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ridurre, condividere e ottimizzare

Data di pubblicazione
17-06-2022

Con la pubblicazione dell'inserto speciale sulle Reti Anergetiche, curato dal collega Paul Knusel della redazione di TEC21, a metà dello scorso anno espazium ha offerto una panoramica di pareri e una rassegna di progetti sul tema delle grandi infrastrutture per la distribuzione dell'energia termica a bassa temperatura.

Il tema dell'approvvigionamento energetico sostenibile ed efficiente è sempre più attuale anche alle nostre latitudini, non solo nelle grandi città ma anche nei centri di media dimensione. Ovunque ci sia una certa densità, la messa a sistema di risorse e necessità di calore, freddo e altre forme di energia risulta particolarmente vantaggiosa. La si sta già sperimentando nei casi in cui è la generazione elettrica da sistemi fotovoltaici a essere condivisa, come nelle cosiddette comunità di consumo proprio: un soggetto produce energia sostenibile e in caso di surplus vende ai propri vicini, a costi solitamente inferiori a quelli della rete ma che permettono un più rapido ritorno dell'investimento.

Le soluzioni di generazione centralizzata, in particolare per il calore, potrebbero essere un'opportunità anche per i piccoli nuclei, costituiti da gruppi di edifici che solitamente necessitano di maggior comfort rispetto all'attuale e per i quali il potenziale di efficientamento risiede principalmente nel ricorso a una generazione centralizzata a basse emissioni, date le limitate possibilità di intervento sull'involucro termico per la riduzione del fabbisogno.

Così come già succede nel campo della mobilità con la condivisione dei sistemi di trasporto, il principio «standard» adottato nel passato, di autonomia nella generazione e sfruttamento del calore tipico degli edifici poco parsimoniosi e con grande disponibilità di energia, solitamente ricavata da fonti fossili e con un costo relativamente ridotto, lascia il posto a soluzioni condivise molto meno impattanti e più efficienti.

Già nel 2015 TEC21 evidenziava la necessità di pianificare attentamente lo sfruttamento delle risorse rinnovabili locali: nel numero 9, dedicato alla problematica della pianificazione dello sfruttamento della risorsa geotermica, si evidenziavano i possibili conflitti nelle grandi città o nelle aree più dense, anche considerando edifici molto parsimoniosi. La reazione spontanea alle necessità odierne di riduzione delle emissioni, in particolar modo nelle città che hanno scelto obiettivi climatici ambiziosi spesso condivisi e compresi anche dalla cittadinanza, non può che essere un'attenta pianificazione delle risorse. Il loro utilizzo deve inoltre essere necessariamente contenuto: pena il non raggiungimento degli obiettivi, enormi investimenti infrastrutturali in perdita e maggiori costi per gli utenti.

Il Piano direttore dell'energia del Cantone di Ginevra, pubblicato a fine 2020, è un documento rilevante in questo ambito: nei principi enunciati, come base della pianificazione cantonale, l'efficienza e la sobrietà nei consumi si accompagnano alla valorizzazione delle risorse locali rinnovabili, gestione e stoccaggio dell'energia per la condivisione.

L'idea del teleriscaldamento risale probabilmente al principio di fornitura di più edifici, tipico di alcuni ipocausti romani. Anche lo sfruttamento del calore presente in natura, come quello delle sorgenti termali, risale all'epoca antica. Le reti di riscaldamento sono successivamente riapparse in Europa durante il Rinascimento e si sono lentamente evolute nei moderni sistemi di riscaldamento ad aria calda, acqua calda e vapore. L'industrializzazione, con lo sfruttamento del vapore e le moderne tecniche di produzione di calore con la combustione di fonti fossili, ha portato a ulteriori sviluppi. A Birdsill Holly – un inventore di Lockport, nello Stato di New York – è riconosciuto dalla letteratura tecnica la progettazione nel 1877 della prima installazione di un sistema di riscaldamento commerciale che serviva con il proprio vapore quattordici edifici con una rete di circa 700 metri. Già a fine Ottocento erano presenti svariate decine di sistemi, molti dei quali sono ancora in funzione. Il teleraffreddamento iniziò poco dopo, con l'introduzione di sistemi che utilizzavano salamoia e ammoniaca.

La centralizzazione della produzione di calore (e della produzione energetica a scala di prossimità) non è quindi una novità, ma nasce dalla maggior richiesta di comfort e dalle necessità tecniche come la riduzione dei rischi nello stoccaggio del combustibile e il controllo dei fumi di combustione.

Oggi l'obbligo all'abbandono delle fonti fossili, il miglioramento delle tecnologie legate alla riduzione delle necessità – materiali da costruzione, generatori di calore – ci stanno spingendo ad abbandonare sistemi intrinsecamente poco efficienti. La produzione di calore con una combustione a oltre mille gradi, per portare a poco più di 20 °C la temperatura dei locali in inverno non è più necessaria. Le reti a bassa temperatura sono, in determinate circostanze, una parte della soluzione e offrono enormi opportunità di sfruttamento di fonti locali e rinnovabili che in passato non sembravano possibili da sfruttare in maniera efficiente come sorgente o pozzo di calore.

La rete di quinta generazione e a bassa temperatura del campus di Hönggerberg del Politecnico federale di Zurigo, progetto vincitore del Watt d'Or 2020, è uno dei casi esemplari di condivisione, stoccaggio e gestione di calore a contenuto energetico estremamente ridotto. Il rendimento pari al 600% per la produzione di calore – e ancor maggiore per il freddo –, permetterà di ridurre dell'80% l'impatto in termini di emissioni del campus universitario, nonostante si preveda un aumento di edifici e utenti. Le ridotte temperature di circolazione dei fluidi permettono di ridurre inoltre in maniera importante le dispersioni termiche nella fase di distribuzione: in molti casi i tubi non sono isolati, perché non ritenuto necessario.

Non tutti gli edifici saranno senza riscaldamento o raffreddamento anche nel più lontano e roseo futuro, e non tutti i sistemi decentralizzati saranno tanto efficienti come una rete condivisa: il raggiungimento della neutralità climatica passa anche dai sistemi di fornitura complessi, ben pianificati, progettati e controllati.

Il ruolo di città e cantoni, dei fornitori di energia, degli investitori privati e degli enti pubblici è centrale in questo ambito. Come sostenuto da François Maréchal nell'intervista, anche la formazione e la spinta all'innovazione devono migliorare, in particolare per i professionisti coinvolti nella progettazione. Il contributo di Belliardi e Cereghetti, oltre a offrire una panoramica esaustiva sulle tecnologie e l'evoluzione delle stesse, evidenzia la lenta progressione dei sistemi di teleriscaldamento negli ultimi anni. A sud delle Alpi si notano sviluppi positivi per la filiera della biomassa ma risulta ancora minimo lo sfruttamento delle fonti e delle reti a basse temperature – confrontato con il potenziale teorico disponibile e le necessità.

In questo numero vengono presentati molteplici esempi di reti anergetiche in fase di realizzazione o di progetto, che sfruttano fonti rinnovabili o quanto disponibile in prossimità degli utilizzatori, sistemi in grado di condividere e gestire le diverse necessità, che offrono se possibile l'opportunità di valorizzare per gli uni gli scarti di calore degli altri. Dalle discussioni con gli esperti del settore risulta fondamentale la fase di monitoraggio delle reti attualmente in funzione e degli edifici a esse connessi, in modo da accumulare ulteriore esperienza nel campo e ridurre il margine di errore in fase di pianificazione dei futuri progetti e ottimizzazione della gestione grazie a simulazioni ben calibrate.

Circa il 70% degli edifici esistenti in Svizzera risale a prima del 1980, un milione e mezzo di case necessitano di un rinnovamento energetico ma il rateo annuo di risanamento dei fabbricati inefficienti è attualmente molto ridotto, meno dell'1% annuo. Per la necessaria (obbligatoria?) sostituzione delle fonti fossili dovrà essere possibile un'alternativa accettabile e a ridotte emissioni, sostenibile anche economicamente nel lungo termine. Gli incentivi per queste azioni sono disponibili, provengono dagli introiti della tassa sulla CO2 e da contributi cantonali: oltre mezzo miliardo di franchi.

Le conclusioni della direttrice di Infrawatt, associazione a sostegno delle iniziative in questo ambito, sono emblematiche: vale la pena ricercare e sfruttare il calore di prossimità, sino all'ultima goccia. Senza mai dimenticare il suggerimento di uno dei fornitori di energia: il kilowattora più pulito – che sia elettricità, riscaldamento o raffreddamento – è sempre quello che non è necessario.

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