera la norma specifica, le direttive, le pubblicazioni di supporto oltre al promemoria antincendio per gli impianti solari a cura dell’Associazione degli istituti cantonali di assicurazione antincendio, offrono a tutti gli attori un buon quadro normativo di riferimento.
A livello europeo esistono poi linee guida che affrontano il tema della sicurezza per i moduli fotovoltaici come, ad esempio, l’Assessing Fire Risks in Photovoltaic Systems and Developing Safety Concepts for Risk Minimization. Tale linea guida, sviluppata dal Ministero federale dell’economia e della tecnologia tedesca in collaborazione con il TUV Rheinland e il Fraunhofer ISE, fornisce precise indicazioni sul tema.
Anche in Svizzera è in fase di ultimazione e pubblicazione una linea guida nazionale pensata per chiarire i criteri di progettazione di questo genere di impianti. Si occuperà in dettaglio delle indicazioni per il certificato di protezione antincendio di sistemi fotovoltaici sulle facciate di edifici alti, ovvero con altezza complessiva superiore ai 30 m, rendendo così fattibile lo sviluppo di questo settore fondamentale per la sostenibilità e la transizione energetica.
Contributo realizzato con il sostegno di Svizzera Energia
Note
1. responsabile del Settore fotovoltaico della SUPSI
2. ricercatore SUPSI del team BIPV