Una sto­ria rac­con­ta­ta per ele­men­ti

Il caso-studio K.118 a Winterthur

Data di pubblicazione
26-04-2023
Guido Brandi
Architetto, ricercatore all’Institut Konstruktives Entwerfen della ZHAW

Come si può raccontare la costruzione di un edificio unico nel suo genere, in cui praticamente ogni elemento, compreso lo scheletro strutturale in acciaio, è stato recuperato da vari cantieri della Svizzera e riassemblato in un nuovo manufatto? La storia è quella dell’edificio K.118 nella Lagerplatz Areal a Winterthur, progettato dal Baubüro in situ dal 2017 e finito di costruire nel 2021.

All’Institut Konstruktives Entwerfen (IKE) del Dipartimento di Architettura dell’Università di scienze applicate di Zurigo (ZHAW) abbiamo pensato che il modo migliore fosse quello di illustrare le storie dei singoli elementi che compongono l’edificio. Ricostruendo il percorso di dieci componenti edili, abbiamo potuto analizzare tutte le implicazioni logistiche, legali, progettuali, ma soprattutto economiche ed ecologiche che gli architetti hanno dovuto affrontare per costruire la sopraelevazione del padiglione 118, contenente spazi per il co-working e laboratori per la ZHAW al piano terra.

Questa analisi ha preso forma grazie alla volontà della fondazione Abendrot, proprietaria dell’area, che fin da subito ha appoggiato i progettisti di in situ nella sperimentazione, ponendo però due condizioni imprescindibili: che il costo della costruzione finale risultasse uguale a quello di un edificio convenzionale e che tutta la pianificazione e progettazione venisse seguita con uno studio scientifico.

Il risultato è la realizzazione del volume Reuse in Construction: A Compendium of Circular Architecture che, attraverso il caso studio esaminato e l’analisi dei suoi componenti principali, si propone come compendio per la progettazione e la costruzione circolare in Svizzera.

La prima storia da raccontare è quella della struttura formata dai pilastri HEA e dalle travi IPE provenienti da un centro di distribuzione alimentare in demolizione a Basilea: la forma finale del fabbricato, con il suo caratteristico aggetto, è in realtà il risultato delle specifiche caratteristiche formali della struttura originale. «Form follows function» amano ripetere Marc Angst e Pascal Hentschel, responsabili del progetto di in situ. Oppure la storia del riutilizzo di un’intera scala antincendio di sei piani salvata in un cantiere a Zurigo: questa, integrata organicamente nel progetto, diventa il principale elemento di distribuzione verticale e definisce l’altezza dell’interpiano. In un’interessante inversione di paradigmi, sono gli spazi progettati che si adattano all’elemento originale e non il contrario.  Seguendo poi la storia delle finestre in alluminio con triplo vetro, si scopre come a Zurigo vengano demoliti edifici con poco meno di 30 anni di vita per essere rimpiazzati da nuove costruzioni con standard energetici più efficienti, sperperando ingenti quantità di componenti non ancora a fine vita. L’analisi condotta mette in luce come il valore di trasmittanza termica di queste possa ancora reggere gli attuali standard energetici attraverso alcune accortezze progettuali: è sufficiente, ad esempio, progettare la facciata con uno spessore maggiore di isolamento, se però questo viene ricavato da materiali organici – come la paglia – e non da materiali di origine fossile. Il rivestimento di facciata in lamiera ondulata in alluminio arancione porta con sé un’altra interessante storia: si scopre, infatti, che quel colore, che caratterizzava un edificio industriale della periferia di Winterthur, può essere riutilizzato in un contesto più centrale, proprio perché ricorda la memoria industriale del luogo e rivela i legami col proprio territorio. Inoltre, la lamiera in alluminio recuperata permette ai progettisti di utilizzare in facciata un materiale con valore e resistenza maggiore e a un prezzo inferiore rispetto a un possibile nuovo componente, che sarebbe stato quasi sicuramente in acciaio zincato.

Quelle appena elencate sono solo alcune delle storie e delle scoperte che hanno accompagnato la realizzazione dell’edificio e la ricerca a esso correlata. Oltre a aneddoti e spunti parziali, la pubblicazione offre infatti anche analisi generali: lo studio economico condotto, per esempio, mostra come il K.118 sia rimasto nel budget prefissato all’inizio dai clienti. Ciò che invece ha subito un cambiamento sostanziale è il finanziamento dell’opera: riutilizzare materiali significa investire maggiormente (almeno un 10% dell’intero costo) all’inizio del progetto, molto prima che il cantiere cominci, per la ricerca, la raccolta e lo stoccaggio dei materiali. Un investimento iniziale maggiore che comporta quindi anche un rischio maggiore.

Il risultato però più importante e rilevante è sicuramente quello relativo all’immediato risparmio di energia grigia che si può avere riutilizzando componenti esistenti: la costruzione, rimanendo nel budget prefissato, risparmia circa il 59% di emissioni – qualcosa come circa 500t di CO2 – rispetto allo stesso edificio eretto con materiali nuovi. Il restante 41% è prodotto tutto dal calcestruzzo che, nonostante gli sforzi per contenerne al minimo l’utilizzo, è stato obbligatoriamente impiegato nelle fondazioni della struttura in acciaio e nelle solette per rispondere alle normative vigenti in materia di antincendio e di isolamento acustico.

Il K.118 di Winterthur ha dimostrato come il riuso dei materiali sia una delle strategie più concrete per ridurre la spreco di energia grigia e, senza dubbio, una delle più immediate da poter attuare. Laddove non è possibile mantenere e allungare il ciclo di vita di un edificio, il riuso dei suoi materiali deve diventare la priorità. Un cambio di paradigma che si scontra con il continuo innalzamento degli standard architettonici e con la difficoltà di creare un sistema parallelo di recupero, stoccaggio e rivendita dei componenti riutilizzati.

Baubüro in situ ha mostrato – o dovremmo dire riscoperto – il potenziale del riuso dei materiali: ha creato in Svizzera un riferimento che sta già dando vita a una positiva emulazione progettuale e a interessanti iniziative, sia a livello pubblico che privato. Inoltre, attraverso la società partner Zirkular, Baubüro offre consulenze mirate a molti studi di architettura interessati allo sviluppano di progetti di riuso a Basilea, Zurigo e Winterthur. La stessa città di Zurigo sta lavorando alla creazione di un proprio catalogo di componenti edili recuperati da imporre come catalogo nei prossimi concorsi pubblici.

La progettazione, in questo modo, si riappropria di tecniche e strategie proprie dell’epoca premoderna: riutilizzare i materiali significa riattivare la lavorazione artigianale locale e riportare al centro dell’attenzione il materiale e la sua interpretazione. Ma soprattutto, rimette in connessione il progetto con la durabilità, uno dei fattori principali della sostenibilità.

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